In due recenti occasioni la cronaca si è occupata della città di Benevento. La prima è stata poco dopo il 25 aprile, quando l’ attuale sindaco della città ha pensato di cambiare il nome della piazza intitolata a Giacomo Matteotti per sostituirlo con la dedica a Santa Sofia. La seconda in occasione di una tappa del Giro ciclistico d’ Italia, quando le immagini aeree della televisione hanno permesso di ammirare uno dei suoi monumenti più belli, cioè l’ arco di Traiano.
Questo stupendo edificio a fornice unico, eretto nel 114 d.C. per solennizzare il prolungamento della via Appia, è una delle testimonianze più evidenti della presenza romana nella storia di quella città; una presenza plurisecolare subentrata alla dominazione sannita, e che avrebbe ceduto poi il posto ai Longobardi, i quali vi avrebbero collocato nel 571 la sede del loro ducato più meridionale. Come si vede, i legami storici diretti o indiretti di Benevento con Brescia non mancano, sia nella fase in cui la nostra era città romana col nome di Brixia, sia in quella altomedievale, qui caratterizzata dal fiorire del monastero di S. Giulia, dotato di immense proprietà che comprendevano anche la zona longobarda del Beneventano.
Ma la vicenda del nome della piazza Matteotti ci porta invece a ricordare un’ altra storia di cambiamento toponomastico, in questo caso del nome stesso della città. Com’è noto, la romana Beneventum era così chiamata per trasformazione del nome precedente, che era l’ opposto, ovvero Maleventum (Maluentum secondo alcune fonti).
I fatti relativi ci riportano all’ inizio della dominazione romana dell’ Italia meridionale, e quindi dello scontro politico-militare con le popolazioni indigene e con quelle greche, come i Tarentini, attaccati dai Romani a partire dal 282 a.C. Per sottrarsi al dominio di questi, gli abitanti di Taranto si rivolsero a Pirro, re dell’ Epiro, che approfittò dell’ occasione per dare il via a una campagna di espansione oltremare, nell’ Occidente italico.
Pirro era un giovane sovrano, colto e ambizioso, che disponeva di un buon seguito personale e dell’ appoggio del suocero, il re Tolomeo Sotere d’ Egitto. In breve riuscì a raccogliere molto denaro, con cui costituì un buon esercito di fanti e cavalieri e, in aggiunta, di cinquanta elefanti, inviatigli da Tolomeo. La sua guerra in nome di Taranto contro Roma fu uno dei primi scontri diretti tra il mondo greco e quello romano. Il successo inizialmente gli arrise: vinse nelle battaglie di Eraclea, presso il golfo di Taranto, e di Ascoli Satriano, sempre in Puglia. Ma furono vittorie dalla scarsa efficacia: innanzitutto perché entrambe le parti avevano riportato gravi perdite, e ad Ascoli lo stesso Pirro era rimasto ferito; poi perché la potenza di Roma non mostrava segni di crollo, anzi resisteva. "Se i Romani saranno vinti ancora così, alla fine saremo noi a perdere la guerra", furono le parole di commento del re dopo quel genere particolare di successi, che da allora divennero famosi come le vittorie di Pirro: una locuzione icastica ed efficace insieme.
Nel volgere di un paio di anni la situazione si risolse a favore dei Romani, grazie all’ appoggio loro concesso dai Cartaginesi e alla morte di Tolomeo, fatto che privò il genero di consistenti aiuti militari. A questo mutamento di scenario esterno si aggiunsero in Magna Grecia le defezioni di alcuni alleati di Pirro e lo scarso entusiasmo dei Greci d’ Italia per la guerra contro Roma. I Romani contemporaneamente trovarono in un uomo di grande valore, il console Manio Curio Dentato, che era uomo dalle origini socialmente modeste e di grande levatura morale, il simbolo della loro resistenza al nemico in nome di un forte senso di patriottismo e di attaccamento alle virtù tradizionali.
Si giunse così nel 275 alla battaglia di Maleventum, nella quale le legioni comandate da Curio Dentato resistettero agli assalti di Pirro e, passate al contrattacco, lo volsero in fuga rovinosa. Furono catturati molti uomini e alcuni elefanti dell’ esercito tarentino-epirota, e quando il console vincitore celebrò a Roma il trionfo, i pachidermi vennero fatti sfilare insieme ai prigionieri e al bottino di guerra.
Pochi anni dopo la città sannita divenne colonia romana e le venne mutato il nome, assumendo quello beneaugurante di Beneventum.
Giornale di Brescia, 11.5.2002