Giornale di Brescia, 27 febbraio 2010
Coniugare lo studio con la spiritualità. Ridare una motivazione all’esercizio accademico e alimentare l’impulso creativo che s’annida in ciascuno di noi.
Elmar Salmann, monaco benedettino e professore di teologia sistematica (al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e alla Pontificia Università Gregoriana a Roma), in quel «laboratorio dell’anima» che è il convento ha percorso innumerevoli volte le vie della ricerca e condiviso l’anelito alla verità. Eppure sorprende la sua capacità di trasmettere, in maniera semplice e lieve, insegnamenti tanto profondi da indurre anche il lettore svogliato a riesaminare il suo atteggiamento verso la dimensione del testuale. Ossia per un «oggetto» che diventa «soggetto» ai nostri occhi nel momento in cui ci accostiamo ad esso, in un gioco di distacco-coinvolgimento che caratterizza ogni esperienza di relazione con l’autore. L’ha spiegato ieri lo studioso, intervenuto all’Università Cattolica sul tema: «Legere e intellegere: la palestra del lavoro intellettuale», in occasione dell’uscita del suo «Scienza e spiritualità. Affinità elettive» (2° volume della collana di formazione per universitari), per un incontro promosso da Ccdc col Centro pastorale dell’Ateneo e Fuci.
Come vive l’intellettuale nelle «condizioni della post-modernità»? È la domanda da cui partire, come se si attaccasse con un «aperitivo» o una «ouverture divertente» per passare a una «sinfonia seria». «Indispensabile è la gioia di imparare, l’allegria della mente, come diceva Agostino – osserva lo studioso -. Senza lo slancio vitale non si combina niente; occorre una musicalità, una coloritura, una consonanza nelle cose che ci riescono».
L’uomo dei nostri tempi è affetto da una «strana contraddizione»: oscilla tra «illuminismo e depressività», consapevolezza della contingenza e fiducia nelle possibilità sconfinate della tecnica. Ma, fortunatamente, esiste «la benedizione del limite». «Il 98% della realtà ci sfugge – rileva padre Elmar -. Devo definire, trovare il focus del mio lavoro, il baricentro che anima tutto, benedicendo la mia finitezza». Inutile disperdere le proprie energie in mille rivoli. Meglio scegliere «due o tre vie» e intraprendere soltanto quelle, fino ad «entrare nelle viscere, nell’intimità del sapere».
Salmann propone anche alcuni metodi concreti per leggere, studiare, insegnare, fare autocritica sui propri scritti. Si tratta – sostiene – di «stabilire rapporti di colloquialità tra mondi che si sono scontrati»; di adottare diverse chiavi interpretative per comprendere argomenti e autori; di non rinnegare, anche, una certa «ambivalenza», che fa parte del nostro modo di valutare, intendere, sentire.
È importante, poi, saper individuare lungo la strada un proprio stile, ma «senza enfatizzare un punto determinato», che magari richiama «l’infelicità priva di desiderio».
L’appendice del saggio di Salmann su «La magia della lettura» offre una riflessione che parte dalla Bibbia per giungere a considerazioni sulla lettura come processo creativo, sulle modalità con cui affrontare un testo e sui segreti del leggere.
«Anche Gesù era un lettore – conclude padre Elmar -. Nella sinagoga di Nazareth legge la Bibbia e rintraccia nel testo del profeta Isaia il segreto della sua missione. È l’archetipo di una situazione e di qualcuno che trova nel leggere la sua vocazione e il suo destino».