Le agenzie di stampa hanno diffuso nei giorni scorsi una singolare notizia di cronaca, e cioè che in Iran due persone sono morte perché morse da un serpente velenoso, mentre viaggiavano in un’ auto scoperta. Fin qui, direi, nulla di eccezionale: episodi del genere sono abbastanza frequenti in quelle zone esotiche. Ma la singolarità deriva dal fatto che il serpente mortale era precipitato nell’ abitacolo dopo essere stato lasciato cadere da un’ aquila in volo che, una volta catturata la preda, se l’ era lasciata sfuggire.
Come in questo caso, ciò che a noi appare così strano per via dei luoghi e degli animali coinvolti, nonché per le mutazioni climatiche e ambientali, non lo era affatto nel mondo antico, nel quale sono attestati episodi frequenti che riguardano animali e situazioni oggi inimmaginabili in zone antropizzate e civilizzate.
Facciamo qualche esempio preliminare, che ci proviene dal mito di Roma e della sua fondazione: pensiamo a Remo che avvista per primo sei avvoltoi, seguito dal gemello che sui colli fatali ne vede dodici. E’ evidente che tale abbondanza di rapaci è oggi impensabile in quei luoghi, che sono quasi gli stessi nei quali un’ aquila, scesa in volo sul capo di Tarquinio esule dall’ Etruria, gli porta via il berretto che indossa, per poi ricollocarlo per bene sulla medesima testa. Nel racconto dello storico Tito Livio, che narra l’ aneddoto in chiave soprannaturale, l’ interpretazione dell’ episodio dice che il capo di Tarquinio è destinato a essere presto sormontato da una corona di re, di cui l’ aquila è da sempre simbolo.
Anche nella prosa e nella poesia greca antica animali predatori o dalle dimensioni inusitate sono spesso presenti, a testimonianza di ambienti e modi di vita ben diversi dal nostro. Basta pensare che ci sono dodici favole di Esopo che parlano di aquile, e ben sedici di serpenti: a questi animali si aggiungono nella stessa raccolta gli avvolti, gli elefanti, i cammelli, i leoni, le scimmie e le tigri. Si potrebbe a ragione obiettare che Esopo veniva dalla Frigia, una regione dell’ Asia Minore dal paesaggio evidentemente diverso dal nostro, e che per di più viaggiò in Egitto e nell’ Oriente mesopotamico, raggiungendo anche zone ancor più esotiche. Ma l’ obiezione potrebbe essere parata pensando che persino nel mondo greco a noi più vicino e, soprattutto, più noto e civilizzato, abbiamo tracce evidenti di un ambiente molto diverso.
A Delfi, ad esempio, sede del tempio col famoso oracolo, il dio Apollo era soprannominato Pito ovvero Pizio (e Pizia la sua sacerdotessa), perché secondo il mito Apollo, lì giunto per impossessarsi del santuario, aveva dovuto lottare contro il serpente Pitone che ne era il protettore. Questo animale, nato dalla dea Gea, cioè dalla terra, una volta ucciso dalle frecce di Apollo, si era naturalmente decomposto, cadendo in putrefazione: e il verbo greco pythein indicava appunto questa decomposizione, originando il nome Pitone.
Persino le origini di Atene sono riconducibili, nelle leggende greche, all’ esistenza di un serpente; e dovrebbe essere la conferma di quanto predetto, cioè che non solo le zone desertiche o remote conoscevano presenze animali di questo genere.
Infatti uno dei re ateniesi della fase delle origini è Erittonio (chiamato anche Eretteo), figlio del dio Efesto e della terra, Gea. Ma si raccontava che il neonato, frutto dell’ unione delle divinità, aveva delle sembianze da serpente, oppure che era un bambino sorvegliato da un serpente, secondo altre versioni dello stesso mito. Una volta cresciuto, Erittonio restò sempre con l’ aspetto di serpente a guardia dell’ Acropoli di Atena, come divinità protettrice, esattamente come si raccontava per il Pitone di Delfi.
Morto il serpente sacro, venne venerato ad Atene non più come animale, ma come un uomo dalle caratteristiche regali: era difficile pensare a un re-serpente, e si creò allora la figura umana, alterando il racconto tradizionale, che può avere solo la seguente interpretazione. Si ritiene che le divinità oggetto di culto nel mondo greco antico fossero in origine ctonie, cioè legate alla terra, proprio come il serpente; poi giunsero le divinità indeuropee del cielo, come Zeus, per cui gli dei del mondo terreno decaddero nel culto e i miti vennero confusi e trasformati, adattandoli alle nuove esigenze di razionalizzazione e di spiegazione.
Giornale di Brescia, 31.7.2002.