Brescia: o sei Social o sei out!

Un dato su tutti: su 300 giovani del Liceo Calini di Brescia che hanno partecipato all’incontro con Adriano Fabris, docente di Filosofia Morale all’Università di Pisa, solo una decina non utilizzavano Facebook e gli altri strumenti a disposizione dei moderni internauti. Viviamo in un mondo in piena rivoluzione telematica. Noi giovani utilizziamo con facilità internet e qualsiasi tipo di cellulare. Ci colleghiamo, ci scambiamo messaggi, informazioni, foto, filmati. I social network sono diventati una piazza virtuale nella quale incontrarsi, conoscersi, interagire. La riprova, l’abbiamo avuta ieri, all’incontro dal tema: “Siamo tutti indifferenti? La relazione nell’epoca del social network”.
 

Professor Fabris in che mondo viviamo noi giovani?
“Vivete in un’epoca in cui sempre di più, rispetto al passato, si rompono i rapporti con le cose con cui abbiamo a che fare ogni giorno, si spezzetano gli ambiti che ci piace conoscere e si privilegia il dettaglio isolato a discapito del quadro d’insieme, generale. Prendiamo come esempio la realtà virtuale che noi tutti conosciamo e che ci accompagna nelle nostre relazioni quotidiane, sul lavoro e a casa: nelle chat o nei social network siamo degli individui isolati, cerchiamo di raccordarci a altri individui isolati anch’essi, che fanno uso dei nostri strumenti di connessione. Ma rispetto a questa realtà tanto parcellizzata si impone un cambiamento di rotta. Bisogna cambiare mentalità per evitare di essere vittime di una sindrome da isolamento e da controllo. Bisogna ripartire dalla relazione. Potremmo dire: IN PRINCIPIO E’ LA RELAZIONE!”

In alcune circostanze si ha come l’impressione che il relazionarsi con gli strumenti dei social network ci faccia perdere qualcosa di estremamente importante…
“Ha ragione. Il problema di fondo é che tutto diventa meccanicistico, semplice e che nella relazione con l’altro attraverso gli strumenti telematici spesso manca un aspetto importantissimo per gli esseri umani: quello della MOTIVAZIONE o che possiamo definire anche del COINVOLGIMENTO. Il coinvolgimento, la passione, sono alla base del nostro agire e delle nostre scelte quotidiane e non si possono definire solo dal punto di vista psicologico o motivazionale ma considerandolo come qualcosa di strutturale: come ciò senza cui, in altre parole, non si ha una RELAZIONE”.

Altro tema che lei tratta é quel senso di vuoto, di nichilismo, proprio delle nuove generazioni frutto anche della relazione con la macchina. I giovani come utenti, con un’identità digitale, ma con un senso di angoscia…
“Ciò di cui lei sta parlando é il cuore del mio lavoro di quella TeorEtica che sto elaborando. Oggi si parla tanto di nichilismo e questo fenomeno é una componente fondamentale che contraddistingue il nostro presente e incide sulla nostra mentalità e sul modo in cui, in generale, guardiamo al mondo e alle cose (accanto ad altri elementi altrettanto incisivi come l’emergere dei fondamentalismi e la tentazione di abbandonarsi ai processi tecnologici). Nichilismo oggi per i giovani significa indifferenza verso i temi della morale e dell’etica e soprattutto indifferenza di fronte a tutte le questioni che possono riguardare scelte fondamentali per la nostra vita. Perché tutto é nulla. E ciò significa: tutto é insensato, nulla ha senso”.

Quindi, professore, lei dice, che noi giovani viviamo oggi nell’età del nichilismo?
“Sì. Viviamo nell’età del nichilismo inteso come età dell’indifferenza. E così il rischio per i giovani é quello di sperimentare l’isolamento, l’esasperazione del dettaglio, la perdita delle relazioni. Tutti questi rischi contraddistinguono il pensare di voi giovani nel mondo contemporaneo”.

Lei pone un altro tema: quello del legame tra teoria e etica.
“E’ un legame da analizzare. E’ il rapporto tra una struttura riconosciuta come struttura buona e l’opportunità voluta di realizzarla nell’azione concreta. In altre parole agire é essere in relazione e la relazione buona, positiva quella che fa nascere altre relazioni; una relazione che diventa azione qui e ora, che si fa coinvolgimento. Che si compie nella relazione tra ciò che mi coinvolge e il mio essere che ne é coinvolto: fra ciò che dà senso al mio agire, riconosciuto come buono e positivo, e il mio agire legittimato come buono e pieno di senso. E così comprendiamo anche che il nichilismo di cui parlavo prima deriva dall’arbitraria separazione, dall’ingiustificato isolamento, di ciò che invece ha un senso solo nel rapporto. Recuperare questo rapporto, sostenere ciò che IN PRINCIPIO E’ LA RELAZIONE, significa rendere possibile il coinvolgimento, il reciproco legame”.

Pubblicato su:

BresciaDomani.net
Giovani News Quotidiane