Per illustrare brevemente La Germania religiosa e il Terzo Reich, il volume che è stato recentemente ristampato dalla Morcelliana, bisogna ambientarlo nella cultura e negli orientamenti storiografici del suo autore.
Questo libro è uscito nel’36, quando Bendiscioli aveva 33 anni ed era al termine di un iter con il mondo tedesco che egli aveva instaurato nel ’23, quando si recò a Berlino come studente universitario ed iniziò le sue peregrinazioni estive che continueranno anche negli anni successivi con l’assidua frequentazione del mondo tedesco che nel ’26 darà il suo primo frutto con la traduzione dal tedesco dell’opera di Seipel su La donna e la questione sociale. Ma è nel ’30 che questa profonda conoscenza del mondo tedesco dà i suoi primi cospicui frutti, con la traduzione dell’opera di Karl Adam, il teologo cattolico di Tubinga, e di Romano Guardini e si stabilisce quindi quella collaborazione a tre tra Bendiscioli, padre Bevilacqua e la Morcelliana dell’avvocato Minelli e Capretti. Seguirà l’edizione di un volume miscellaneo curato da Bendiscioli a cui partecipano illustri personalità del mondo tedesco, quindi la traduzione nel ’34 della pastorale del cardinale di Monaco Faurlaber su Cristianesimo, Ebraismo e Germanesimo. Si potrebbero citare altre traduzioni per illustrare questo incontro di Bendiscioli con la cultura tedesca, incontro che si è realizzato grazie alla lungimiranza della Morcelliana di Brescia.
Perché è importante in una ricostruzione storica questa attività di traduzione? Lo è perché negli anni ’30 Adam è un grosso teologo. L’essenza del cattolicesimo, tradotta nel ’30, risaliva al ’22, in una stagione in cui la teologia cattolica e soprattutto l’ecclesiologia andava rinnovandosi. Il significato storico dell’opera di Adam è quello di aver infisso un cuneo, di aver aperto dei varchi in quel compatto edificio della ecclesiologia cattolica che nasce dalla controriforma. L’ecclesiologia della controriforma è stata una ecclesiologia monolitica fortemente ancorata ad aspetti istituzionali con notazioni giuridiche, con un’accentuazione del momento gerarchico, con una teologia polemica chiaramente antiprotestante e si spiega in questa luce storica l’opera di Adam che, della ecclesiologia, ha accentuato l’elemento carismatico e l’elemento spirituale. La chiesa non è solo istituzione, non solo diritto, ma anche una realtà animata dallo Spirito Santo e dal corpo di Cristo. Questo il significato storico dell’opera di Adam: quello di aver aperto strade che poi sarebbero state continuate. Il Vaticano II, indubbiamente, nel suo edificio chiesologico ha recepito l’attività di questi pionieri, ma Adam ha fatto qualcosa di più e si è posto il problema del linguaggio teologico, egli ha capito che la teologia scolastica, così tecnica e precisa, così tagliente nella definizione, rischiava di non essere più una teologia del dialogo. Il linguaggio della scolastica stentava ad essere capito dall’uomo moderna, allora Adam rinnova il linguaggio teologico.
Fra gli anni delle due guerre mondiali la teologia tedesca è la teologia di avanguardia e non sono ancora apparsi i grandi teologi francesi che compariranno qualche anno più tardi. Quando Bendiscioli si reca in Germania si scontra con questa teologia di avanguardia, con questo mondo così fervido e la sua opera è proprio quella di far conoscere al mondo culturale italiano il grande magistero dei tedeschi. Qual era allora il panorama dei cattolici? Era un panorama debole, opaco, superficiale; da una parte vi era una pesantissima cultura idealista, infatti sia Croce sia Gentile monopolizzavano il panorama culturale italiano, dall’altra parte c’era una scolastica per tanti versi rispettiva, mancava quindi questo impatto fra le nuove esigenze che si andavano formando ed il messaggio cristiano. Bisognava allora sprovincializzare la cultura italiana e metterla a contatto con la forza viva della cultura europea, aprire le porte e questo è il significato dell’operazione culturale che Bendiscioli ha compiuto con padre Bevilacqua e gli amici della Morcelliana. C’era stata una repressione modernista per cui certe intuizioni di inizio secolo non avevano portato a nulla, c’erano stati spiriti brillantissimi che la condanna della chiesa aveva messo a tacere; ciò spiega il depauperamento della cultura dei cattolici negli anni ’20, ’40 e in questo contesto si può capire il significato di un operazione culturale. Bendiscioli collaboratore della Morcelliana istituisce una collana che egli intitola: “Il Pensiero Cattolico Moderno” e come primo numero di quella collana esce il volume di un autore inglese: L’anima cristiana dell’Europa. C’è un’altra precisazione da fare: il mondo cattolico italiano non è mai stato legato alla cultura tedesca, semmai ha subito molto il fascino della cultura francese; in fondo si potrebbero contare su una mano le traduzioni dal tedesco di classici della teologia o del pensiero cristiano. Il tedesco è una lingua molto difficile e ciò costituisce ovviamente una paratia e spiega il fenomeno di così scarsi agganci fra mondo italiano e mondo tedesco.
L’attività di Bendiscioli è volta a creare una corrente di simpatia fra mondo tedesco e mondo italiano. Ma per Bendiscioli il contatto con il mondo tedesco negli anni ’30 è stato anche incontro con il mondo luterano ed è indubbio che se Bendiscioli è ricordato come storico di Lutero e della riforma le radici di questa produzione scientifica affondano nella frequentazione assidua del mondo tedesco. Egli incontra gli storici, i cattolici e gli evangelici che in quegli anni stavano attuando una revisione della storiografia su Lutero. Gli storici cattolici che liberarono Lutero da quella visione controriformista per cui egli era semplicemente l’uomo che aveva provocato lo scisma e che aveva iniettato il veleno nel corpo della chiesa. Lutero ora non è più solo il polemista feroce, ma è anche l’uomo di fede, di pietà dalle altissime intuizioni teologiche e spirituali e allora Bendiscioli, immerso in questo clima, legge, studia, si incontra con personalità e trasporta tutto ciò in Italia, arricchendola così di questa revisione di Lutero, ponendosi in un atteggiamento ecumenico negli anni Trenta dicendo che di Lutero bisogna cogliere anche l’uomo di pietà, quell’uomo che si era nutrito dei mistici renani, di Bernardo di Chiaravalle, che prima di provocare lo scisma si era inserito in una tradizione cristiana autentica.
Ma negli anni in cui Bendiscioli sta in Germania vi è un’altra revisione di Lutero, quella fatta dagli storici influenzati dal nazismo. Essi presentavano il Lutero della tradizione antiromana, colui che ha alzato lo stendardo dell’opposizione tedesca a Roma. E’ quell’antiromanesimo che impernia la cultura tedesca negli anni fra il ’30 e il ’40 per cui tutta la storia tedesca viene vista come storia del genio tedesco, come storia nazionalistica, come riscoperta delle saghe medievali e del puro spirito tedesco. Bendiscioli polemizza con questa visione di Lutero, ma non nega che in lui vi sia l’interprete delle doglianze della nazione tedesca, ma dice anche che questo non è tutto Lutero. Ci si rende quindi conto che c’è una revisione di Lutero fatta anche per contrapposizione verso quella interpretazione di tipo nazista che correva in quegli anni in Germania.
In conclusione è inevitabile parlare dell’ecumenismo di Bendiscioli, infatti egli come saggista e storico e profondo conoscitore del mondo tedesco aveva il senso della frattura confessionale ed in lui accanto alla rivalutazione di Lutero vi è la volontà di mettere in luce ciò che unisce i cristiani separati. Ecco che in “Germania religiosa” egli non pone solo in luce l’attività dei vescovi cattolici o dei laici o delle riviste cattoliche contro il nazismo, ma anche l’atteggiamento della chiesa evangelica, dei luterani. Si capisce allora perché davanti ad un paganesimo razzista, a quella forza storica che fa del mito della razza un’idolatria per cui l’unico vero Dio, l’unico vero valore viene sostituito da altri valori assolutizzanti, Bendiscioli si richiama alla coscienza cristiana che si esprime sia nei cattolici sia negli evangelici.
Quindi Bendiscioli nel ’36 si rende conto di ciò che sta maturando e scrive il libro che ha il suo contesto in questo ambito in cui da una parte vi è l’impegno dello studioso, dall’altra c’è l’imoegno civile e religioso, che in questo libro si intrecciano.
Una delle parole più ricorrenti nei libri di Bendiscioli è “coscienza”; questo riferimento alla coscienza potrebbe indurci a dire che la formazione culturale, teologica e religiosa dell’autore fatta alla Pace spiega il primato accordato ai valori della coscienza. Perciò Bendiscioli deve molto alla Pace, alla congregazione dei Filippini il cui fine peculiare è il raggiungimento della santificazione personale attraverso la realizzazione dei consigli evangelici, la vita comunitaria, l’esercizio ascetico sostanziato di umiltà nella luce di Filippo Neri ed una spiritualità semplice, ariosa, equilibrata, aliena da intellettualismi, così poco giuridica. Bendiscioli ha respirato in questo ambiente e si capisce, allora, come maturi certe convinzioni. Inoltre vi è la lezione di Newman, il grande convertito inglese, che è stata una grande lettura di Bendiscioli.
Certo il mondo tedesco costituisce un po’ la spina dorsale della formazione teologica e culturale di Bendiscioli, ma vi è anche il mondo inglese. Intorno agli anni trenta Bendiscioli stendeva un articolo in cui esaminava delle correnti di pensiero e citava l’Inghilterra e facendolo non poteva dimenticare Newman, che della storia religiosa inglese rappresenta una così grande parte. Noi sappiamo che in Newman non vi è solo il discorso sulla coscienza e converrebbe che oggi si riguardasse con spirito dinamico e creativo quella pagina sulla coscienza che è diventato oggi un problema sociale scottante. Quel richiamo alla coscienza che ricorre nei libri di Bendiscioli ha qui la sua radice. con Germania religiosa siamo davanti ad un’opera storiografica fatta non solo con rigoroso metodo critico, ma anche ad una testimonianza: l’uomo che si appella ai valori della chiesa e reagisce contro coloro che questi valori calpestano.
NOTA: testo, non rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 28.10.1977 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.