L’innocenza e la vulnerabilità dei ragazzi non bastano certo a proteggerli dagli abusi di potere di alcuni governi. I diritti fondamentali di migliaia e migliaia di bambini e fanciulli vengono ancora oggi violati in tutto il mondo, come ha denunciato Amnesty International con il suo primo rapporto 1988. Bambini sono ingiustamente incarcerati, torturati, uccisi e privati dei loro genitori.
Alcuni sono stati costretti a veder torturare i propri genitori. Altri sono nati in prigione e sono stati separati dalle loro madri dopo la nascita. E ci sono perfino paesi che applicano la pena di morte ai minori, e non solo in Iran ma anche in alcuni Stati degli USA.
Torture su innocenti
Alcuni bambini sono stati torturati per strappar loro delle informazioni, altri per costringere i genitori a parlare. Molte delle giovani vittime sono state torturate per spaventare ed intimidire le comunità cui appartenevano.
Tremende testimonianze di tortura su bambini sono state rese ad Amnesty International da ogni parte del mondo: ne riporto qui solo alcuni esempi:
“Ho sofferto qualcosa di peggio della tortura fisica: sono stato sottoposto alla tortura psicologica. Mi hanno detto di fronte a mia figlia di due anni, nella camera di tortura: ‘Se non parli, torturiamo lei’: ed ho anche dovuto provare l’agonia di ascoltare le grida di mia moglie che veniva torturata nella stazione di polizia di Istanbul, senza riuscire a calmare la nostra bambina che piangeva”.
E’ la testimonianza resa in tribunale nel gennaio 1987 da Kernal Bilget, un insegnante turco.
In Turchia, nell’aprile 1987, quattro ragazzi sono stati torturati da soldati e sottoposti a scosse elettriche in bocca, con conseguenti lividi e ferite. I ragazzi vivevano in un villaggio nella Turchia meridionale, dove sono arrivati i guerriglieri curdi.
“Uno dei ricordi più spaventosi che ho sono le urla di bambini nella notte” ha raccontato un avvocato ad un congresso di medici e assistenti sociali di Johannesbourg nel 1985. Il congresso trattava degli effetti a lungo termine causati dalla detenzione e dal maltrattamento di bambini: angoscia, depressione, problemi comportamentali ed esiti psicotici.
Dalle molte testimonianze rese da bambini sudafricani detenuti in base alle leggi di emergenza, si delinea un modello comune.
In genere, è subito dopo l’arresto che i bambini possono venire picchiati per svariate ore, mentre vengono incessantemente interrogati. Vengono presi a pugni e a calci, frustati e colpiti con il calcio del fucile. Sono stati riferiti casi di tentato strangolamento, di tortura con scosse elettriche (talvolta applicata per mezzo di generatori azionati nei camioncini della polizia) e percosse sulle piante dei piedi.
Ragazzi dietro le sbarre
Non ha mai conosciuto il mondo che sta fuori le mura della prigione. Amonsissa Issa ha sette anni. Un’infezione virale lo ha reso mentalmente ritardato. Ha passato la vita intera con sua madre, prigioniera di coscienza nella prigione centrale di Addis Abeba, in Etiopia.
Sua madre era incinta di sette mesi quando, nel 1980, è stata incarcerata. Impiegata statale, lei era tra le centinaia di persone di origine etnica Oromo arrestate nel febbraio del 1980. Non è mai stata fornita una ragione ufficiale per il suo arresto. Anche il padre di Amonsissa è in prigione in un altro carcere di Addis Abeba. Non gli è mai stato permesso di visitare sua moglie e suo figlio.
In Sudafrica, migliaia di bambini, alcuni anche di soli sette anni, sono stati arrestati da quando, nel giugno 1985, sono state emesse le prime leggi di emergenza per lo “stato di assedio”. La maggior parte ha subito violenze mentre si trovava in carcere. Secondo statistiche ufficiali, 2.000 bambini e ragazzi sotto i 18 anni sono stati detenuti tra il luglio 1985 ed il gennaio 1986. Nell’aprile del 1987, 1.424 ragazzi erano ancora detenuti in base alle leggi di emergenza. Molti bambini sono usciti da questa esperienza profondamente segnati sia fisicamente che psicologicamente.
Esecuzioni capitali
E’ già difficile per un governo giustificare una punizione o una vendetta quando si tratta di accusati adulti, ma una vendetta su bambini per misfatti compiuti da essi appare al di là di ogni giustificazione.
Lo spettacolo dato da una società come la nostra, quando persegue una vendetta legalizzata attraverso l’esecuzione capitale di minori, non dovrebbe essere tollerato.
Le norme internazionali sui diritti dei minori sono chiare su questo punto: nessuno che al momento del crimine non abbia ancora compiuto 18 anni dovrebbe essere punito con la pena di morte. La pena capitale, dato il suo carattere di eccezionale crudeltà e di irreversibilità, risulta assolutamente inadeguata per individui che non abbiano raggiunto la piena maturità fisica ed emotiva.
Il fatto vergognoso è che vengono giustiziati veri e propri ragazzi. Amnesty International ha documentato che negli USA, in Iran nei primi anni Ottanta, in Iraq, nel Bangladesh, nelle Barbados e in Pakistan bambini sono stati condannati a morte per impiccagione, sedia elettrica, iniezioni letali e fucilazione.
Nel Texas Charles Rumbaugh l’11 settembre 1988 è stato il primo condannato minorenne ad essere giustiziato dal 1964. Altri due condannati minorenni sono stati giustiziati in altri Stati degli USA nel 1986: ed almeno altri 31 erano nel raggio della morte nell’ottobre 1987. Tutti avevano dai 15 ai 17 anni nel momento in cui commisero il crimine per il quale sono stati condannati. Solo 11 degli Stati che in USA conservano ancora la pena di morte escludono l’esecuzione capitale per i minorenni. Nel Montana e nel Mississipi bambini anche di 12 e 13 anni rispettivamente possono, secondo la legge, venire giustiziati. Altri 10 Stati non specificano un limite di età per la pena capitale.
La violenza sommersa
Se nei paesi presi in considerazione da Amnesty i casi di violenza contro i bambini hanno spesso una matrice istituzionale, in Occidente generalmente il sopruso nei confronti dell’infanzia è “sommerso”.
Ann Gillet, membro del Consiglio d’Europa, durante l’ultimo convegno sul tema ha avvertito che esso attraversa tutte le classi e tutte le culture. La violenza e lo sfruttamento non conoscono frontiere: la prostituzione minorile non è più un’esclusiva e un triste primato del Sud-Est asiatico, ma è fiorente in nazioni industrializzate come la Francia e la Germania. La pornografia infantile dilaga nel Nord-America come nella più permissiva Olanda e in Italia. Statistiche precise, sono impossibili, sia a livello europeo che nel nostro paese; i dati sfuggono.
Nell’ambito dei paesi industrializzati, a parte gli altri tipi di abusi, prosperano le violenze interfamiliari, quelle psicologiche, quelle sessuali, quelle di abbandono. Oltre all’uso dei bambini, nello spettacolo, nel lavoro, nell’accattonaggio. Un panorama sconsolante che non risparmia alcuna fascia sociale.
NOTA: testo, non rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 18.11.1988 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.