BRESCIA, CONTRADA DEL CARMINE, 16
Io Alessandro Gentilini, nato il 26.8.1916 a Lonato (Brescia), non sono solo un numero, l’115530, come mi hanno chiamato a Mauthausen, per “ motivi precauzionali”; sono un uomo che la Storia non può e non deve dimenticare. Le mie fattezze, purtroppo possono essere ricavate solo dalla Häftling-personal-karte, mi definiscono alto m.1.75, di media corporatura. Nel mio viso ovale, spiccano occhi marroni, un naso dritto, bocca e orecchie normali. Probabilmente sono stato sottoposto ad una visita accurata, tanto é vero che i miei denti sono stati definiti buoni. Ho avuto due figli: Liliana e Odoardo. Quando sono stato deportato, Liliana aveva tre anni e Odoardo soltanto due. Oggi, di me, mio figlio ha soltanto un ritratto, infatti io non sono più tornato a casa da quel 6.6.1944, quando sono stato arrestato, in quanto partigiano. Quel giorno era il compleanno di mia moglie ed ero uscito a comprare i casoncelli per festeggiare, ma sono stato catturato. Sono stato deportato, attraverso la polizia di sicurezza di Verona, controllata da Eichmann e lascio a voi immaginare le barbarie nel campo di Gusen, in cui mi trovavo. Sul mio documento, invece, chiunque può leggervi: ”punizioni nel campo”, con la “motivazione, il tipo, e varie annotazioni” lasciate in bianco. L’elevato tasso di mortalità dei prigionieri presenti nel campo lascia intravedere le durissime condizioni di vita e di lavoro dei deportati. Infatti ho trascorso un breve periodo in ospedale e, dato che i miei figli hanno avuto la pensione come orfani di guerra, si può ipotizzare che i miei giorni siano finiti in una camera a gas. Non solo ricordate il nome del “fabbro” Alessandro Gentilini, ma quello di tutti coloro che spesso la Storia ufficiale dimentica.