“Prendo la parola cercando di rappresentare – se ne sarò capace – i tanti ex allievi di Padre Giulio Cittadini, quelli che lo hanno avuto come insegnante di Religione, ma anche i tanti frequentatori della Fuci e del Meic qui alla Pace e tutti coloro che riconoscono in lui un maestro. Le mie saranno note introduttive: al tavolo siede chi più autorevolmente di me parlerà del libro che stasera si presenta.
Quello che mi riprometto è di scorrere idealmente con voi un comunissimo quaderno di scuola, quello corrispondente alla materia “Religione”, quello sul quale i volenterosi – gli altri per la verità si godevano bellamente il tempo di un’ora considerata “leggera”, dato che, come ci ricordava Padre Giulio, lui era l’unico insegnante che entrava in classe “disarmato”, ovvero senza poter esercitare contro l’irrequietezza tipica dell’età adolescenziale la minaccia dei voti…
I più diligenti, dicevo, su quel quaderno che durava cinque anni annotavano idee, spunti, riflessioni, riferimenti ai testi sacri, citazioni di filosofi, pensatori, artisti. Note occasionali – le nostre – , qualche volta distratte, spesso disordinate, per nulla sistematiche.
Tuttavia, partendo proprio dagli spunti annotati su quel quaderno, vorrei dar conto di come, a distanza di anni, certe riflessioni, forse elementari – non per come furono svolte, ma per come le può ricordare chi sedeva allora tra quei banchi di scuola – possano accompagnare una persona per tutta la vita, possano – indipendentemente dalle sue scelte successive, di carattere religioso o non – essere un termine chiaro di paragone, una carreggiata dentro la quale instradarsi, ognuno con i suoi mezzi e con il suo destino, con il suo bagaglio di errori e di mancanze. Ma avere termini di paragone chiari, conoscere l’esistenza di coordinate alle quali rapportare il proprio cammino e le proprie scelte, nell’esperienza di ognuno è un bene inestimabile, un regalo che ci ha fatto, a tutti quanti, questo prete filippino che stasera di sicuro soffre il fatto di essere così al centro dell’attenzione, lui che della discrezione e più ancora dell’umiltà ha fatto – chi lo conosce lo sa – uno stile di vita. Mi piace pensare che proprio questo suo atteggiamento pieno di rispetto nei confronti dei giovani lo abbia reso, per molti di noi, una presenza costante nel tempo.
Padre Giulio si pone di fronte ai suoi alunni come chi propone e come chi ascolta. Il suo metodo è quello di Filippo Neri: la parresia, la franchezza. Un approccio mai ostile ai giovani, mai sfiduciato, anche negli anni difficili della contestazione.
Talmente lieve il suo approccio, che rischiava di passare inosservato o di venire sottovalutato. Credo che molti abbiano apprezzato con ritardo il suo apporto educativo e formativo.
Torno al quaderno e provo a rileggere.
Una delle annotazioni più frequenti riguarda la differenza fra RELIGIONE E FEDE. Religione è la domanda, Fede è la risposta. Se questo è vero, nessuno può dirsi esente dalla domanda, dall’interrogarsi, dal cercare, dunque la religiosità è dimensione dell’umano, patrimonio di tutti. Altra cosa è la Fede, che è la risposta a tali umani interrogativi.
Molte pagine del quaderno accostano la figura del CRISTO al PARADOSSO DELLA CROCE (da cui il titolo di un libro di Padre Giulio, “Elevato da terra”, pubblicato da Morcelliana). Ricordo in particolare, a tale proposito, un lavoro di riflessione, qui alla Pace, svolto col gruppo del Meic, che partiva da quel prezioso libro del card. Martini che si intitola “Attirerò tutti a me – Lettera al clero e ai fedeli per l’anno pastorale 1982-83”, un forte richiamo alla centralità dell’Eucaristia nell’esperienza della comunità cristiana e nella sua missione.
Una delle parole che trovo di più, fermata sul riesumato quaderno di Religione, è ESCATOLOGIA. Credo che molti di noi ricordino ancora oggi il significato di un termine che non è certo così di uso comune, proprio per merito dell’insistenza con cui Padre Giulio lo pronunciava. Parola onnicomprensiva, onnipresente. Chiave di lettura della storia, e non solo.
Si parlava molto – siamo nella seconda metà degli anni Settanta – del rapporto tra FEDE E RAGIONE. Con S. Agostino, Padre Giulio ci ricordava che la fede accende l’intelletto (non lo spegne), spinge alla ricerca, arrivando fino ad affermare che chi è alla ricerca è veramente colui che ha fede.
Molto si discusse in quegli anni – e il quadernetto fedelmente registra – del rapporto tra FEDE E SCIENZA. Di fronte alle teorie del Big Bang che sarebbe all’origine del mondo, Padre Giulio citava sempre un esempio. Un esempio semplice, perché a dei semplici lui parlava, a delle “teste rozze”, per citare l’espressione di un altro mio maestro, Giuseppe Tonna. Come è possibile – diceva – che dallo scontro di due automobili a tutta velocità salti fuori una macchina fotografica?
(Apro una parentesi per dire che l’automobile e macchina fotografica sono, per Padre Giulio, due cari compagni di strada. Per l’automobile, lui ha una specie di affezione, che farebbe assimilare la sua quattroruote a un essere quasi umano. Della macchina fotografica, dirò dopo).
Il quaderno ribadisce più volte che i nemici da combattere sono lNDIFFERENZA E FIDEISMO. Contro il fideismo Padre Giulio si esprime anche in quel gustoso libro-confessione che è “La tenda e i paletti”, e scrive: “Si è cristiani soltanto se lo si diventa. Il Cristo che è con noi è anche, e sempre, davanti a noi, non ancora raggiunto” (p. 19). Cristiani, insomma, si diventa e si continua a divenire per il tempo della vita.
Altra distinzione cara a Padre Giulio è quella fra MERAVIGLIA E STUPORE. Con Karl Popper, Cittadini parla della “meraviglia” di Aristotele, del “dubbio” di Cartesio e dell’angoscia di Kierkegaard come indispensabili “praeambula fidei”. “Il predicatore del Vangelo – scrive (La tenda e i paletti, p. 14) – dovrebbe essere prima di tutto maestro nel suscitare stupore, seminare dubbi, turbare le ipersicurezze che caratterizzano il nostro tempo”. E ancora: “La meraviglia esistenziale non solo ha generato la filosofia (Aristotele), ma orienta l’uomo verso il trascendente, lo colloca in sintonia col diverso”. E infine: “Dalla meraviglia nascono le domande di fondo” (idem, p. 21).
Sul quaderno ripescato abbondano – come immaginerete – annotazioni sul tema dell’ECUMENISMO e sui SEGNI DEI TEMPI. C’è grande attenzione al pensiero contemporaneo, ascolto dei filosofi e delle menti più avanzate, senza pregiudizi, con grandi aperture e contemporaneamente con un forte senso di identità, per un cammino di dialogo e di unione.
Potrei continuare a lungo, perché riletto dopo oltre vent’nni quel quaderno si è rivelato ricco di annotazioni e suscitatore di memorie.
Mi soffermo solo su quanto riguarda gli appunti relativi a DIO PADRE. “Il vero Dio è Padre… Padre che ci libera dal peccato mediante il suo Figlio Gesù, che condivide, in Gesù, le croci dei suoi figli…” (La tenda e i paletti, p. 25). L’idea di Dio come Padre è un’idea alta. “E’ credibile – scrive Padre Giulio (idem, p. 26) – il Dio “più grande”. Più grande di noi, dei nostri pensieri, delle nostre immagini, delle nostre previsioni e attese, delle nostre logiche e misure…”.
Il Dio “più grande” è anche un Dio poetico: “Dio è così grande – scrive Padre Giulio – che i cieli non riescono a contenerlo. (…) i cieli, non riuscendo a contenere il loro creatore, cercano di fargli spazio espandendosi continuamente. L’universo in espansione va continuamente creando nuovo spazio(…); ma è uno spazio sempre inadeguato a ospitare l’Infinito” (idem, p. 27).
Dio è Padre, “cioè genera, crea, fa esistere”, esercita “un amore liberante, non incombente, non plagiante” (idem, p. 32).
CONCLUDENDO: La parola “Padre” e la parola “prete” sono termini cari a Padre Giulio, e sono gli stessi che gli attribuiamo comunemente, quando vogliamo indicare la sua persona.
Sul modello della paternità divina, anche il prete è chiamato ad essere padre. La paternità contiene la dimensione del dono gratuito; è trasmissione di vita e di valori. E’ l’esercizio di “un amore liberante, non incombente, non plagiante”. Di questa paternità stasera in questa sala in molti siamo testimoni.
Noi, suoi ex allievi all’Arnaldo, se pensiamo a Padre Giulio, se insieme ci capita di rievocarlo, facciamo riferimento all’immagine di quel prete che, quando si approssimava per noi l’appuntamento con l’esame di maturità, ci faceva schierare, classe per classe, nel cortile dell’Arnaldo e – con la sua macchina fotografica (appunto) – scattava la foto-ricordo, che poi veniva donata ad ognuno.
Un gesto semplice, paterno appunto, che potrebbe sembrare piccolo, se la distanza degli anni non lo rendesse emblematico.
Stasera per quel piccolo gesto e per gli altri doni che abbiamo ricevuto da lui è il momento per dire: Grazie Padre Giulio e tanti auguri di buon compleanno.
NOTA: testo rivisto dall’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 5.2.2004 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.