Giovedì 22 ottobre 1998 nella Sala Bevilacqua di via Pace n.10 a Brescia, ore 20,45, si è tenuto un incontro per ricordare i 400 anni di presenza della Pace nella città di Brescia. Sono intervenuti padre Edoardo Cerrato d.O., procuratore generale dell’Oratorio San Filippo Neri, e il professor Carissimo Ruggeri, storico locale. Hanno portato il loro saluto il Sindaco di Brescia Mino Martinazzoli e il Vescovo di Brescia Bruno Foresti.
La prima esperienza eremitica (1539-1540) e la Congregazione diocesana di preti riformati della Pace (1550-1619)
I “Padri della Pace” sono uno dei più importanti frutti del ricco, e talvolta inquieto, Cinquecento religioso bresciano. Nelle vicende dei due fondatori, i sacerdoti Francesco Cabrini e Francesco Santabona, si ritrovano infatti alcuni ideali tipici della riforma cattolica pretridentina: un desiderio di ritorno al Vangelo e di riforma della Chiesa, il fascino per il cristianesimo delle origini, una sete di perfezione che seppe passare da un’iniziale ricerca di solitudine contemplativa ad un intenso impegno pastorale a servizio della Chiesa locale. All’origine della scelta di vita dei futuri “Padri della Pace” vi fu l’infuocata predicazione di un sacerdote itinerante, padre Raffaele, giunto a Brescia con alcuni compagni nel 1639. Affascinati da questo personaggio carismatico, i due amici sacerdoti, inisieme con un laico, il notaio bresciano Giulio Comini, scelsero di ritirarsi a vita eremitica e di penitenza sulle vicine alture dei Ronchi, sul monte detto di Santa Croce. Dopo pochi mesi soltanto padre Raffaele fu denunciato a Roma come sospetto di eresia – in quegli anni non era difficile incorrere in simili disavventure – e al suo forzato allontanamento dalla città seguì, d’autorità, la fine dell’esperienza comunitaria. ll Cabrini, che in un primo tempo si era portato a Milano con un compagno, fece dapprima ritorno senza permesso a Brescia – dove per breve tempo fu imprigionato nelle carceri vescovili – e poi si ritirò nella natìa Alfianello, nella Bassa Bresciana. Anche il Santabona, originario di San Felice del Benaco, ritornò sul Garda, a Cisano, da dove non si sarebbe di fatto più allontanato. Queste disavventure spiegano le seguenti, ampie manifestazioni di ortodossia e di obbedienza all’autorità ecclesiastica della comunità che sarebbe sorta intorno ai due sacerdoti. Nel 1545 il nuovo vicario episcopale chiamò il Cabrini a Brescia come riformatore e confessore del monastero benedettino di Santa Maria della Pace, dal quale sarebbe gli derivato il soprannome di “Padre della Pace” che avrebbe trasmesso ai suoi confratelli fino ad oggi. Nel 1550 intorno a Cabrini si era già costituita una nuova comunità di sacerdoti “riformati”, operanti in diverse chiese cittadine. Nove anni dopo, alcuni tra loro iniziarono a condurre vita comune in una casa sulle colline dei Ronchi, in Val Tavareda, dove edificarono una casa e una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista. Le regole della nuova comunità furono approvate per la prima volta nel 1563 da monsignor Domenico Bollani, l’ex che era stato eletto vescovo di Brescia dal 1559. Il grande presule riformatore riconobbe nei discepoli del Cabrini, ormai più di una trentina, un esemplare sodalizio di sacerdoti e volle farne uno strumento per la riforma del clero diocesano. Da qui la scelta di affidare proprio ad essi il nascente seminario, al quale il Cabrini destinò diciotto suoi chierici, e che ebbe come primo rettore un suo fidatissimo discepolo e futuro successore, il toscano Franceco Landini. La Compagnia della Pace acquisì in quegli anni una fisionomia alquanto particolare. Il Cabrini, che rimaneva nel monastero della Pace, era l’autorevole e amato “Padre” della comunità, anche se per volontà del Bollani, dovette occuparsi, oltre alle monache benedettinem della Dottrina Cristiana e le Dimesse di Sant’Orsola, fondate solo qualche decennio prima da sant’Angela Merici. Il cofondatore Santabona continuava invece risiedere a Cisano, dove si occupava della formazione dei novizi, e il Landini era a capo della casa di Val Tavareda. Intorno al 1570 padre Cabrini, cedendo alle insistenze del vescovo, si decise a trasferire i suoi confratelli in città, vicino al nascente Seminario. Fece appena in tempo a compiere i preparativi, quando morì, per una caduta da cavallo, il 23 agosto. La prima pietra della nuova casa fu benedetta dal Bollani il 7 aprile 1571. Nel 1573 l’edificio era già ben avanzata, e in quell’anno i padri procedettero ad una revisione delle costituzioni. Nel 1575 la peste arrivò anche a Brescia e i Padri della Pace si distinsero per l’abnegazione nell’assistenza agli infermi, così come accadde ancora due anni dopo, anche a costo di subire una vera e propria decimazione. La fama del bene esercitato a Brescia e della santità di vita del Santabona fu all’origine della fondazione di una casa a Verona, sorta per interessamento dell’amico vescovo e cardinale Agostino Valier. Nel 1578 l’arcivescovo Carlo Borromeo chiamò i Padri della Pace a Milano, affidando loro la chiesa di San Giovanni alle Case Rotte. Altre richieste provenirono da diverse città del Nord Italia. Nel 1581 il Borromeo era a Brescia come visitatore apostolico. Fu anche dai Padri della Pace, celebrando messa nel loro oratorio e fermandosi a mensa con loro. Nei suoi decreti l’arcivescovo manifestò la sua stima per i discepoli di Cabrini e Santabona, parte integrante e qualificata del clero diocesano, invitandoli “a totalmente applicarsi ad una disciplina et vita spirituale reformata, et insieme quanto ponno col aiuto divino attendere alla perfetione et sforzarsi di fare profitto nella via del Signore, et con la dottrina, et con l’innocenza della vita affannarsi volentieri nella salute delle anime”. Con la visita apostolica ebbe fine l’esperienza delle filiali di Milano e Verona, ritenute non più compatibili con lo status di congregazione di sacerdoti secolari dipendenti dall’ordinario diocesano. Nel 1588 i Padri decisero di dare inizio alla costruzione di una chiesa propria. Dedicata alla Purificazione della Vergine, la “Pace Vecchia” fu officiata dalla congregazione fino al trasferimento alla Pallata (la “Pace Nuova”), e successivamente passò ai Teatini, che la dedicarono a san Gaetano da Thiene. Fin dal 1573-1574 il Landini aveva cercato di ottenere un riconoscimento pontificio per il sodalizio di cui era a capo, e finalmente nel 1598 riuscì ad ottenere un breve apostolico con il quale Clemente VIII riconosceva la congregazione “di preti e chierici secolari detta della Pace” ad instar (a somiglianza) di quella dell’Oratorio Romano della Chiesa Nuova, con facoltà di redigere e riformare propri statuti, da sottoporre al vescovo di Brescia. Venne così definitivamente a cadere ogni ipotesi di aggregazione ad una congregazione di chierici regolari, come i Teatini o i Somaschi, che pure erano state prese in considerazione negli anni precedenti. Tra il 1606 e il 1608, a causa dell’interdetto pontificio su Venezia, la congregazione – rimasta fedele al Papa – visse una dolorosa parentesi di dispersione e di esilio. Sopravvissuta anche a questa prova, la comunità riprese nuovo vigore, come dimostra la nascita di un Oratorio per i giovani sul modello vallicelliano (1608). Padre Francesco Landini era morto pochi mesi prima, dopo ben trentotto anni di governo. Negli anni successivi, i legami con i discepoli di san FIlippo Neri, che pure esistevano da anni ed erano stati rinsaldati dal soggiorno romano del bresciano Alessandro Luzzago, si fecero sempre più stretti. Nel 1617, due anni dopo la beatificazione, i padri scelsero il Neri come loro padre e protettore, e il 9 settembre 1619 decisero di adottare come proprie le Costituzioni (Instituta) dell’Oratorio romano, che erano state approvate dalla Santa Sede nel 1612. A questa data, quindi, la Congregazione della Pace era divenuta a tutti gli effetti una casa di Padri dell’Oratorio. (https://oratoriobrescia.it – 2019)