Il Cittadino, 22 settembre 1963. Testo pronunciato il 15 settembre 1963 in occasione del convegno politico-ideologico organizzato dalla segreteria della D.C. in preparazione del congresso provinciale.
Il Saluto del vice-segretario
È seguita la relazione del prof. Matteo Perrini vice-segretario provinciale. Il prof. Perrini prima di iniziare la sua relazione ha voluto ringraziare gli amici dicendo:
Il clima di elevazione religiosa e di rigore morale in cui ci ha posti la parola di Padre Balducci, il programma particolarmente intenso del Convegno e, soprattutto, il senso di rispetto per la serietà dei presenti, mi invita a ridurre al minimo indispensabile i convenevoli iniziali. Ringrazio il Padre Rettore del “Franciscanum”, che ci ospita in questa sede calorosa e accogliente in cui la SPES quest’anno ha deciso opportunamente di tenere il suo annuale Convengo di studio per permettere una più larga partecipazione agli amici della città e della provincia. Rivolgo a tutti i presenti il più cordiale benvenuto; un saluto particolarmente affettuoso mi sia consentito rivolgerlo ai più giovani, la cui presenza oggi è motivo di grande speranza ed è monito per tutti a non deluderne le attese, a uscire dall’indeterminazione, a lasciar cadere la cortina fumogena delle parole ambigue, per attingere finalmente il piano delle idee, dei problemi reali, degli indirizzi di fondo che non possono essere alternativamente assunti e abbandonati.
Esprimo il più sincero ringraziamento a coloro che si sono occupati con tanto impegno dell’organizzazione del Convegno ed in modo particolare al dr. Padula, al dr. Camadini e agli amici degli uffici di via Tosio. Grazie vivissime anche agli amici Sora, Onger, Tinelli, Cattaneo, Colombi, Fontana che hanno approntato le loro comunicazioni scritte per il Convegno: le comunicazioni saranno, subito dopo il Congresso, pubblicate sul Cittadino e ampiamente diffuse.
La parziale coincidenza della data di questo Convegno di studio con quello che si sta svolgendo a San Pellegrino Terme ha reso estremamente difficile reperire relatori disposti a optare per Brescia: per questo sono personalmente riconoscente a Padre Balducci, al dott. Tommaso Morlino, al dott. Pietro Bssetti e al carissimo on. De Zan, i quali hanno accettato di parlare a noi e si son visti assegnare temi, ognuno dei quali basterebbe ad esaurire un convegno.
Dopo i ringraziamenti una precisazione, per quanto riguarda il significato e gli scopi del Convegno. Il Convegno quest’anno si presenta anche con carattere di premessa al Congresso provinciale che si terrà a distanza ravvicinata; nondimeno non è la scadenza, per quanto importante, la ragione del Convegno. Un Convegno a livello di cultura politica è necessario sempre alla D.C., se è vero che la D.C. deve consultarsi con sé stessa per trovare le ragioni ideologiche delle sue scelte politiche. In questa breve pausa riflessiva, ci proponiamo di dare un’occhiata all’immenso retroterra di eredità storiche, di valori morali, di problematiche concrete che stanno dietro il nostro lavoro e che occorre aver presenti perché esso abbia un respiro adeguato.
Se il Convegno farà sì che si parta dal “Franciscanum” con una maggior consapevolezza della fisionomia propria originale della D.C. e delle prospettive di rinnovamento civile che la D.C. oggi propone al Paese; se ci saremo messi di fronte alle difficoltà dei maggiori problemi che gravano ora sulla nostra responsabilità; se la riflessione ci avrà liberato da qualche mito di comodo e ci avrà insegnato a non mascherare le nostre insufficienze; se questo potremo ottenere, almeno in parte, potremo dire che il Convegno avrà raggiunto il suo scopo.
Il prof. Perrini ha quindi parlato sul tema: “il rinnovamento ideologico del partito”.
Il prof. Perrini ha auspicato ampiamente nella prima parte della sua relazione un’analisi storico-critica della teoria della classe politica di Mosca e Pareto e delle attuali polemiche contro la partitocrazia.
Mentre la teoria della classe politica non è conciliabile con una concezione realistica di democrazia, aldilà dell’uso ideologico che ne fecero i loro autori, la polemica sulla partitocrazia è essenzialmente una polemica di destra, avendo di mira «l’emergere di opinioni, l’affermarsi d’interessi, l’elevarsi fino a posizioni di potere di quei ceti che fino a ieri si era abituati a considerare fuori gioco», secondo le chiare affermazioni di Moro nella relazione al congresso di Napoli. La democrazia è governo di popolo attraverso una “élite” scaturita dal popolo. La democrazia non è minacciata dalla esistenza dei partiti, ma è in grave pericolo quando le strutture interne dei partiti diventano chiuse, oligarchiche, impermeabili al ricambio, staccate dal dibattito e dall’educazione democratica.
Su questo punto la segreteria provinciale ha avviato un dialogo con i dirigenti di tutta la Provincia.
Qui, però, in sede di studio è urgente un chiaro discorso sul rinnovamento ideologico.
Distinguere religione e politica
Quando si parla di approfondimento critico e di sviluppo della ideologia politica della D.C. affinché la D.C. sia in grado di meglio servire la democrazia italiana, si deve permettere una chiarificazione dei termini, onde evitare confusioni veramente esiziali.
Nell’impegno politico è bene che si distinguano con forte rilievo tre momenti:
La visione del mondo, della storia e del destino umano a cui la D.C. si ispira è quella cristiana, ma l’ideologia politica di un partito politico come la D.C. non si identifica con la visione cristiana del mondo e neppure con le encicliche sociali della Chiesa.
Chi identifica sic et simpliciter la Weltanschauung cattolica e la dottrina sociale della Chiesa con la ideologia politica di un partito pecca ad un tempo di astrattismo e di integrismo: assai spesso ci si pone al comodo riparo dei grandi principi, perché ci si rifiuta di trasformarli in lievito della realtà storica.
È tempo di finirla con la retorica del falso programmismo sociale che svela il suo intimo conservatorismo perché rifiuta la ricerca della collaborazione con i gruppi politici che meglio rispecchiano la volontà di elevazione delle classi popolari.
L’ideologia, dicevamo, è il momento intermedio tra la concezione cristiana della vita, tra la dottrina sociale cattolica e l’azione politica. L’ideologia segna il passaggio da un piano di universalità etica e di relativa perfezione dei modelli «etico-sociali» forniti dalle encicliche ad un piano di concretezza per cui essa deve dare una risposta all’insieme dei problemi di una determinata società in un determinato Paese.
A questo punto vien fatto di chiederci in che cosa, dunque, consiste l’ideologia politica della D.C.?
E cioè: quali sono i connotati originari validi e quelli validamente acquisiti attraverso l’esperienza storica che oggi debbono caratterizzare l’azione politica della D.C.?
Quali, insomma, sono i valori, gli orientamenti etico-politici, fondamentali, per un verso, e le realtà sociologiche, per un altro, che sottendono le sintesi politiche che oggi la D.C. propone al Paese?
Le tappe fondamentali della nostra ideologia
A mio avviso, le tappe maggiori e le grandi scelte politiche che costituiscono il nocciolo della nostra ideologia politica – da Sturzo a De Gasperi, fino alle spine innovative espresse dei migliori della seconda e della terza generazione di cattolici democratici – potrebbero essere così sintetizzate:
Le prime tre tappe portano i nomi di Sturzo e di De Gasperi, le ultime due di Dossetti, di Grandi, di Vanoni per non ricordare che gli animatori più appassionati, i maestri del nostro partito ormai pervenuti all’ultima meta, oppure, ed è il caso di Dossetti, ormai lontani dalla lotta politica.
Il cammino da una tappa all’altra ha conosciuto contrasti acuti, contrapposizioni che sembravano insolubili; e, invece, in progresso di tempo, ogni nuova acquisizione si è palesata come sviluppo imprevisto, e nondimeno coerente, delle eredità positive della nostra esperienza storica: e così v’è stata novità sostanziale in una sostanziale continuità.
La D.C. non può rinunciare ad alcuno dei suoi orientamenti fondamentali, senza mutilarsi, senza snaturarsi: perderebbe l’anima e si annullerebbe come forza politica.
La presa di coscienza delle eredità storiche positive non esime, però, la D.C. dalla ricerca di una nuova sintesi politica esigita dalla situazione del Paese e delle forze politiche.
Una sintesi politica adeguata ai problemi del Paese
Il Paese ha cambiato volto, non è più prevalentemente agricolo, è fortemente industrializzato, vede espandersi enormemente i servizi terziari e soprattutto la classe operaia, con i fenomeni correlativi di fuga dalle campagne e crisi dell’agricoltura, spopolamento del Sud, urbanesimo suburbano, crescente proletarizzazione di milioni di ex-contadini, vergognosa speculazione sul costo delle case e sulle aree fabbricabili.
Il quadro diventa drammatico – e capace di risvegliarci dal sonno dogmatico e di portarci fuori dai prati fioriti delle rosee illusioni – se pensiamo che i fenomeni or ora ricordati investono milioni di cittadini, ed hanno una potente carica eversiva proprio perché si verificano in una società in cui l’opulenza si accompagna alla miseria più scandalosa, in una società in cui il miracolo economico, per quanto mirabile, non basta per nulla a sanare gli squilibri sempre crescenti di un economia essenzialmente dualista.
Se la D.C. non prende atto di questo stato di cose e non risolve con tempestività e coraggio al più presto gli angosciosi problemi posti proprio dalle modificazioni connesse allo sviluppo industriale in corso, forse la tentazione del totalitarismo di sinistra troverà ascolto: e allora sarà la fine amici, di ogni libertà, di ogni dignità.
Di qui l’urgenza della nuova sintesi politica che, in termini ideologici correnti, consiste nel concepire una politica e nel trovare le forze per attuarla, una politica appunto che insieme ordini e garantisca:
Sia però ben chiaro che se, insieme all’allargamento dell’area democratica e alla politica sociale dello sviluppo economico non impostiamo: 1) una politica di libertà, 2) di sburocratizzazione, 3) di riforma democratica dello Stato, 4) di rigida moralizzazione, 5) di effettivo controllo pubblico sulla spesa pubblica, la battaglia politica sarà ugualmente perduta perché il Paese esige da noi un’Italia pulita, una società più giusta, senza copertura alcuna di privilegi, di soprusi, di ruberie, di sprechi.
Mai come in questo momento è urgente che la D.C. si rinnovi, sappia allargarsi al nuovo, abbia fiducia in sé e operi le sue scelte senza pentimenti e ritorni verso le angustie di canali e di strettoie, da cui è già uscita.
Occorre portarsi al largo, diceva De Gasperi, al servizio di tutta la Nazione, e perciò in primo luogo al servizio dei più numerosi e dei più bisognosi.
Occorre per questa nostra D.C. tornare a sperare, a operare, a sacrificarsi con lo stesso slancio e con la stessa purezza interiore con cui proprio 20 anni fa fummo pronti a tutto, decisi a tutto per l’onore cristiano e per la libertà del popolo italiano.