Voce del Popolo, 20 aprile 2023
Ci sono episodi nascosti da portare alla luce, che resistono al tempo e che sanno essere attuali dopo 80 anni, o quasi. È il caso di quelli narrati da I giorni della libertà. Storie di chi ha combattuto per l’Italia, il libro che Alessandro Milan ha pubblicato tre mesi fa per Mondadori e che verrà presentato a Brescia sabato 29 aprile alle ore 18 alla Cascina Parco Gallo (via Corfù 100 a Brescia) su iniziativa della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, Fiamme Verdi, ANPI, ACLI provinciali di Brescia in collaborazione con Cieli Vibranti. Nell’occasione Alessandro Milan dialogherà con Roberto Tagliani, Presidente nazionale Federazione Italiana Volontari della Libertà.
“Ho voluto raccontare di persone semplici, che non finiranno nei libri di storia ma che hanno fatto la storia: un operaio col figlio, una portinaia con la figlia, un impiegato del Corriere della Sera e sua moglie”, spiega. L’incontro con questa pagina di storia per il giornalista di Radio24 è casuale. Un giorno, camminando per Milano, si è imbattuto in una pietra d’inciampo; incuriosito è entrato nel cortile del palazzo, ha parlato con il portinaio e ha sentito il dovere di saperne di più. Dalla consultazione degli archivi e dall’incontro con i testimoni o i loro eredi è emerso un interessante affresco della resistenza milanese dall’ottobre del 1942 al dicembre del ‘44. Le vicende, circoscritte nel raggio di un quartiere milanese, sono accomunate dalla “scelta di combattere per la libertà, maturata anche dopo l’8 settembre 1943, quando era più comodo attendere lo sviluppo degli eventi senza mettersi a rischio. Per alcuni dei protagonisti lottare per la libertà ha infatti significato sacrificare la propria vita”.
Un argomento che solo apparentemente sembra lontano: “Il mese scorso ha chiamato in radio un’ascoltatrice dicendo che suo nonno e suo papà erano stati fascisti e che ciononostante erano brave persone. L’attualità del tema sta proprio qui: noi italiani non abbiamo mai fatto i conti definitivamente con questa pagina di storia, nel dopoguerra volevamo solo andare avanti. Prendere atto di quel che è stato significa invece accettare che il proprio nonno o il proprio padre abbiano sbagliato; si tratta di un percorso doloroso e intimo. Invece siamo ancora qui a dire che Mussolini ha fatto anche cose buone, che i cattivi c’erano anche dall’altra parte, e una serie di frasi generiche di questo tipo che assolvono coloro che sono stati fascisti. L’attualità sta in questo rischio di annacquare le cose, nel non ammettere che c’era chi ha lottato per libertà e chi invece la voleva reprimere”.
Chi in Italia conosce, tanto per fare un esempio, la strage all’interno del villaggio conventuale di Debra Libanòs, perpetrata nel maggio 1937 dalle truppe coloniali italiane per ordine del viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani, dove le mitragliatrici falciarono 449 diaconi, monaci e religiosi, con l’intento di piegare definitivamente la chiesa copta e la classe dirigente etiopica?
Di queste vergogne non se ne parla mai a ed è per questo motivo che i promotori, lo stesso sabato, hanno programmato un incontro con gli studenti all’Istituto Fortunity che vedrà, insieme ad Alessandro Milan e Roberto Tagliani, anche la significativa presenza del dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale di Brescia Giuseppe Alfredo Bonelli.
Vale la pena di riportare le parole che il Premio Nobel per la letteratura Aleksandr Solženicyn ha scritto per la Russia, ma che valgono anche per noi: “Non si può continuare per decenni a non distinguere cosa sia l’efferatezza che va processata e cosa sia il passato che non bisogna rinvangare! Dobbiamo condannare pubblicamente l’idea stessa della repressione compiuta da singoli individui sui loro simili! Tacendo sul vizio, ricacciandolo nel corpo perché non si riaffacci, noi lo seminiamo, e in futuro germinerà moltiplicato per mille”. Parole, purtroppo, quanto mai profetiche.