Tutti concordano nel riconoscere che stiamo vivendo tempi difficili, nonostante l’accresciuto e diffuso benessere, per un grave degrado dei rapporti sociali, che determina un peggioramento di quello che oggi si usa chiamare la qualità della vita.
Ci sembra che in sostanza ci si allontani sempre più da quegli ideali di civiltà e di comprensione umana, che per i Latini e per Cicerone in particolare si riassumeva nel concetto di humanitas. Non sarà inutile allora richiamare l’origine e il significato di questo termine nelle sue più varie sfumature, convinti che il messaggio che ci viene dagli antichi possa ancora giovare alla nostra società moderna.
Il concetto si trova enunciato per la prima volta in un passo famoso di una commedia di Terenzio (II sec. a.C.) l‘Heautontimoroumenos, dove un personaggio di nome Cremete vede che nella vita di un altro personaggio, Menedemo, c’è qualche dispiacere, qualche motivo di preoccupazione e di sofferenza e alla protesta di Menedemo contro l’indebita ingerenza in affari altrui risponde richiamandosi al suo dovere e diritto di uomo che non si sente estraneo a nessun dolore del prossimo: "Sono un uomo e niente di ciò che riguarda l’uomo mi è estraneo".
"Umano" e "umanità", anche attraverso altri passi di Terenzio, assumono via via il significato di rispetto di sé e degli altri, di arricchimento e approfondimento di rapporti umani, di am¬morbidimento di durezze proprie dell’antica romanità, una conquista di cui, grazie anche ai primi contatti con la raffinata e già evoluta civiltà greca, furono fautori in Roma gli Scipioni e la cerchia dei loro amici. E’ un significato ancora limitato, forse anche il meno originale, del termine humanitas: umanità è ancora forse soltanto civiltà, cioè i conforti e le comodità della civiltà. Nell’età che arriva fino a Cicerone, cioè tra il II e il I sec. a.C., il significato ondeggia appunto tra civiltà e cortesia, cordialità, comprensione, forse anche clemenza.
Ma il più vero e grande teorizzatore del termine humanitas è senza dubbio Cicerone. Certo anche per lui è un termine indicante riconoscimento e compatimento delle debolezze umane, clemenza, cortesia, gentilezza d’animo. Ma nelle opere più mature col vocabolo humanitas Cicerone intende anche educazione, ingegno, cultura, un significato dunque molto vasto e comprensivo di tutti quei valori che sono coinvolti nella formazione ed educazione globale dell’uomo, che è formazione politica, morale e intellettuale. E’ impossibile richiamare qui i vari passi da cui emergono i significati che stiamo evidenziando, del resto già puntualizzati da molti studiosi.
Vorrei, però, ricordare almeno l’orazione Pro Archia, dove la definizione e la consapevolezza del valore del termine in questione è ormai completa e pienamente matura, dove Cicerone parla di tutti gli aspetti, di tutte le sfumature della sua humanitas, per cui non a torto questa orazione è stata definita il primo vero manifesto dell’humanitas. In altre opere poi, tra cui il De Oratore, viene sottolineato, accanto al significato di raffinata ed umana cortesia, quello di umanità come cultura, la quale, per Cicerone, ha valore solo se diventa maestra e norma di vita e di educazione dell’uomo, quindi una cultura non avulsa dalla vita pratica e concreta, ma strumento di arricchimento di umanità e di moralità.
Uno studioso tedesco, I.Heinemann, ci dà la più completa definizione e sintesi di humanitas, proponendone una distinzione in tre aspetti fondamentali.
Il primo aspetto, di natura sociale, è vicino al concetto greco di filantropia e si esprime nella mitezza, nella comprensione, nell’opera benefica di assistenza verso tutti i nostri simili. Il fondamento filosofico di questo aspetto va ricercato nella filosofia stoica, secondo cui la comunanza di natura unisce tutti gli uomini sotto un’unica legge; da questa affermazione derivano l’idea del cosmopolitismo e l’imperativo della giustizia. Appare di grande valore attuale l’insegnamento di Cicerone, quando dichiara che "togliere qualcosa a qualcuno e accrescere le proprie comodità a danno di un altro è contro natura più della morte e del dolore, perché toglie il vincolo sociale che lega tra loro gli uomini".
Il secondo aspetto, di natura culturale, corrisponde all’ideale di formazione e di educazione dello spirito. Cicerone identifica spesso humanitas con cultura, in quanto le arti liberali e le discipline scientifiche che formano l’uomo sono proprie di lui soltanto e lo distinguono dagli altri animali; il privilegio dell’uomo consiste nelle facoltà della ratio e dell’oratio; la ragione consente all’uomo di prevedere e dominare gli eventi, di modificare e migliorare le condizioni di vita. Non meno importante però è la parola, orale e scritta, che rende possibile la comunicazione del pensiero. Cicerone nel De Oratore delinea il modello ideale di uomo che riunisce in sé le doti intellettuali e morali con la cultura più vasta e con la capacità di ben parlare e di avvincere e indirizzare le folle.
La cultura non è fine a se stessa, ma ha per fine il miglioramento dell’umanità ed è tanto più degna di stima quanto più si esplica nell’ambito della società civile; essa di accompagna dunque al progresso del genere umano e anzi ne è causa determinante. L’humanitas, nell’accezione di cultura, si forma poi accogliendo l’eredità della sapienza degli antichi, le tradizioni, i costumi, le istituzioni, i fatti e gli insegnamenti della storia, e le lettere sono così la voce più viva del passato. E’ questa una concezione non lontana dall’ideale umanistico dell’età rinascimentale.
Il terzo aspetto è quello estetico, per cui humanitas è anche la virtù propria dell’uomo cortese e raffinato, dotato di buona educazione e di elevati sentimenti, capace di vivere con dignità nella società degli uomini. Ne viene di conseguenza coinvolto l’intero comportamento dell’uomo, che deve ubbidire ad una legge di armonia, di compostezza e di misura, un insieme di qualità che si riassumono nel decoro, che a sua volta esige equilibrio interiore e piena padronanza di sé.
Se l’humanitas di Cicerone è l’espressione dell’ideale di vita della società romana nel momento più alto e più nobile del suo sviluppo, non è però certamente estranea ad altre età, compresa la nostra, anzi il programma di Cicerone, che è l’ideale di un uomo che credeva, come scrive F. Arnaldi, "nell’intelligenza e nella cultura come elementi essenziali della moralità", ha esercitato sulla formazione spirituale dell’età moderna un’influenza superiore a quella di ogni altro pensatore antico ed offre ancora oggi un modello, un’ideale di vita e di cultura facilmente accessibile e applicabile al costume sociale di una civiltà evoluta come la nostra. L’insegnamento di Cicerone è, infatti, un’eterna lezione di umanità, intesa come libertà di pensiero, rispetto della personalità umana, comunanza di natura di tutti gli uomini, dedizione ai doveri sociali, razionalità, amore per la cultura, equilibrio e coerenza interiore: è, insomma, un invito alla fede nell’uomo.
Giornale di Brescia, 7.11.1991.