Bresciaoggi, 25 maggio 2022
Il pluripremiato cardinale del Centrafrica Dieudonné Nzapalainga è a Brescia oggi per un incontro-dialogo con il giornalista Claudio Baroni che prenderà le mosse dal libro di imminente pubblicazione del religioso: «La mia lotta per la pace. A mani nude contro la guerra in Centrafrica». L’incontro si terrà nella Sala Bevilacqua di via Pace 10 alle 18.30.È un mondo, il nostro, pieno di voci. Un mondo inquieto, attorcigliato e quasi strozzato da un groviglio di ovatta fitto di voci, opinioni, idee tutte quante ammassate insieme nella loro difformità: una piccola biglia soffocata da flutti opposti e continui. Ma c’è chi nasce con un dono speciale, il dono della mediazione. Il superpotere del secolo. C’è chi lo sviluppa lungo il corso della vita e chi, invece, ne è, per nascita, il frutto diretto. È questo il caso dell’arcivescovo di Bangui, il cardinale Dieudonné Nzapalainga, figlio dell’unione mista – e profetica – di un padre cattolico e una madre diaconessa e anabattista. Tutta la sua esistenza non è altro che il dispiegarsi, in maniera più solenne e completa, di tale premessa. È nel 2013, quando scoppia una sanguinosa guerra civile che colpisce al cuore il fulcro del suo episcopato, che il destino inizia ad andargli incontro. Insieme ad un imam e a un pastore protestante tenta, nel bel mezzo dei disordini civili, un’impresa audace: la costituzione di una Piattaforma delle confessioni religiose il cui scopo sia quello di incoraggiare a favorire il dialogo e l’incontro. Coriandoli che aleggiano sulla guerra, una colomba che plana sui soprusi. Un grande e forte cerotto di fede. Le mani di Dieudonné hanno interrotto omicidi forsennati, hanno recuperato cadaveri che nessuno aveva il coraggio di recuperare, sono state incatenate a causa di un arresto reo di volerle fermare, insieme alle minacce che ogni giorno subivano. Ma quelle mani hanno saputo anche avvolgersi amorevolmente attorno ad altre di fede opposta e contraria, applicando il talento di mediazione che fin dal principio appartiene loro. Tutto in nome della pace. Tutto grazie al coraggio del cardinale più giovane al mondo. L’idea della Piattaforma delle confessioni religiose in Centrafrica ha avuto origine «il 15 dicembre 2012, quando si verificarono degli attacchi e delle violenze contro preti e suore cattoliche nell’ovest del Paese. Quel giorno il responsabile dell’islam in Centrafrica, così come l’imam a capo dei fedeli islamici, vennero a trovarmi per dirmi che erano nettamente contrari a quella violenza e che dovevamo impegnarci per far sì che le religioni non venissero strumentalizzate nella guerra e dalla politica. Personalmente, ho ospitato per sei mesi il capo dei musulmani a casa mia, sfollato dalla sua, per dare testimonianza concreta che siamo tutti fratelli, come Cristo ci ha insegnato. Quando visitavamo insieme i villaggi, noi tre capi religiosi, mi sono trovato davanti alcuni cristiani, anche molto accesi, che mi dicevano: “tu dici tanto di non odiare gli altri, ma guarda cosa hanno fatto a quei cattolici, a quei preti e quelle suore!” Ma io ho continuato a insistere nel ripetere che no, la violenza non è la strada giusta.Per quanto riguarda il funzionamento della Piattaforma, «ad esempio, in un villaggio raduniamo le persone, tutte, cattolici, musulmani e protestanti. E chiediamo: cosa dice il Corano sul perdono? Cosa dice la Bibbia sul perdono? E andiamo a leggere i testi sacri e istruiamo la gente. ci sono stati dei momenti in cui la morte mi è proprio passata accanto. Mi hanno puntato il fucile addosso urlandomi “adesso ti facciamo fuori”. Hanno sparato sulla mia macchina e hanno ucciso chi stava seduto al mio fianco. Tutta questa morte che mi ha lambito mi ha fatto capire che la nostra vita è autentica solo quando non pensiamo di salvare noi stessi ma di donarci agli altri. Io cerco di essere un discepolo di Gesù, con libertà mi affido al Signore. Sennò vivrei costantemente nella paura. Invece cerco di vivere provando a dare fiducia agli altri». L’imperativo: «Dobbiamo a tutti i costi rifiutare la strumentalizzazione delle religioni da parte della politica. Penso che chi regge i fili di tante guerre che si svolgono in Africa si trovi in Europa, perché dietro a conflitti e scontri vi è chi vuole acquistare diamanti e oro, o mettere le mani su giacimenti di gas e altre materie prime. Esistono indubbiamente interessi di mercato molto vasti. Bisogna far sì che il rispetto della dignità di ogni persona umana sia il valore principale nella scena politica. Perché si arrivi a questo c’è bisogno di un buon governo, nell’interesse del popolo, senza lasciare campo libero in maniera assoluta a interessi privati».In Italia si discute molto sull’invio di armi agli ucraini: per qualcuno bisogna sostenere la loro necessità di difendersi, per altri così facendo si acuisce il conflitto. «Dico sempre che sono contro la guerra e che da cristiano ho ben chiara la posizione di Gesù, che nell’orto degli ulivi invita Pietro, di fronte alla violenza di quanti lo arrestano, a “rimettere la spada nel fodero” perché “chi ferisce di spada, perisce di spada” – rammenta il cardinale -. Noi sappiamo che le armi portano nuova morte e nuova distruzione. Penso che il vero tema non sia mandare più armi ma domandarsi veramente sul modo in cui disarmare chi è già armato. Mi chiedo, guardando la guerra dall’Africa: dove sono gli europei mediatori di pace? Dobbiamo parlare al cuore di chi è armato. Credo che questi nuovi mediatori di pace debbano andare in televisione, per superare lo schema manicheo e diabolico di contrapporre gli uni contro gli altri, senza via di uscita»..