BRESCIA, PIAZZA VITTORIA, 11
QUI ABITAVA
ALBERTO DALLA VOLTA
NATO 1922
ARRESTATO
1.12.1943
DEPORTATO AD AUSCHWITZ
ASSASSINATO IN
LUOGO IGNOTO
DOPO 18. 1. 1945
La vicenda della famiglia Dalla Volta ha origine nel 1943. Guido, figlio di madre cattolica, è il commissario del sindacato provinciale fascista dei commercianti di prodotti chimici. Nonostante l’emanazione delle leggi razziali del 1938, continua il suo lavoro e i figli proseguono gli studi. In particolare Alberto, dopo aver conseguito nel 1941 la maturità scientifica presso il Liceo “Calini”, si iscrive alla facoltà di chimica dell’Università di Modena. Il 1° dicembre 1943 Guido e Alberto vengono arrestati a Brescia e, nel febbraio successivo, trasferiti nel campo di Fossoli (Modena). Il 22 febbraio 1944 risuona l’appello nazista per il convoglio diretto ad Auschwitz, dove giungono quattro giorni più tardi. Nel campo, Alberto stringe con Primo Levi una profonda amicizia che consente ad entrambi di sopravvivere all’orrore. Nel frattempo mamma Emma e il figlio minore Paolo trovano rifugio a Magno di Gardone Valtrompia, dopo il ricovero del giovane, malato di tifo, presso la Casa di cura S. Camillo. Purtroppo non potranno mai più rivedere i propri cari. Infatti, secondo la testimonianza di Primo Levi, Guido viene scelto per il gas, mentre Alberto scompare durante la marcia di evacuazione del campo, nel gennaio 1945. Tuttavia Emma non crederà mai alla morte del figlio e morirà, nel 1973, ancora con la speranza di riabbracciarlo. Diversa è la reazione al dolore del fratello Paolo, a detta della nuora: “Mio suocero ha trasmesso l’insicurezza, il senso di paura, delle ansie. Voleva avere una doppia cittadinanza. Ha cercato e ottenuto quella canadese, perché, diceva, non si sa mai. Non metteva mai la macchina in un posto nel quale non ci fosse un’altra uscita e l’auto doveva essere sempre con il carburante per essere pronti a scappare”. Non diversamente dagli altri ebrei bresciani, la famiglia Dalla Volta, dopo la Liberazione, ripiega in un silenzio fatto di imbarazzo e diffidenza verso una società che ha approfittato della loro riservatezza per dimenticare quanto accaduto. Solo poco prima di morire, Paolo Dalla Volta decide di pronunciarsi sui tragici eventi che lo hanno colpito sessant’anni prima, evidenziando una profonda frattura con lo Stato italiano, il quale non ha ancora rivolto delle scuse ad una famiglia che esso stesso ha tradito. I Dalla Volta avevano continuato a vivere a Brescia nonostante le leggi razziali fossero già in vigore, e lì risiedevano nel 1943. Prima di essere ebrei, si sentivano ed erano italiani. Lo Stato li ha ingannati, è venuto meno al proprio dovere. Il totale distacco da esso si evince in modo significativo dal discorso di Paolo, intervistato dagli studenti del Liceo Arnaldo nel 1999, in occasione dell’istituzione della Commissione Anselmi incaricata di compiere ricerche sui beni sottratti agli ebrei: “Quei signori non si rendono conto che a noi poco importa di una cassapanca in più o in meno. Non potranno mai restituirci ciò che di veramente importante ci è stato tolto, i nostri cari. Noi non chiediamo niente. […] Non voglio nulla da nessuno. Per cinquant’anni mai si è pensato di porgerci delle scuse e oggi sarebbe comunque troppo tardi”. Rompe il silenzio, durato più di mezzo secolo, con uno sfogo amaro, carico di delusione, che rimanda ad un passato doloroso. In quel momento la Commissione rappresenta lo Stato e l’epiteto quei signori denota una rottura intensa, radicata, assoluta tra Paolo Dalla Volta e l’Italia. Nel 2006, in occasione della presentazione al Liceo “Calini” del saggio dello studioso Marino Ruzzenenti sulla persecuzione degli ebrei nel bresciano, studenti e professori scoprono qualcosa che prima non sapevano e che li impressiona molto: l’orrore della Shoah ha toccato molto da vicino il loro Liceo. Si ricerca nell’archivio della scuola, si discute, si decide di dare una testimonianza concreta della volontà di non dimenticare ed ignorare il passato. Il 26 gennaio 2008 il Liceo Calini intitola l’aula magna ad Alberto Dalla Volta, “la rara figura dell’uomo forte e mite, contro cui si spuntano le armi della notte”. Dopo averlo accettato nel 1940, a seguito dell’espulsione dal Liceo Arnaldo per motivi razziali, l’Istituto si dimostra partecipe dei fatti e in tale circostanza svolge le veci dello Stato italiano, compiendo il primo passo verso quelle scuse auspicate da Paolo. Una settimana dopo la cerimonia di intitolazione, Guido Dalla Volta, figlio di Paolo, indirizza al Liceo una lettera, nella quale esprime la felicità della propria famiglia per quel gesto inatteso: “Mio padre è morto aspettando delle scuse simboliche dalle Istituzioni; noi non potevamo più né sperare né pretendere niente di tutto ciò e, quindi, non chiedevamo più nulla. Invece abbiamo ricevuto, in modo inatteso, una calda e commovente manifestazione di partecipazione”. La frattura con lo Stato italiano viene finalmente risanata.
A cura degli studenti della classe 5° H del Liceo Scientifico “Annibale Calini” di Brescia, anno scolastico 2012-’13.