Chi ha avuto la fortuna di conoscere di persona Vittorino Chizzolini sa che è difficile parlare di lui perché la sua anima era grande e la sua spiritualità aveva la luce dell’intelligenza, della penetrazione convinta e si traduceva incessantemente in azione, in concretezza di opere, in un atteggiamento di completa disponibilità verso tutti ed in primissimo luogo nei confronti dell’infanzia e di coloro che non sono amati, “i poveri di nessuno” com’egli amava dire. È quindi con vera gioia che nel decimo anniversario della sua morte, possiamo muovere incontro alla sua cara figura e rinnovarne il ricordo con un prezioso quaderno, Profilo spirituale di Vittorio Chizzolini, pubblicato dalla Editrice La Scuola. L’autore, don Enzo Giammancheri, che affiancò sin da giovane l’attività dell’Editrice, ha conosciuto per molti anni Chizzolini e ne ha custodito le carte. Nelle sue parole c’è, dunque, l’essenzialità e il rigore dello studioso che tutti apprezzano e la testimonianza di chi sa per. esperienza diretta, ed è un’esperienza durata tre decenni e mezzo, come Vittorino sentiva, giudicava, viveva. Il quaderno nella sua prima parte delinea l’itinerario spirituale di Vittorino e nella seconda ce ne dà, per così dire, i documenti trovati tra i suoi appunti. Il profilo ed i documenti sono pertanto inseparabili, dandoci l’uno la reale collocazione storica e psicologica degli altri.
Le fonti per delineare il profilo spirituale di Vittorino sono molteplici. Esse comprendono sia i carteggi, conservati in quantità notevole, sia i saggi e gli articoli stampati, non molti e spesso pubblicati anonimi, sia le testimonianze di quanti lo conobbero, collaborarono con lui, riconobbero in lui un amico e una guida. Carteggi, pubblicazioni, testimonianze, servono a precisare le circostanze, ad approfondire l’intensità della sua vita interiore e l’efficacia di essa nell’impressionante rete di relazioni ch’ebbe con persone le più diverse, a ricostruire il cammino di fede da lui percorso. Fanno risaltare un’esperienza spirituale autentica, vissuta come crescente, filiale abbandono in Dio, senza che mai venisse meno o anche soltanto diminuisse l’impegno nella testimonianza pubblica della propria fede. Tuttavia ha ragione tuttavia don Enzo Giammancheri nel sottolineare che la fonte primaria è un’altra: “Raccogliendo le sue carte, dopo la morte avvenuta a Brescia il 24 maggio 1984, all’età di settantasette anni, furono trovati alcuni pochi fogli, sciolti, di vario formato, con brevi appunti spirituali, bozze di preghiere, di esami di coscienza e considerazioni sulla propria vita, da lui scritti in anni e circostanze diverse, quali corsi di esercizi spirituali; degenze ospedaliere, che furono numerose e più volte prolungate nel tempo; momenti di particolari difficoltà, di presentimento anche della morte”. Io stesso ho avuto la ventura di custodire un suo quaderno di appunti, che erano insieme preghiere e propositi a cui avrebbe tenuto fede con virile determinazione, che Vittorino mi affidò quando fu colto da una violenta crisi cardiaca la sera del 15 agosto 1950. Quei fogli erano stati scritti la notte dell’8 settembre 1946 “Festa di Maria Nascente”, e che recano il titolo Tutto per Iddio. Vittorino evidentemente li considerava il suo memoriale.
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Il Profilo spirituale di Vittorio Chizzolini è un testo da meditare e non può certo essere riassunto o commentato. Qui, posso solo permettermi qualche sottolineatura. È per me estremamente rivelatrice, ad esempio, la lettera del 2 novembre 1953 in cui Vittorino spiega a sua nipote perché egli avesse destinato interamente la parte che gli spettava della cospicua eredità paterna a un’istituzione nata dalla geniale inventiva del suo amore per Dio e per la famiglia umana: la Fondazione Tovini.
“Carissima Marisa, affido al tuo cuore, in brevi parole, queste sacre confidenze. Il nonno Vittorio, quando io ero ragazzo… parecchie volte mi riferì un episodio rimasto inciso, con viva sofferenza, nel suo animo.
Compiute le quattro classi elementari, egli avrebbe desiderato continuare gli studi. La famiglia era molto povera; il papà Giovanni guadagnava troppo poco per sei figli e attendeva aiuto: la mamma Margherita solo ascoltava le suppliche del figliolo, che aveva dato prove d’intelligenza e di volontà. Un giorno lo prese con sé e lo condusse alle scuole tecniche per l’iscrizione. All’Albo della segreteria erano esposte le cifre delle tasse. Si avvide allora che non aveva i denari sufficienti per pagare nemmeno la prima rata!
La povera mamma forse considerò l’impossibilità di reggere alle spese future e, molto triste, mormorò: Vittorio non possiamo: lavorerai col papà. Era il crollo di ogni speranza e forse il pre-cludersi di tutto un avvenire.
Molto più tardi il nonno Vittorio, con tenace volontà e sacrificio, recuperò, sia pure in piccola parte, gli studi incompiuti, frequentando la scuola serale Moretto, alla quale dovette la notevole abilità nel disegno e le conoscenze tecniche che gli permisero di sviluppare l’officina.
Nonostante questo tardivo recupero, il nonno serbò sempre nel cuore il rammarico di non aver potuto perseguire quegli studi che avrebbero potuto potenziare il suo nativo genio inventivo. Molte volte ebbe ad esprimermi, con sentimenti di solidarietà e di predilezione per la povera gente, la sua deprecazione per l’ingiustizia sociale sofferta dagli intelligenti e meritevoli, esclusi per la mancanza di mezzi dall’incomparabile beneficio degli studi. Dagli stessi sentimenti trasse radice un’altra sua convinzione, di alto significato morale-educativo, che non poche volte mi confidò, circa l’ingiustizia della disparità delle condizioni dei figli, determinate dalle spesso immeritate fortune familiari…
Questa convinzione paterna e l’educazione alla semplicità e alla modestia ricevuta in famiglia, crebbero in me, fin dalla giovane età, l’ideale della povertà e della rinuncia che prima mi permisero di scegliere la missione del maestro e poi di consacrarmi alla più antica ed importante Opera per la scuola cristiana…”.
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La Fondazione Tovini fu, infatti, pensata e realizzata, per aiutare negli studi i giovani capaci privi di mezzi per associare i migliori all’azione educativa, per “aprire nuovi valichi ed indicare nuove mete per l’alto cammino dell’educazione cristiana”. E tra le nuove mete Vittorino indicava – in tempi in cui nessuno ne parlava – la dimensione europea necessaria alla scuola italiana, la preparazione dei volontari per i Paesi in via di sviluppo, l’educazione dei disabili e dei portatori di handicap. Quella mirabile lettera ci fa toccare con mano perché nella testa e nel cuore di Vittorio cristianesimo e promozione dell’uomo, educazione e cristianesimo costituissero un tutt’uno, qualcosa di inscindibile. E non è difficile ricordare i grandi cristiani a cui Vittorino doveva questa felicissima intuizione: Vittorino da Feltre, Jan Amos Komensky, Giuseppe Calasanzio, Johann Heinrich Pestalozzi, Giovanni Bosco, insieme a tanti altri educatori santi e geniali, di cui egli non si stancò mai di studiare la lezione che viene dalla loro vita e dai loro scritti. Don Giammancheri ha osservato con acutezza: “L’interesse storico alimentava anche la sua spiritualità”.
I modi in cui si espresse la spiritualità profonda di Vittorino sono sagacemente individuati e collocati nella giusta luce da don Enzo, così come i maestri che egli incontrò e, in ultima analisi, seppe scegliersi. Non si può leggere questo quaderno senza commozione perché esso è lì ad attestare in modo irrefutabile un fatto che non cesserà mai di stupirci e di inquietarci: Vittorino è stato un uomo di Dio e noi lo abbiamo incontrato. Egli era uno per il quale Dio è amore, incessante sorgente ed oggetto d’amore, sì che il senso profondo della vita sta nel divenire suoi collaboratori, nell’essere associati alla sua opera. L’amore che alimentò la vita di Vittorino non era semplicemente l’amore di un uomo verso Dio, ma si identificava con l’amore di Dio per tutte le sue creature. Amore che ha creato ogni cosa ed è in grado di rivelare, a chi sappia interrogarlo, il mistero e lo scopo dell’esistenza. Quando si incontra sul proprio cammino un cristiano come Vittorino, non si rimane più come prima. Certamente non tutti abbiamo avuto la forza di seguirlo, ma tutti abbiamo sentito di doverlo fare. Tutti comunque abbiamo visto in lui un dono di Dio.
Studium, n.4/ 1994.