Islam e modernità

Ringrazio tutti per essere venuti e ringrazio per avermi invitato in questa splendida città che ho avuto l’onore di visitare stamattina

Nell’intervento di questa sera tenterò di fornire alcune linee guide su che cosa è l’Islam.

Nella prima parte cercherò di tratteggiare l’Islam delle origini, del VII sec. d.C., e quale fosse la situazione dell’ambiente in cui l’Islam si cala.

Nella seconda parte – che sarà la parte centrale del mio discorso fornirò la mia visione dell’Islam: da Mussulmano, ma anche e soprattutto da intellettuale e da studioso. Quindi non soltanto come credente, ma anche e soprattutto come studioso.

Nella terza parte dell’intervento cercherò di delineare un profilo dell’Islam attuale, delle prospettive e degli sviluppi che sono stati portati dalle origini fino ad oggi e mi soffermerò su quelle che a mio avviso sono le prospettive per il futuro.

Nella conclusione cercherò di vedere quali sono le prospettive dell’Islam nella modernità. Mi soffermerò pertanto sul futuro di questo Islam che, partito dalle origini che si sono viste, è chiamato a svilupparsi anche nel futuro dell’Europa.

I

In questa prima parte del discorso cercherò di illustrare la situazione della arabica – avete più o meno tutta un’idea della sua collocazione geografica – nel VII sec.

Si trattava di una Penisola contesa dai due grandi imperi dell’epoca, l’impero romano ad occidente e l’impero persiano ad oriente. I due imperi si combattevano per il controllo della Penisola arabica.

La stessa situazione interna della Penisola arabica non era uniforme. Dal punto di vista puramente geografico la Mecca – non so se avete idea di dove sia la Mecca, ma è situata nella parte centro-occidentale della Penisola arabica – era un centro di scambio carovaniero molto forte anche per le merci che arrivavano dall’estremo oriente. L’Islam si inserirà in questa situazione, tentando un’unificazione anche dal punto di vista religioso. Infatti non si trattava di una terra priva di religione, priva di fede: nel sud c’era un centro cristiano, nella zona chiamata del Majar; la zona centrale, proprio intorno alla Mecca, era invece sede di una comunità ebraica molto numerosa e forte. Tutto il resto era un insieme di forme di politeismo e di religione naturale. Venivano cioè adorati idoli, pietre, alberi. La situazione era pertanto complessa e si combinava, dal punto di vista sociale, con un’organizzazione di tipo tribale, nomade. Tutto questo insieme di fattori, religiosi e tribali, faceva dunque sì che ci fossero pericoli e fattori d’instabilità anche interni alla Penisola, oltre a quelli esterni causati dai due imperi che si combattevano.

A questo punto, dal punto di vista storico e sociale, emergeva come la necessità di una forma d’ideologia, di una forma di filosofia, che stesse alla base della creazione di una nuova comunità, che potesse preservare gli abitanti della Penisola araba dai pericoli interni e dai pericoli esterni. È ciò che di fatto, in quel momento e in quelle condizioni, è stato l’Islam.

II

La parola “Islam” di norma viene intesa semplicemente come sottomissione alla volontà di Dio, ma questa definizione non è del tutto accettabile. Si tratta di una realtà ben più complessa, che va ricercata nel Corano.

Andando a leggere il Libro Sacro si vede che si può riassumere l’Islam in tre punti. Il Mussulmano per essere tale deve seguire tre punti fondamentali, che sono:

– Credere in Dio, uno ed unico.

– Credere nell’aldilà, quindi credere che in qualche modo le tue azioni in questa vita saranno ricompensate o punite in una vita seguente.

– Comportarsi bene, tenere un comportamento retto.

Questo però può essere valido sia per gli Ebrei sia per i Cristiani, come per tante altre religioni, non soltanto per l’Islam. Questo è anche il punto centrale del messaggio e della missione di Mohammed. Il profeta Mohammed non voleva – come del resto Gesù Cristo – creare una nuova religione: voleva semplicemente riportare gli uomini al messaggio di Dio, all’autentico messaggio di Dio, che per la tradizione mussulmana passa attraverso tutti i profeti da Abramo a Mosè, a Gesù fino a Mohammed.

Questo fatto che all’inizio dell’epoca islamica i Mussulmani venissero chiamati, identificati soltanto come “i credenti”, nel senso di coloro che seguivano Mohammed, e non gli appartenenti ad una nuova religione, è degno di nota. Mohammed con la sua rivelazione non stava portando nulla di nuovo, stava semplicemente rinnovando ed è l’ultimo dei profeti; per cui tutta la catena dei profeti della tradizione biblica viene compresa dalla tradizione mussulmana e Mohammed è l’ultimo di tali profeti.

Seguendo questa linea di pensiero, Abramo era un Mussulmano, e anche Mosè e anche Gesù e anche tutti i profeti che in qualche modo rispettavano e credevano in questi tre punti.

Secondo questa definizione dell’Islam, ci sono alcuni valori guida dell’Islam, che vengono tutti studiati e approfonditi nel Corano.

La prima è l’uguaglianza: se i Mussulmani seguono questi tre punti – credere in un solo Dio, credere nell’aldilà e comportarsi bene – ne consegue che gli uomini sono tutti uguali, se seguono tali punti. La differenza è fra credenti e non credenti; però anche verso i non credenti c’è sempre un sentimento di apertura: una grande apertura, in quanto candidati ad essere credenti, in quanto cioè hanno la possibilità di diventare credenti. Con questo sistema si supera la differenza tribale che c’era nel VII sec., di cui abbiamo parlato prima. Ma attenzione: l’essere Mussulmani è questa comunità, non è contro le comunità tribali. Serve, in positivo, ad un superamento: serve ad entrare a far parte tutti di una comunità dei credenti. Poi c’è quella dei non credenti, ma non c’è chiusura: non bisogna tagliare i ponti, chiudere i rapporti con i non credenti, si deve invece avere un atteggiamento positivo d’apertura verso di loro, in quanto candidati ad essere credenti.

Altro valore fondamentale è la libertà individuale. Il Corano è contrario a chi segue ciecamente la tradizione, a chi segue ciecamente quello che hanno detto gli antenati, i genitori, i superiori. Mohammed non voleva creare una nuova religione, ma in pratica ha creato una nuova religione e lui era contro i suoi genitori, contro i suoi predecessori. È quest’ultimo aspetto che va rimarcato.

Sulla figura del profeta si incentra pure il terzo punto, il terzo valore, che è quello della giustizia. Mohammed era orfano. Ha perso il padre e poi la madre quando era molto giovane; è stato affidato al nonno, morto sei anni dopo, quindi è stato cresciuto dallo zio, che aveva tanti altri bambini. Nella comunità della Mecca Mohammed ha sofferto, anche perché era una comunità che presentava un gap sociale molto ampio fra ricchi e poveri; e la pietà, la considerazione che nel Corano si manifesta verso gli orfani è un segnale del valore della giustizia che pervade tutto il cosmo, tutto l’universo. Il valore che guida l’universo è la giustizia, in quanto Dio è giusto. Tutta la storia, la catena dei profeti che hanno portato fino a Mohammed – di cui abbiamo parlato prima – è giocata e incentrata sul rapporto tra l’oppresso e oppressore. E si precisa che il Corano è contro l’oppressore e, sempre, dalla parte dell’oppresso.

Ultimo – ma non ultimo, ultimo solo in ordine d’elenco – è la ricchezza delle differenze, cioè Dio ci ha creato differenti in colore, razza, lingua, nazione perché vede nella differenza una ricchezza: se fossimo tutti identici, l’umanità avrebbe perso molto del valore che le è proprio, quindi Dio ci ha creati differenti, in quanto più ricchi.

Ci tengo a precisare che non sto tentando di convincervi della bellezza e dell’uguaglianzadei principi dell’Islam…; adesso c’è il resto della storia: c’è l’altra faccia della medaglia.

Infatti, il profeta Mohammed non ha ricevuto un fax con il Corano o un email con allegatoil Corano; o addirittura un libro lanciato dal cielo. Si è trattato invece di una rivelazione che è durata 22-23 anni e, durante questo periodo, prima dell’emigrazione a Medina, alla Mecca Mohammed ha sofferto persecuzioni molto forti, perché si trattava di un messaggio scomodo per gli oligarchi locali.

Aveva dovuto addirittura lasciare la città e aveva dovuto mandare suoi messaggeri e collaboratori in Abissinia, per verificare la possibilità di un accordo con il re dell’Abissinia, che era cristiano: si crea una situazione molto particolare, quasi paradossale, per cui un Mussulmano va a chiedere soccorso a un re cristiano contro la situazione locale della propria città. A questo punto, nel 622, ha dovuto lasciare la Mecca e trasferirsi nella città vicina, adesso chiamata Medina.

Il dialogo aveva incominciato ad essere impossibile con i non credenti, non credenti che erano Meccani, arabi come luie, quindi, suoi concittadini. Il dialogo si è fatto impossibile ed anche nel Corano, nelle rivelazioni che si riferiscono a questo periodo, iniziano ad apparire alcuni termini molto più forti. Fino a questo momento c’è sempre stato un linguaggio soft nei confronti dei non credenti: mai c’erano dichiarazioni aperte d’ostilità. Ora invece, viste le mutate condizioni sociali, hanno iniziato ad apparire nel Corano espressioni molto forti e parole dure.

A Medina c’erano diverse comunità ebraiche e i rapporti con loro non sono andati come ci si sarebbe potuti aspettare, come erano forse nei programmi del profeta prima del suo trasferimento. Ecco che allora hanno iniziato ad esserci nel Corano espressioni sempre più dure e d’ostilità, un linguaggio aggressivo, di guerra, contro le stesse famiglie stesse di coloro che avevano fatto l’immigrazione, le famiglie stesse di questi neo mussulmani, le tribù. Era una situazione molto difficile, diciamo, dal punto di vista personale ed umano, perché non era facile entrare in conflitto con i membri di quella che fino a poco tempo prima era stata la tua tribù e quindi nel Corano si legge un linguaggio terribile: “Uccidili quando li vedi; uccidili appena li incontri, uccidili”.

Questa è la conseguenza della situazione sociale. È la conseguenza della rivelazione adattata a quella situazione sociale, che differenzia la nascita dell’Islam – il primo Islam – rispetto, per esempio, alla nascita del Cristianesimo, che era sorto nel contesto di un sistema – nella fattispecie il sistema imperiale, dell’Impero Romano – dove era possibile dire: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Il fatto è che non c’era nessun Cesare, a quell’epoca, in Arabia. Ecco perché il Corano fornisce – nella rivelazione di questo periodo – ciò che invece era proprio necessario: una legge, una regolamentazione sociale forte, che non poteva prevedere un’uguaglianza assoluta, come era quella a livello di credenza.

Tale legge, che oggi i Mussulmani chiamano Sharî‘a, non prevedeva tale uguaglianza, per esempio, per quanto riguarda le pene corporali. Quindi la lapidazione, la decapitazione, le frustate, tutte queste pene, le pene che adesso vengono identificate come pene mussulmane non sono state introdotte dai Mussulmani, ma cerano già anche prima, con il sistema tribale, con quella che viene chiamata l’Arabia pre-islamica. Non sono quindi introduzioni mussulmane, innovative; ma è anche questa una faccia dell’Islam adesso, cioè dopo quel momento. Ma si deve tenere conto del fatto che è stata presa da una tradizione precedente: erano già presenti in Arabia prima dell’avvento del profeta.

Dopo la morte del profeta tutta la Penisola araba era sotto il controllo mussulmano. Quasi tutti gli arabi della Penisola erano Mussulmani, era giunto per l’Islam il momento di guardare verso l’esterno, di guardare fuori dalla Penisola araba e quindi hanno immediatamente iniziato la via della conquista, alla costruzione di un impero. Ma a questo punto il sistema tribale che, sotto il controllo del Profeta, si era come assopito, rientra dalla porta di servizio. Infatti, Mohammed era stato messaggero, inviato di Dio e anche capo politico. Non si poteva rimpiazzare l’inviato di Dio, il messaggero, ma si pone subito il problema di come sostituire, di come far succedere qualcuno al capo politico, al leader politico.

Questo si risolve con una serie di guerre civili fra le diverse fazioni che in quel momento creeranno la divisione, la biforcazione fra i Sunniti e gli Sciiti, ma non entriamo nel merito di questa situazione, di questa particolare divisione.

Con la creazione e il progredire dell’impero mussulmano, si rende necessario adeguare le leggi, il precedente codice delle leggi, anche a culture, situazioni sociali e politiche differenti da quella esclusivamente araba e mussulmana. A questo punto era anche necessario inserirle nel Corano. Man mano che le conquiste proseguivano i Mussulmani sono stati sempre aperti ad imparare molto dai regimi, dai sistemi, dalle organizzazioni istituzionali dei popoli conquistati; però poi questo andava legalizzato, andava inserito nel contesto mussulmano, secondo una visione religiosa. Quindi andava anche inserita nel Corano.

Dopo la morte del Profeta, diversi decenni dopo, il Corano è stato organizzato, assemblato. Si parla proprio di “organizzazione interna del Corano”. Infatti il profeta non aveva lasciato nulla di scritto: c’erano solo tradizioni orali; durante le rivelazioni c’era qualche Mussulmano che prendeva appunti su fogli di palma, su materiale di fortuna, ma non c’era un libro ben codificato. È stato assemblato successivamente, riarrangiato; è stato inserito qualcosa, tolto qualcos’altro – sappiamo tutti come funziona – in base alla situazione politica e a quelle che erano le necessità dell’epoca. Il fatto è però che il Corano è stato messo insieme in un volume dove i diversi capitoli, che sarebbero le diverse rivelazioni, sono stati messi in sequenza all’interno del libro completamenti isolati dal contesto sociale, economico, temporale politico in cui erano stati rivelati. Questo ha fatto si che le sure – i capitoli del Corano – venissero organizzati dal più lungo al più corto, indipendentemente da quando fossero stati effettivamente rivelati. L’unica distinzione è che si dice se un capitolo è meccano, cioè rivelato prima della Mecca, o medinense, cioè dopo l’immigrazione a Medina. Soltanto questo.

Questo tipo di sistemazione interna del Corano non è molto conosciuto in Occidente, non è molto noto in Occidente, perché adesso si tende a identificare l’Islam con Bin Laden con Al Qaida, senza pensare a questa divisione, che invece è molto importante.

Una differenza, tanto per fare un paragone con il Cristianesimo, è che il Cristianesimo è nato all’interno di un Impero, come si è accennato; invece l’Islam ha creato esso stesso un Impero. Quindi la religione e la politica, in ambito mussulmano, sono strettamente connesse ed è molto difficile individuare, creare, sistemare una divisione attenta fra il sacro e il profano, mentre nel Cristianesimo questo è molto più semplice, se mi si passa l’uso di un eufemismo.

Sulla formazione dell’Impero islamico si potrebbe fare una serie di conferenze: su come si è presa la Spagna, sulle crociate, sul colonialismo, ma non è questo il punto né l’argomento del nostro incontro.

III

Mi soffermo ora, da un punto di vista religioso, sul progetto a cui sto lavorando con altri pensatori mussulmani di varie zone del mondo islamico, circa la possibilità di riportare i valori originali autentici mussulmani di cui abbiamo parlato prima – giustizia, libertà individuale, utilizzo della ragione, ricchezza delle differenze – in attività, di riportarli nel mondo contemporaneo.

Questo permetterebbe al mondo mussulmano, a tutto il mondo mussulmano, di riconoscere i valori, per esempio, dei diritti umani, che sono i valori della modernità, che sono valori conquistati nella modernità. Il rispetto per l’altro, ad esempio. Ciò porterebbe l’Islam alla riconciliazione con la modernità e con l’Occidente.

Sono nato nel 1943, in un villaggio dell’Egitto. Nell’Egitto degli anni ’50, quando ero un bambino, tali valori erano una realtà. Non si tratta pertanto di ripescare, di riportare in vita qualcosa che è morto e sepolto, ma qualcosa che io stesso ho vissuto e sperimentato personalmente. Ciò che già era nel mio villaggio, può essere anche adesso. Il mio progetto, ciò a cui sto lavorando con passione, è proprio il riportare questi valori in vigore, in attività nel mondo contemporaneo.

L’ostacolo principale a questa possibilità è la politica.

Noi, in Egitto, viviamo con la classe politica più stupida e corrotta mai vista, che guarda alle prossime elezioni e non guarda all’interesse della nazione che sta amministrando, dei cittadini.

Noi siamo esseri umani e dobbiamo incentrarci, concentrarci su questo fatto di essere uomini, per dimostrare di essere autentiche creature del Divino, creature della Divinità in qualunque Dio noi crediamo. Ma dobbiamo stare attenti perché c’è un mostro dentro di noi che porta alla distruzione, può portarci alla rovina. Dobbiamo stare attenti e dobbiamo avere a che fare con questo mostro.

Ho passato 40 anni della mia vita come insegnante, facendo conferenze, lezioni in tutto il mondo, ma so che la lezione e la conferenza sono la minima parte. La cosa più importante è il dibattito, la discussione perché quello che porta avanti e fa crescere le idee è proprio il dibattito e il confronto. Sono molto contento di essere qui, soprattutto per quello che sarà la prossima fase della serata, appunto il dibattito con voi.

NOTA: testo non rivisto dall’Autore, tratto dalla trascrizione da nastro della traduzione dal vivo, molto più sintetica, della conferenza tenuta il 14.5.2007 su invito della CCDC.