Corriere della Sera, 11 ottobre 2022
Domani alle ore 18,00 nella sala Bevilacqua di via Pace 10 a Brescia Gaël Giraud, economista e gesuita francese, direttore del Centro per la giustizia ambientale della Georgetown University di Washington, parlerà sul tema “La transizione ecologica: utopia o progetto?”, rispondendo alle domande di Enrico Minelli, professore di Economia Politica nell’Università di Brescia. L’incontro è promosso dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, Libreria Editrice Vaticana, Acli provinciali di Brescia.
È facile perdersi nel vortice di riflessioni provocatorie de La rivoluzione dolce della transizione ecologica. Come costruire un futuro possibile (Libreria Editrice Vaticana, 2002), del filosofo ed economista matematico Gael Giraud. L’attenzione del pensatore gesuita, noto sia in Francia che in Italia anche per il suo Transizione ecologica del 2015, procede a tratti impetuosa, torrentizia, tra temi molto diversi e di enorme complessità. La sua nuova opera, raccolta di appassionati interventi pubblici, risuona come un vibrante atto d’accusa verso il capitalismo e delle sue iniquità. Un’appassionata critica del dominio della finanza sull’economia reale, cementata da un altrettanto abrasivo attacco agli economisti e ai governanti catturati dal fascino del profitto e dalla promessa efficientista del libero mercato.
La prima parte del libro snocciola una requisitoria contro il paradigma neoclassico dell’economia e la sua egemonia nella regolazione dei mercati finanziari. L’autore attacca la visione astratta e astorica del funzionamento dei mercati, che ha in molteplici occasioni alimentato un approccio minimalista e “laissez faire” nella regolazione dei mercati stessi e delle istituzioni finanziarie. In alcuni passaggi le argomentazioni di Giraud appaiono però non troppo fondate; in particolare, risulta forzata l’assimilazione della teoria economica contemporanea con il pensiero neoclassico. La ricerca degli ultimi trent’anni ha rivoluzionato la struttura dei modelli macroeconomici, che oggi prevedono ruoli espliciti per debito, default, capitale naturale, asimmetrie informative e frizioni, quindi alterando profondamente le indicazioni di questi modelli per la regolamentazione dei mercati e le politiche di stabilizzazione.
Giraud sembra invece maggiormente nel giusto quando ritiene molto discutibile la rilevanza concreta di assunti come le aspettative razionali e dell’idea neoclassica che i mercati abbiano una tendenza fisiologica a mantenere equilibrio ed efficienza allocativa, uno stato stazionario perturbato solo di rado da shocks idiosincratici, essenzialmente inspiegabili all’interno del paradigma. In realtà è il principio di piena razionalità degli agenti economici a motivare l’attrazione del sistema verso lo stato stazionario.
Il futuro possibile secondo Giraud è in un rigetto delle logiche produttiviste e liberiste e in una rifondazione dei rapporti tra le persone ispirata a reciprocità, fiducia, dono disinteressato, e nella cura dei beni comuni anziché della proprietà privata. Posizione tra le più radicali del panorama filosofico – Giraud arriva a proporre di riconsiderare il divieto di prestito ad interesse – più di quelle della Laudato si’ di Jorge Mario Bergoglio. Per fortuna non manca la dolcezza annunciata nel titolo, sebbene confinata all’ultima parte del volume, dedicata alla prospettiva di compassione e speranza della soluzione cattolica ai problemi del Pianeta. Quindi, la prospettiva ineludibile della transizione ecologica diviene trasformazione etica, “potrebbe rappresentare, almeno sino alla fine di questo secolo, il vero progetto collettivo di cui le nostre società postmoderne soffrono così crudelmente la mancanza. Un’utopia alternativa che, passando per l’attenzione ai gesti quotidiani, è in grado di rispettare la dimensione sapienziale rivelata dalla disaffezione postmoderna per i grandi programmi di azione profetica, ma un’utopia che, esigendo la collaborazione di tutti, a tutti i livelli della società, è davvero in grado di ridare significato alla comunità in quanto tale.”
Carmine Trecroci, Università di Brescia