Pace, diritti dell’uomo, giustizia. L’impegno del Center for Civil Liberties di Kyiv

Filippo Perrini – Grazie di essere venuti a questo incontro che è inserito all’interno del palinsesto del Festival della Pace 2024. Abbiamo l’onore di avere presente il presidente del consiglio comunale Roberto Rossini a cui fanno capo le iniziative del Festival. Questa iniziativa cade a mille giorni esatti dall’invasione russa dell’Ucraina, la nostra ospite è Oleksandra Romantsova, direttrice esecutiva del Center for Civil Liberties vincitore nel 2022 del premio Nobel per la pace insieme all’associazione russa Memorial e al Centro bielorusso per i diritti umani «Vjasna». Laureata in relazioni internazionali, Romantsova fu tra coloro che parteciparono all’iniziativa di protesta, in piazza Maidan a Kiev, contro il governo ucraino di Janukovyč e pro-unione europea. Il Centro è un’organizzazione non governativa che lavora per tutelare i diritti umani e testimoniare i crimini di guerra. La nostra Cooperativa Cattolico democratica di Cultura è da sempre sensibile a questi temi. Il primo incontro in assoluto fu effettuato in questa sala il 3 dicembre del 1976 con Jurij Mal’cev, un dissidente di Mosca, poi abbiamo ospitato anche ucraini: nel 1984 il sacerdote Iwan Dacko, nel 1987 Leonid Pljušč, nel 2014 abbiamo parlato con lo storico Simone Bellezza dell’Ucraina e nel 2022 abbiamo dialogato con Paolo Bergamaschi e Adriano Dell’Asta sulla guerra in Ucraina. Queste iniziative sono dovute al fatto che noi siamo profondamente convinti del fatto che tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione e che la guerra non sia una modalità per dirimere le controversie tra gli stati. L’incontro è promosso anche da Russia cristiana e Memoriali Italia e penso sia molto significativo che due realtà che hanno come centro di attenzione proprio la Russia collaborino con noi in questa occasione. Vorrei ricordare che il maggio dello scorso anno abbiamo avuto come ospite Tatiana Bonner, figlia di Sacharov, la quale ci ha parlato della difficoltà per i russi ad opporsi al regime. In Russia vi è una minoranza che opera in condizioni disperate, sotto un regime dittatoriale, spietato e assassino, per mantenere vivi i valori democratici e quando venne fatta l’obiezione a Elena Bonner su perché così pochi russi si oppongono a Putin, lei rispose molto giustamente: “ma gli italiani nel ventennio fascista cosa fecero?”. Quando l’informazione è manipolata, quando in chiesa si prega a favore della guerra e i sacerdoti che pregano per la pace vengono radiati, è molto difficile poter farsi un’idea autonoma e obiettiva della situazione. Purtroppo sembra che si avverino le peggiori previsioni di Orwell nel libro 1984. Noi siamo molto contenti di averLa come nostra ospite, perché rappresenta la società civile, non lo Stato ma quelle associazioni che sono fondamentali in una democrazia. La mia prima domanda è: come e quando nasce il Center for Civil Liberties di Kiev? Di che attività si occupava prima dello scoppio della guerra? L’invasione russa dell’Ucraina iniziata nel febbraio 2022 ha cambiato il profilo della vostra associazione e il vostro lavoro?

Oleksandra Romantsova – Buonasera, devo dire che è per me un grande onore poter partecipare a questo Festival il cui titolo è molto importante per ognuno di noi. Proprio qualche giorno fa è stato portato avanti nei confronti dell’Ucraina uno dei peggiori attacchi dall’inizio della guerra, circa 190 razzi lanciati non su obiettivi militari, ma su case dove abitano civili. Ora diciamo che la guerra va avanti da mille giorni, intendendo la guerra che è iniziata nel 2022, ma in realtà il primo caso di detenzione illegale di civili è stato registrato nel Donbas nel 2014, dove per più di sei mesi sono state tenute in cattività delle persone civili. Per noi il vero e proprio punto di svolta è stato il 2014 quando è veramente cominciata la guerra. Prima del 2014 la nostra associazione si occupava di diritti civili per la vita comune in Ucraina, protestavamo contro gli atti di violenza della polizia, contro la violenza perpetrata dal regime di Janukovyč e contro tutte le repressioni che avvenivano nelle manifestazioni di quel periodo. Abbiamo anche collaborato con degli attivisti civili della Bielorussa e della Russia, dove erano evidenti le violenze già in atto. Abbiamo reagito alle situazioni in Armenia, in Georgia e in Azerbaijan, abbiamo dimostrato la nostra solidarietà agli attivisti civili nei Balcani e anche nell’America del Sud. Quando nel 2014 abbiamo iniziato a registrare i crimini di guerra perpetrati dai soldati russi, questi attivisti civili ci hanno sostenuto. Dal 2014 al 2022 abbiamo già registrato circa ventimila crimini di guerra compiuti dai soldati russi in territorio ucraino e in Crimea, mentre dal 2022 a oggi abbiamo registrato più di 81mila crimini di guerra. Di fatto dal 2022 il nostro lavoro è aumentato sensibilmente, ma non è cambiato. Se dal 2014 al 2022 ci siamo occupati di circa 300 ostaggi trattenuti dai russi, dal 2022 ad oggi sono circa diecimila gli ostaggi tra militari e civili che vengono trattenuti e per la cui liberazione noi ci impegniamo.

Filippo Perrini – Tra le vostre attività molto importante è la raccolta di documentazione sulla violazione dei diritti umani e i crimini di guerra. Cosa emerge da questa documentazione? Ci faccia un esempio.

Oleksandra Romantsova – Noi ci troviamo in uno spazio in cui ognuno di voi può rendersi conto di come la religione vi ha aiutato nella storia. Vi faccio un esempio: dal 2014 al 2016 in Crimea non è rimasto neanche un rappresentante della chiesa greco-cattolica o un rappresentante di qualsiasi religione che non fosse quella ortodossa del patriarcato di Mosca. L’occupazione Russa ha semplicemente vietato tutte le altre chiese. Più di mille luoghi di culto sono stati distrutti dall’occupazione russa oppure utilizzati a fini bellici. Nel 2014 vicino ad un ospedale pediatrico è stata trovata una fossa comune dove i russi avevano seppellito ventisette persone e sette di questi erano vecchio-credenti. Li hanno torturati e uccisi perché non erano della chiesa giusta alla quale bisogna appartenere in Russia. In ogni caso in Crimea, scuole, musei, luoghi di cultura, vengono distrutti oppure derubati dei propri beni, questo è quello che porta l’occupazione russa.

Filippo Perrini – Ha potuto svilupparsi e in che modo la resistenza civile, non violenta, in Ucraina?

Oleksandra Romantsova – In effetti possiamo vedere come la società civile in Ucraina abbia reagito a questa aggressione. Nel 2022 un collega, un professore dell’Università di Kiev, con i suoi studenti, ha studiato tutti i mezzi che la società civile Ucraina ha trovato per ribellarsi all’aggressione. E in sei mesi hanno calcolato 384 forme diverse in cui la società civile è riuscita a raggrupparsi, riunirsi e a resistere all’aggressione in modo non violento. In trent’anni di indipendenza dell’Ucraina la libertà di parola e di associazione è stata attivamente usata dalla società. Sono le basi del fondamento della società civile e devono funzionare questi aspetti nella società per far sì che non nasca la violenza. In realtà è anche emerso che sono un ottimo modo per resistere in modo non violento ad una aggressione già in atto. I volontari ucraini si sono operati per fornire all’esercito tutto quello di cui mancava, per aiutare a evacuare le persone dalle zone occupate: anziani, bambini, chiunque avesse bisogno. Si sono abilitati per recuperare gli edifici distrutti dalle bombe, cominciando a ristrutturare edifici, per permettere ai ragazzi di continuare a studiare, si è cercato di creare le condizioni per le scuole di continuare a portare avanti le lezioni, nonostante gli allarmi bombe; e ci si è adoperati per fornire l’aiuto medico ai soldati feriti. I volontari si sono operati anche per documentare i crimini di guerra perpetrati dai russi e di fatto possiamo dire che la guerra in Ucraina è la guerra più documentata della storia, è quasi una guerra online. Se avessimo dovuto aspettare che lo Stato organizzasse tutto questo o documentasse i crimini, Putin avrebbe già conquistato tutto il paese, per cui quando Putin dice che vuole distruggere il centro della presa di decisioni ridiamo, perché questo centro si trova ovunque in Ucraina. Scherziamo molto e anche questo è un modo per resistere all’aggressione. Il Center for Civil Liberties per cui lavoro ha una base di volontari molto fitta, che non nasce oggi, ma nel 2014 e l’abbiamo semplicemente rinnovata per l’aggressione del 2022. E sono proprio questi volontari che, dall’inizio della guerra, hanno cominciato a tradurre le notizie dall’ucraino in tutte le lingue del mondo che conoscevano e hanno permesso che la comunicazione fosse subito efficace e che partisse un aiuto internazionale, come l’aiuto dall’Italia. Pensare ad una guerra ottocentesca su larga scala in Europa, nel 2022, è molto difficile se non te lo raccontano le persone che la stanno vivendo in prima persona, soprattutto se il tuo aggressore ha enormi risorse da investire nella propaganda. Per cui l’unica opzione che abbiamo è quella di rivolgerci alla giustizia internazionale e di fare tutti i passi politici necessari per fermare l’aggressione ed è per questo che cerchiamo di rivolgere la nostra attenzione ai crimini di guerra e alla documentazione dei crimini.

Filippo Perrini – Tra le vostre numerose attività c’è anche quella di monitorare l’operato del governo ucraino. In che rapporto siete oggi con l’attuale governo? Vi sostiene? In questa fase di guerra questa particolare attività viene ancora portata avanti o è sospesa?

Oleksandra Romantsova – Il governo ucraino non avrebbe nessuna chance se non fosse per la società civile e anzi si appoggia molto sulle organizzazioni di volontari e solo adesso incomincia a proporre, in modo ufficiale, dei progetti comuni per collaborare anche a livello internazionale. Non è semplice, perché bisogna prendere delle decisioni per le quali non abbiamo nessuna istruzione e anche perché le risorse sono molto limitate, sia per quanto riguarda il capitale umano, economico e di tempo. È un dialogo attivo da parte nostra, ci sono proposte continue e lo Stato cerca di dare un ordine di priorità a queste proposte. Non è facile e la democrazia ha bisogno di una grande trasparenza, ma, al contrario, la guerra ha bisogno di zone segrete, ci sono tante notizie sensibili che non possono essere diffuse e quindi il primo compito del nostro dialogo è di trovare un equilibrio tra questa segretezza necessaria alla guerra e la trasparenza necessaria alla democrazia. In realtà lo sguardo che noi abbiamo verso l’Unione europea, il nostro desiderio di unirci all’UE è il corridoio principale nel quale ci muoviamo e che fa da motore a tutte le nostre proposte.

Filippo Perrini – Questo è un esempio di democrazia in atto, perché la democrazia è partecipazione della gente, non si esercita solo nel momento dell’elezione. Il sostegno dei Paesi europei ha molto peso in questo scontro tra Ucraina e Russia. Il consiglio d’Europa e i partner europei oggi come si rapportano con voi? Si mostrano disponibili nell’ascoltare le vostre richieste e ad aiutarvi?

Oleksandra Romantsova – Per noi l’Europa è una grande famiglia di paesi molto diversi. In questo periodo abbiamo infittito i nostri contatti con i Paesi europei soprattutto perché, tanti di questi, hanno accolto moltissimi ucraini che scappavano dalla guerra. Ovviamente l’occasione di incontro è triste, però questi contatti umani che avvengono attraverso l’immigrazione degli ucraini sono un ottimo modo per scoprire il paese non attraverso le enciclopedie, ma attraverso persone vive. Questa diplomazia umana integra molto di più che non i contatti ad alto livello. Come vi dicevo all’inizio, tanti attivisti civili di diversi paesi ci hanno aiutato, ci hanno insegnato come documentare i crimini di guerra. Ci sono diversi investigatori e procuratori di altri paesi che sono arrivati in Ucraina per investigare e documentare questi crimini di guerra che noi abbiamo portato nei tribunali internazionali. Attualmente in tante zone dell’Ucraina lavorano volontari provenienti da tanti paesi diversi e che ci aiutano. Questo per noi è un esempio di solidarietà incredibile che ci sostiene molto. La nostra economia non riesce a sostenersi da sola, riusciamo a coprire soltanto il 40% del budget nazionale perché è molto difficile lavorare con le imprese sotto gli attacchi missilistici, per cui ora gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone coprono il 60% delle nostre necessità economiche. Senza i nostri amici europei non sopravvivremmo. Ci sono moltissime persone che vengono per aiutarci e stanno alle stesse condizioni di pericolo degli ucraini e spesso muoiono. Nella piazza centrale di Kiev abbiamo un piccolo monumento popolare in cui si va a mettere una bandiera per ogni volontario o soldato morto e circa il 20% di queste bandiere non sono ucraine.

Filippo Perrini – Nel 2022 come dicevamo avete ricevuto insieme ad altre importanti associazioni il prestigioso premio Nobel per la pace per il vostro lavoro. Questo vi ha aiutato maggiormente a ottenere qualche risultato o non è cambiato molto?

Oleksandra Romantsova – Vincere il premio Nobel ha attirato molto l’attenzione su di noi, anche se il messaggio che mandiamo non è cambiato, è sempre lo stesso dal 2014. Ora quando ci incontriamo con presidenti di diverse nazioni e presentiamo questo stesso messaggio i presidenti ci dicono: “questa sì che è un’idea nuova”. Siamo contenti che finalmente lo ascoltino e aver vinto il premio ci ha permesso di parlare per la prima volta con alcuni paesi con cui tradizionalmente non avevamo nessun dialogo. Per aree come l’America latina, l’Africa o l’Asia è molto più semplice comunicare con qualcuno che abbia vinto il premio Nobel, piuttosto che con politici che dagli anni 90 non hanno mai assegnato un consolato in quelle aeree. Il nostro lavoro è diventato più complicato dal punto di vista geografico, ma almeno abbiamo la possibilità di trasmettere a più persone il nostro messaggio.

Filippo Perrini – Oggi venti autoritari e sovranisti spirano sull’Europa. La democrazia e la fiducia in essa sembrano essere sempre più in crisi. Come risvegliare la passione per la libertà che mette al centro delle sue fondamenta il valore della persona umana?

Oleksandra Romantsova – In Europa è da quasi cento anni che non c’era una guerra ed è un lusso, pensiamo che la pace sia lo stato naturale dell’uomo e che si possa vivere senza la guerra. In realtà, dare avvio ad un conflitto e rompere la democrazia è molto semplice. Al contrario, mantenere la democrazia e il rispetto tra le persone nonostante la loro diversità, questo è un lavoro di tutti i giorni. Probabilmente una piccola crisi in Europa potrebbe servire in modo tale che si ritorni al desiderio della libertà. È meglio considerare l’Ucraina di oggi quella crisi di cui abbiamo bisogno prima che avvenga una crisi vera e propria nel cuore dell’Europa. È meglio studiare sull’esempio di un vicino, cercando di aiutarlo, invece che aspettare che un conflitto arrivi proprio in Europa. Ho un’amica che nel 2014 è scappata dalla prima fase della guerra nel Donbas a Kiev e da Kiev nel 2022 è scappata a Tel Aviv…: la guerra non è qualcosa da cui puoi scappare, è una cosa che bisogna fermare insieme.

Filippo Perrini – La Dichiarazione universale dei diritti della persona umana può essere considerata una piattaforma comune e vincolante per gli stati o è diventato uno strumento obsoleto? Se così quali strumenti abbiamo per difendere i diritti umani?

Oleksandra Romantsova – L’anno prossimo saranno 50anni dalla conferenza di Helsinki: una conferenza durante la quale la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è stata riconosciuta come base fondante per ogni Stato europeo. Se 25 anni fa Putin non avesse iniziato a calpestare i diritti internazionali degli uomini in Russia, allora nel 2014 non sarebbe incominciata la guerra nel Donbas. La Dichiarazione non è una regola di etichetta o un codice morale, dovrebbe essere un sistema per evitare le guerre. È importantissimo cercare di ritornare a questa Dichiarazione. Noi in Europa viviamo in uno spazio dove le persone che hanno meno di trenta anni non hanno mai dovuto lottare nella loro vita per i propri diritti, non è mai stato vietato a loro di leggere certi libri, non è mai stato detto non puoi andare in quel certo luogo perché hai il colore della pelle sbagliata, eccetera. Quella che è stata la discriminazione, il fascismo, lo leggono semplicemente dai libri, per cui sono convinti che ora è qualcosa che non possa esistere. Bisogna capire che è come un tipo di igiene, quando non ti lavi i denti o non rispetti i diritti dell’uomo, incominciamo a farti male i denti o incominciano le guerre. Quando ti lavi i denti o rispetti i diretti dell’uomo non succede nulla di male. È importante insegnarlo.

Filippo Perrini – Che futuro vede per l’Ucraina e come si immagina un percorso di pace giusta? Cosa augura per il futuro del vostro Centro?

Oleksandra Romantsova – Idealmente sogniamo un paese che sia in grado di autodifendersi, nel quale viva una società sana. Ora parliamo moltissimo della salute mentale delle persone, perché abbiamo la necessità già oggi di riabilitare milioni di bambini e non sto parlando soltanto di quelli che sono stati deportati in Russia, ma anche dei bambini che sono stati obbligati a evacuare o stanno vivendo sotto le bombe e quindi sono impossibilitati a studiare, e dei tanti bambini che hanno già perso i genitori. Oltretutto per noi è molto importante la giustizia, perché ci rendiamo conto che se gli atti del governo e dell’esercito russo non verranno giudicati come è stato per il regime di Stalin, allora comparirà un successivo presidente, dopo Putin, che racconterà, come ora si fa, che Stalin è stato un ottimo manager e che la guerra non è una tragedia, ma un’occasione di grande orgoglio. Gli ucraini questa cosa la sentono sulla loro pelle già per la seconda volta e in Ucraina si sente una grande necessità di un processo giusto. Un’altra cosa che ha capito l’Ucraina è la necessità di essere un attore attivo nel teatro internazionale. Vogliamo essere partner dell’Unione europea perché pensiamo di poter dare un buon contributo. Il Center for Civil Liberties continuerà a lavorare per un processo giusto e lavorerà anche per le riforme all’interno del paese.

Filippo Perrini – Grazie per questa testimonianza così precisa e documentata. Io spero vivamente che i suoi desideri si realizzano e che l’Ucraina possa finalmente entrare nell’Europa a pieno titolo, in pace. Apriamo ora alle domande del pubblico.

Prima domanda: abbiamo bisogno delle parole che ci sta dicendo. Anche io non conosco la guerra e i miei diritti non sono mai stati messi in discussione. La vedo sorridere, da dove viene questa forza?

Oleksandra Romantsova – Una buona terapia aiuta, oltre allo psicologo devo dire che la storia della mia famiglia non è stata semplice, conosco la storia della mia famiglia fino a sei generazioni e nonostante questo sono nata e sono qui, per cui sono convinta del fatto che per quanto la guerra possa essere terribile non può fermare la vita.

Seconda domanda: l’esperienza dice che le guerre lunghe creano violenze da ambedue le parti, per esempio ho sentito parlare di una strage a Odessa, siete a conoscenza di crimini di guerra commessi da soldati ucraini e se nel caso sono segnalati?

Oleksandra Romantsova – Probabilmente lei si riferisce agli eventi del 2 maggio 2015 a Odessa. La reazione della società civile è stata di investigare sull’avvenuto e vi è stata un’inchiesta non statale, promossa da un’organizzazione non legata allo Stato. I risultati di questa inchiesta si possono leggere in inglese su Internet: il gruppo del due maggio. Per quanto riguardo i crimini di guerra da parte dei soldati ucraini, Le assicuro che quando noi documentiamo i crimini li documentiamo tutti. Noi li documentiamo soltanto, perché per investigarli c’è bisogno di un procuratore o di un rappresentante delle forze dell’ordine. Quando raccogliamo le testimonianze che indicano quali sono stati gli aggressori, se scopriamo che sono stati soldati ucraini, allora trasmettiamo il caso al procuratore generale ucraino, perché l’esercito ucraino ora è fatto da milioni di persone e ovviamente qualcuno di questi può commettere un crimine: è molto importante riuscire a documentare questi casi e comunicare a chi di dovere. Lo possiamo fare e lo facciamo. La percentuale di casi compiuti da soldati ucraini è del 2%. Probabilmente qualcosa non lo sappiamo ancora, lo scopriremo in futuro e ci occuperemo anche di quei casi. Volevo aggiungere che abbiamo organizzato, insieme a dei partner internazionali, i corsi rivolti ai soldati dove li informiamo sulla Dichiarazione dei diritti della persona umana. È un’opera di prevenzione importante. La differenza della condizione dell’esercito russo da quello ucraino lo possiamo giudicare con un esempio: ci sono tre soldati russi che per la terza volta diventano ostaggi degli ucraini, i soldati russi non hanno paura di venire torturati dai soldati ucraini, anche se questo non vuol dire che non esista la violenza. Però l’esercito ucraino concede l’acceso alla Croce Rossa, quello russo no.

Terza domanda: mi capita spesso di sentire persone che per pietà verso il popolo ucraino dicano: la guerra deve fermarsi immediatamente, si deve fermare il sacrificio dei giovani ucraini. Cosa ne pensa?

Oleksandra Romantsova – Se gli ucraini avessero un’altra opzione per difendersi che non fosse quella armata, direbbero subito di sì. Anche a noi piace molto di più occuparci di business, lavoro e vederci con gli amici, piuttosto che andare in guerra. Purtroppo per noi arrenderci vuol dire essere occupati e per me personalmente vuol dire la morte. I nostri colleghi russi ci hanno trasmesso un elenco di persone da liquidare, che parte con i nomi dei politici e finisce con i nomi dei volontari delle organizzazioni per la difesa dei diritti. Il capo della mia organizzazione ed io siamo in questo elenco. Non è una questione di cambio di bandiera sul nostro territorio, otto anni dell’occupazione della Crimea e del territorio del Donbas ci hanno mostrato che l’occupazione russa non tratterebbe i territori occupati alla pari dei territori della federazione. Già nei confronti dei cittadini della federazione russa il governo russo non si comporta rispettando i diritti della persona umana. C’è ad esempio il problema che il governo russo non porta via i corpi dei soldati russi dal territorio ucraino. Arrenderci ora non porterà alla pace. Le persone che difendono il paese, tra cui anche circa sessantamila donne al fronte, sono insegnati, cassieri, autisti di taxi, perché in Ucraina non c’era un vero e proprio esercito di professionisti. Da dieci anni in Ucraina combatte un esercito di civili. Gli ucraini sono ovviamente stanchi, servono armi all’Ucraina, ma non per conquistare qualcosa in Russia, servono per difendere il nostro territorio. È vero che ci sono dei soldati ucraini nella zona di Kursk ma nessuno di noi vuole lasciarli lì. Vorremmo non combattere, vorremmo essere difesi, però la Russia non ci ha lasciato scelta. L’opzione è soltanto difendersi e l’unica variante di pace possibile è quando la Russia smetterà di aggredirci.

Filippo Perrini – Il fatto che lei e gli esponenti della società civile siano nella lista nera delle persone da eliminare purtroppo è qualcosa che accomuna tutti i totalitarismi e che si ripete anche in Russia, dove oggi vige un potere dittatoriale, il quale non può sopportare la parola libera della società civile.

Nota. Trascrizione, non rivista dall’Autrice, della conferenza tenuta, a 1000 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina, martedì 19 novembre 2024 nella Bevilacqua, via Pace n. 10 a Brescia, da Oleksandra Romantsova, direttrice esecutiva del Center for Civil Liberties di Kyiv, che ha parlato sul tema: “Pace, diritti dell’uomo, giustizia. L’impegno del Center for Civil Liberties di Kyiv (Premio Nobel per la pace 2022)”, dialogando con il Presidente della Ccdc Filippo Perrini.