Avvenire, 22 febbraio 2023
Tre donne di paesi nemici, alleate nella battaglia nonviolenta per trovare una via d’uscita all’orrore di un anno di guerra. Kateryna Lanko, del Movimento pacifista ucraino, la russa Darya Berg di Go by the forest, la bielorussa Olga Karach di Our House sono a Roma su invito del Movimento Nonviolento per la campagna di obiezione alla guerra. Un tour organizzato nell’ambito delle mobilitazioni del cartello Europe for peace, per l’anniversario dell’invasione. Dopo Roma, saranno a Modena, Ferrara, Verona, Milano per finire a Brescia domenica.
«Il nome della nostra ong, Go by the forestspiega Darya Berg – in russo è un insulto, “Vai a… quel paese”, rivolto al nostro governo, ma anche un invito ai nostri soldati a nascondersi, obiettare, disertare. Aiutiamo chi non vuole combattere. Ci scrivono su Telegram, diamo assistenza legale, aiuto per trovare asilo e espatriare. Sabotiamo la chiamata alle armi, perché meno persone possibili premano il grilletto per Putin», dice Darya. «Io sto molto male – dice – perché gli ucraini soffrono a causa nostra. Da San Pietroburgo sono fuggita in Georgia. In tantissimi siamo scappati: un milione, forse due. Dopo la prima mobilitazione abbiamo aiutato 40 mila persone a nascondersi in Kazakistan, Armenia, Georgia. L’Europa ancora non riconosce il diritto di asilo. I russi all’inizio hanno creduto alla propaganda invasiva, sui media e sui social. Ma ora cominciano a essere stanchi della guerra, non vogliono morire o uccidere per Putin. Tutto è rincarato, ma le sanzioni colpiscono prima di tutto la povera gente, che non capisce che sono contro il governo, e se la prende con l’Europa avallando la propaganda del Cremlino. Confesso che non credo in un cambiamento al vertice, Putin è ancora forte e lo sarà per i prossimi anni. Agli ucraini dico: siete coraggiosi, sappiate che molti russi vogliono la pace. Collaboriamo per fermare la guerra».
Kateryna è di Kiev . Il 5 novembre a Roma da un grande schermo parlò ai 100 mila della manifestazione per la pace. «Non voglio vivere tra persone che uccidono, ma se non lo fai ti vengono a prendere». Mostra sul telefono i video che arrivano al Movimento pacifista ucraino: soldati che trascinano fuori di casa un uomo, ne strattonano un altro che si aggrappa a un cartello stradale: «Non sappiamo quanti sono gli obiettori e disertori arrestati, li spediscono direttamente in battaglia. Tanti ucraini vorrebbero aiutare il paese, ma non con la violenza. C’è da aiutare gli anziani, chi ha perso la casa, ma non ci sono alternative all’arruolamento». L’Ucraina prevedeva l’obiezione di coscienza solo per motivi religiosi di 10 confessioni.
Non altre e non per motivi etici. Nel 2019 erano state 313 le condanne, 152 nel 2021. Poi la legge marziale ha sospeso anche quel limitato diritto a obiettare. «Abbiamo presentato ricorso contro la condanna del primo obiettore in guerra, Vitaly Alekseienko, cristiano evangelico del Donetsk. Ma almeno altri 200 sono a rischio. All’inizio il popolo ucraino era molto unito, ora che molti tornano dal fronte e raccontano cose orribili, la propaganda eroica del governo arranca. La gente è stanca, vuole che la guerra finisca il prima possibile, in un modo o nell’altro».
Olga Karach è una giornalista e attivista politica bielorussa, fondatrice di Our hous nel 2002, primo giornale autoprodotto per la difesa dei diritti umani. Nel 2010 arrivano arresti e multe. Ora Our House è impegnato a convincere i giovani – e le madri e le mogli a sfuggire al reclutamento. «L’esercito bielorusso finora non è direttamente coinvolto nella guerra. Ma obiettori e disertori sono incarcerati. Più di 20 mila giovani hanno cercato rifugio all’estero. Lukashenko è il più solido alleato di Putin, ma se i suoi cittadini rifiutano di partecipare alla guerra, si spera che questo demoralizzi le narrazioni nazionaliste anche in Russia. Dite no a chi vi chiede di partecipare a una guerra che viola il diritto internazionale e causa morte e distruzione. Sei un eroe se ti opponi, non se diventi un soldato».