“Lezioni di filosofia. Pensatori del Novecento” è il ciclo di incontri promosso dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, che si terrà nella Sala Bevilacqua di via Pace n.10 a Brescia oggi, il 16 e 23 aprile. Gli autori indagati sono Heidegger, Wittgenstein e Blondel. Si inizia alle ore 18 odierne con il prof. Carlo Angelino, docente di estetica all’Università di Genova. Pubblichiamo un contributo introduttivo del prof. Luca Ghisleri, docente di Ermeneutica nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Piemonte Orientale.
Martin Heidegger (1889-1976) è spesso indicato come il “fondatore” della filosofia ermeneutica, una corrente di pensiero che, attenta in particolare alla dimensione interpretativa del nostro rapporto con la realtà, ha connotato molta parte della speculazione novecentesca e continua, del resto, ad innervare il dibattito teorico attuale.
L’originalità di Heidegger consiste nell’estrema radicalità con cui egli esprime l’esigenza di ripensare la nozione fondamentale del problema filosofico, quella di ‘essere’. Per condurre tale indagine appare centrale il ruolo di chi pone la domanda riguardante il senso dell’essere e cioè l’uomo, denominato “esserci”, un ente caratterizzato da temporalità e mortalità, che si trova sempre gettato in una situazione storica particolare e che, a partire da questa e dai significati che in essa si dischiudono, progetta la propria esistenza aprendosi al mondo e agli altri. Essere e tempo, l’opera che affronta queste tematiche e che anche contro le intenzioni dello stesso Heidegger costituirà una delle principali fonti dell’esistenzialismo, doveva terminare con una parte relativa alla questione generale dell’essere, che però non fu mai scritta, perché egli si scontrò con i limiti del linguaggio della metafisica, dominato dal modello della ‘semplice presenza’, che riduce l’essere all’ente, all’oggetto manipolabile, dimenticando la differenza (ontologica) fra essi.
Dopo la cosiddetta ‘svolta’, nella seconda fase della sua riflessione Heidegger ripercorrerà così la storia della metafisica occidentale leggendola in chiave nichilistica proprio perché connotata da tale oblio della differenza ontologica che, sorto con Platone, culmina nel dominio moderno e contemporaneo della scienza e della tecnica. In un’epoca dominata dal primato del soggetto e dal pensiero calcolante si tratta allora di rimettersi in ascolto dell’essere che si rivela nel linguaggio. L’oblio dell’essere è superato infatti mediante un pensiero rammemorante e interpretativo che intende il linguaggio come “casa dell’essere” (espressione contenuta nella Lettera sull’umanismo) e cioè non come un mero strumento del pensiero stesso, ma come l’orizzonte storico e l’ambiente comune all’interno del quale si dischiude la nostra esperienza del mondo. In particolare il linguaggio dei grandi poeti con il suo potere evocativo è il modello di un linguaggio che non oggettiva l’essere ma che lo rivela nel suo nascondimento.
E proprio la questione del linguaggio pone in relazione Heidegger con il coetaneo filosofo viennese Ludwig Wittgenstein, che nelle due distinte fasi del suo pensiero riflette prima sul linguaggio scientifico, considerandolo l’unico dotato di senso, sostenendo però anche che riguardo ad aspetti essenziali della vita come l’arte, l’etica e la religione “si debba tacere”, proponendo così rispetto al riferimento heideggeriano al linguaggio poetico una soluzione diversa (quella del silenzio “mistico”) allo stesso problema rappresentato dal dominio della scienza. Il “secondo” Wittgentein indaga poi il linguaggio comune, all’interno del quale il significato delle parole si basa su ben determinate regole d’uso, che caratterizzano i cosiddetti ‘giochi linguistici’ (quali, ad esempio, dare ordini recitare o anche pregare). Essi si radicano in particolari forme di vita e sono sempre il frutto di precisi contesti storici e comunitari, secondo una prospettiva vicina a quella della concezione ermeneutica heideggeriana. E proprio l’indagine dei rapporti di analogia e di differenza tra Heidegger e Wittgentein a proposito in particolare di temi essenziali quali sono quelli dell’essere e del linguaggio può contribuire a comprendere meglio il pensiero del Novecento e quindi anche il presente in cui viviamo.
Giornale di Brescia, 9.4.2010