Come storico, sento di dover caratterizzare la rilevanza della pubblicazione del Morelli che tratta della resistenza in carcere. Questo libro, con la sobrietà propria della documentazione, offre l’aspetto esteriore e l’aspetto interiore della resistenza. Innanzitutto questo libro ha una caratteristica: offre documenti della grande ostilità. Il problema della resistenza e della sua rievocazione storica è molto complesso e molto delicato, perché nella resistenza ci sono state diverse correnti; alla liberazione, celebrata come fatto unitario, si è subito delineata la differenziazione. E ciò che noi viviamo oggi coi richiami a forme della resistenza, ciò che ha dato nome a certe forme del così detto terrorismo, sono state caratteristiche di alcune strutture della resistenza. Oggi, la presentazione della resistenza è in buona parte influenzata dalla memorialistica, cioè dalla rievocazione fatta dopo gli eventi, sotto sollecitazioni molteplici, che influenza la prospettiva del passato. Ora, la caratteristica dei documenti pubblicati dal Morelli è precisamente questa: sono documenti presentati nel loro quadro, nella loro atmosfera; atmosfera sì esteriore (carcere, sporcizia, persecuzioni), ma con un inquadramento anche interiore, dello stato d’animo, della situazione particolare. Aggiungete un fatto molto importante: sono tutti documenti e lettere, che sono stati conservati con rischio. Nella storia della resistenza io ho avuto anche la funzione, fra l’altro, di essere archivista dell’istituto nazionale della resistenza; e ho sempre stabilito che occorre fare una grande distinzione tra quello che è stato scritto prima e quello che è stato scritto dopo. Quello che è stato scritto prima della liberazione, era rischioso sia per chi scriveva, sia per chi conservava gli scritti; quello che è stato scritto dopo non rappresentava nessun pericolo. Ci fu quindi enorme esuberanza nella rievocazione post factum degli stessi verbali del CLN: ma ciò accadde con nessuna fatica, nessun pericolo, nessuna perquisizione, niente polizia. Pensate solo che certi verbali del CLN erano scritti sul retro di una busta; in parte sono stati seppelliti e sono sopravvissuti in un bidone della sporcizia in un campo di grano. Ecco l’importanza di questa documentazione, nata nel rischio e conservata nel rischio. Che esprime quindi, e testimonia realisticamente stati d’animo e situazioni; è in questo senso che ha la sua rilevanza. Perché ci aiuta a capire, come ha appena rievocato monsignor Manziana, e a questo riguardo, stasera, mentre egli parlava, io rievocavo i suoi discorsi in carcere a Verona. Uno dei miei dispiaceri, uno dei tanti che ho avuti, fu dovuto al fatto che, dopo avere preso gli appunti da questi discorsi, successivamente questi sono andati distrutti. Sono documentazioni di uno stato d’animo, di una realtà. E quindi ci permettono di ricostruire fedelmente questa situazione. Aggiungo un altro particolare, sempre come storico: la sobrietà del Morelli. Egli non ha approfittato per esprimere dubbi o considerazioni, ma si è preoccupato di chiarire al massimo quei dati che accuratamente ha ricercato, la personalità, le circostanze, le situazioni, lo stato d’animo. E qui ci sono le persone. Domina il ricordo di Don Vender, ma ci sono anche altri; e lui, Don Vender, che figura è qui? E’ vivacissimo, proprio come ha detto padre Manziana. Aveva una capacità singolare di accettazione del rischio; aveva una serenità interiore che confortava tutti quanti, e questo con il gesto, con la parola. Aveva una grande prontezza nel dare aiuto spirituale e materiale. Stavo dicendo che Morelli ci presenta diverse personalità; la più rilevante è quella di Vender, ma anche altre sono sorprendenti. Ci sono in queste personalità il rilievo della coscienza, l’impegno dell’azione, anche se nella fase del carcere, questo ha limitato la prospettiva alle finalità. C’è il riflesso di attività di fuori. E in queste personalità, sia nelle più rilevanti, sia in quelle di minor importanza, c’è però sempre il rilievo della motivazione: perché si fanno queste cose, perché si agisce. Certo ci sono anche le ombre, ci sono le incertezze; in quelle lettere riportate dal Morelli c’è anche la parola di odio contro il male che ci opprime. Però il motivo dominante non è quello della denuncia, della indignazione: il motivo dominante è quello della collaborazione, dell’impegno ad agire, a fare quello che è ritenuto giusto, quello che può essere utile al prossimo. E qui ci sono da ricordare gli ausiliari. Una caratteristica di questo volume del Morelli, è la rilevanza che vi assumono le donne, le ausiliarie. Ho fatto un po’ i conti e credo di non averne incontrata nemmeno una, perché il calcolo degli anni è fatto con facilità, e queste ausiliarie del ‘43 o del ‘44 dovrebbero avere i 70 o 80 anni che abbiamo noi due. E’ molto importante questa presentazione della resistenza non soltanto nella sua azione bellica e militare, ma anche nell’organizzazione dell’assistenza morale, con tutti gli aspetti e i sotterfugi che erano necessari. Tra l’altro, è singolare quanto comprensibile il sistema del buon don Vender, che trasmette un messaggio scrivendo in caratteri greci e dice, evidentemente per ingannare la polizia, di voler sottoporre ad un amico, competente filologo, questo brano greco, per avere la traduzione giusta. E questo è uno dei tanti sotterfugi, come quello dei nomi convenzionali, soprattutto per quello che riguardava la segnalazione di dove si trovavano oggetti vari. Concludo confermando lo stato d’animo di padre Manziana, confrontando con quello che si attendeva e che ci si aspettava allora. C’è stata una grande delusione, venuta evidentemente dal suo rapportarsi a quegli ideali della resistenza, visti in una luce cristiana, di altre finalità, di altri valori e preoccupazioni. L’avvenire non è nelle nostre mani; noi come cristiani dobbiamo credere nella Provvidenza, e che dal male può nascere il bene; certo è che dobbiamo avere fiducia e chiedere con la preghiera che il mondo si rinnovi nello spirito e nella carità.
NOTA: testo, non rivisto dall’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 28.4.1982 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.