Sessant’anni fa Sophie Scholl, suo fratello Hans Scholl e Christoph Probst vennero giustiziati dopo un sommario processo, presieduto dall’ultranazista Freisler, seguiti di lì a pochi mesi dai loro amici Alexander Schmorell, Willi Graf e il professor Kurt Huber che nel tratto finale si unì ai giovani della Rosa Bianca. I quattro ragazzi, che provenivano da regioni diverse della Germania, si incontrarono a Monaco. Erano studenti in medicina e sotto le armi. Si incontrarono tra loro, le affinità emersero, si scoprirono fratelli e lavorarono ad approfondire insieme le ragioni religiose, culturali e politiche del loro intransigente e attivo rifiuto del nazismo, che ai loro occhi incarnava brutalmente il decadimento più spaventoso dello spirito e la perversione più satanica che la storia conosca, tale da innalzare il male addirittura a simbolo del bene e a suo segnale luminoso. La tragedia del popolo tedesco consiste proprio nell’aver ceduto a una simile mostruosità, consegnandogli la sua stessa anima.
In questo gruppo spicca la figura di Sophie Scholl, ventunenne iscritta a biologia e filosofia. È una splendida ballerina, vive di musica e poesia, disegna molto bene. Scopre che l’autore del primo volantino è suo fratello Hans e da quel momento si butta anch’essa nella rischiosissima impresa. È segretamente innamorata di Alex, ma riserva al futuro ogni decisione. L’exploit delle armate naziste nella primavera del 1940 la inquieta fortemente e scrive ad un amico ufficiale: «Dobbiamo per forza occuparci di politica. Finché la politica è confusa e malvagia, è da vigliacchi tirarsi indietro… Bisogna essere pronti a offrirsi totalmente per una causa giusta». Due giorni prima di essere presa, confida ad un pittore qual è la missione sua e del suo gruppo: «Cadono così tanti uomini per questo regime, è ora che qualcuno cada perché è contro».
«Uno alla fine deve pur incominciare», rispose Sophie Scholl, davanti al cosiddetto tribunale del popolo, a chi le domandava che cosa mai l’avesse spinta all’azione. Ebbene, in quelle semplici sublimi parole sta la ragione per cui in ogni tempo, a ogni giovane che si apra alla vita dello spirito è data la possibilità di sfuggire al pericolo mortale della viltà, del conformismo, dell’indifferenza. Oggi grazie alla biografia, «Sophie Scholl e la Rosa Bianca», di Paolo Ghezzi, lo storico italiano di quel movimento, appena pubblicata dalla Morcelliana di Brescia, la grandezza straordinaria di quella giovane e dei suoi amici ci è rivelata appieno: la lettura di quel libro ci farà partecipi di un mondo che può ben illuminare il nostro e quello dei nostri figli e nipoti.
La testimonianza della Rosa Bianca si inscrive – come ha ben detto Romano Guardini – nell’ordine della nobiltà interiore, di ciò che proviene dalle sorgenti del cuore e dalla profondità dello spirito. Essa assurge a simbolo della rivolta cristiana al neopaganesimo perché ciò che quei giovani fecero lo fecero per l’onore del nome cristiano, per l’onore del popolo tedesco e dell’umanità.
Giornale di Brescia, 2 aprile 2003. Articolo scritto in occasione dell’incontro promosso dalla Ccdc con Paolo Ghezzi e Michele Nicoletti su “Sophie Scholl e la Rosa Bianca, il fiore della Resistenza tedesca contro il nazismo”.