Pierino Franco Silli

Tematiche: Biografie

BRESCIA, VIA DEI MILLE, 11

QUI ABITAVA

PIERINO FRANCO SILLI

NATO 1922

ARRESTATO IL 9.9.1943

INTERNATO MILITARE

ASSASSINATO IL 19.4.1945 A PELPLIN

Pierino Franco Silli nacque l’8 luglio 1922 a Brescia, ultimo di dieci figli. Il padre Stefano e la madre Maria Rachele Fostinelli erano originari di Bienno. La famiglia visse prevalentemente a Brescia in Via dei Mille 11, anche se nel corso degli anni alcuni fratelli si trasferirono in comuni limitrofi, pur mantenendo un forte legame con i famigliari. Le tappe delle vicende militari di Pierino Franco Silli sono state ricavate dalle lettere, sottoposte a censura, che scriveva alla sua famiglia. Il pronipote Franco Picchieri, attraverso i racconti e i documenti che ha ricevuto dalla sua bisnonna Giovanna Silli, sorella di Pierino Franco, ci ha permesso di avvicinarci alla sua vita. Innanzitutto, in famiglia lo chiamavano sempre Franco e così lo si trova registrato anche nei documenti della sua prigionia.

Dopo aver conseguito la licenza di scuola commerciale, lavorò come impiegato fino al 9 aprile 1940, quando si arruolò volontario, aspirante allievo sottufficiale, con ferma obbligatoria di due anni. Fu trasferito al 2° reggimento di Artiglieria Alpina il 13 aprile 1940 e promosso caporale il 10 luglio. Il 28 novembre, con il 5° reggimento, a cui nel frattempo era stato destinato, si imbarcò a Brindisi alla volta dell’Albania. In occasione della morte del padre, avvenuta il 28 gennaio 1941, gli fu concessa una licenza che gli permise di tornare in Italia per un breve periodo. A causa di una ferita riportata sul campo di battaglia, fu ricoverato all’ospedale da campo n° 933 di Scutari. Fu poi imbarcato a Durazzo e rimpatriato il 20 settembre 1941, per essere ricoverato all’ospedale militare di Pisa, da cui fu dimesso circa un mese più tardi, ottenendo una licenza di 30 giorni. Allo scadere della convalescenza, si recò ad una visita di controllo presso l’Ospedale militare di Brescia, dove fu riconosciuto idoneo al rientro sul campo. Per il valore dimostrato in battaglia fu promosso Caporale Maggiore l’11 febbraio 1942.

Le scelte del governo italiano condizionarono fortemente la vita personale e militare di Pierino Franco: infatti, subito dopo l’Armistizio, il 9 settembre 1943, fu catturato sul fronte jugoslavo, disarmato, fatto prigioniero dai te- deschi e inviato in un campo di concentramento come Internato Militare Italiano. Gli fu poi proposto di aderire alla Repubblica di Salò, tuttavia Pieri- no Franco, pur consapevole delle possibili conseguenze e del rischio di non poter più abbracciare i propri cari, ma forte nelle sue convinzioni, rifiutò.

È quasi impossibile ricostruire la prigionia nei lager nazisti di Pierino Fran- co Silli; tuttavia, i documenti attestano che fu trasferito nel campo di con- centramento per ufficiali e sottufficiali di Stutthof, località̀ oggi in Polonia, situata a una trentina di chilometri a est della città di Danzica. La sua desti- nazione finale fu il sottocampo di Pelplin, dove fu registrato con il numero di matricola “25012”. Pierino Franco fu destinato al lavoro coatto presso lo zuccherificio di Pelplin, insieme ad altri prigionieri di guerra italiani. La vita nel campo era molto dura: i soldati italiani vivevano ammassati in baracche di legno, in condizioni igieniche molto precarie, malnutriti e sfruttati come manodopera per il Terzo Reich. Pierino Franco, come molti altri prigionieri, si ammalò di tubercolosi, una malattia infettiva molto contagiosa, frequentemente contratta nei lager proprio a causa delle condizioni di disagio e malnutrizione in cui vivevano i prigionieri. Come attesta un registro polacco dedicato agli Internati Militari Italiani e consultabile online tra i documenti di Arolsen, Pierino Franco morì di tubercolosi il 19 aprile a Pelplin e fu sepolto nel cimitero locale. La malattia fu certamente una conseguenza della sua prigionia nel lager, per cui lo consideriamo una vittima della dittatura nazifascista.

Nonostante la giovane età̀, Pierino Franco ha compiuto una scelta impor- tante e coraggiosa, con cui ha contribuito a sostenere i valori di democrazia e libertà, per i quali molti come lui hanno sacrificato la propria vita, dimostrando concretamente che ogni singolo gesto può̀ essere un esempio per tutti. Essere qui oggi è importante per testimoniare che nessun sacrificio è vano se viene impresso nella memoria collettiva, come una pietra che indica il cammino alle future generazioni.

A cura degli studenti delle classi 4a ME e 5a ET I.I.S. Benedetto Castelli di Brescia, coordinati dalle professoresse Alessandra Pezzoli e Sabrina Mutti. Si ringrazia il pronipote Franco Picchieri.

 

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