Variazioni su Mozart.
Non inganni la gioiosa profusione dei bellezza. In Mozart la profusione di bellezza è straordinaria e insieme continua; se poi si mette nel conto la sbalorditiva precocità del suo genio, si capisce come si sia formata la leggenda della «facilità» delle sue composizioni. Ma a smentirla sta quello che Mozart stesso ha scritto in una lettera ad un amico.
«Sbaglia chi crede che la mia arte sia frutto di pura ispirazione. Le posso assicurare, caro amico, che nessun altro più di me ha dedicato tanto tempo e tanta preoccupazione ai problemi della composizione. Non esiste un solo grande musicista la cui opera io non abbia diligentemente studiato più e più volte». Il commento più appropriato a queste affermazioni di Mozart ce lo dà Arthur Rubinstein: «Come mai tutto ciò che Mozart scrisse sembra così lineare? La via che conduce a tale semplicità è ardua, ma non deve mai sembrare tale».
Mozart, uomo libero. Ecco alcuni episodi che attestano la libertà di spirito del grande musicista.
1. «Di certo, se non avesse avuto intenzione di scuotere la coscienza del suo pubblico, Mozart non avrebbe fatto in modo che, nel Don Giovanni, tutti i personaggi si presentassero sul palcoscenico cantando, a piena voce, per tredici volte "Viva la libertà!", al suono di una marcia militare il Sol maggiore, due anni prima della Rivoluzione francese» (Peter Sellars).
2. «Un editore di Lipsia scrisse a Mozart: "Adotti uno stile più popolare, o non potrò più né stampare né pagare la sue opere!". Mozart rispose: "Benone! Non guadagnerò più un soldo, finirò alla fame… e che il diavolo mi porti se me ne frega qualcosa!"» (Franz Joseph Haydn, lettera a Herr Roth, 1787).
3. Dopo la «prima» rappresentazione dell’opera Il ratto del serraglio, l’imperatore convocò Mozart per fargli sapere la sua opinione.
Giuseppe II: «Troppo raffinato per le nostre orecchie, e troppe note, mio caro Mozart».
Mozart: «Tutte quelle necessarie, Maestà».
Mozart; una musica che aiuta ad uscire dal nichilismo.
1. «Di tutti i musicisti, Mozart è quello da cui la nostra epoca ci ha più allontanati. Parla sempre a mezza voce, mentre ormai il pubblico sente soltanto le grida» (André Gide, Diario).
2. «La gioia di Mozart: una gioia che sentiamo duratura; la gioia di Schumann è fatta di serenità; e la frase della sua musica è come un pensiero tranquillo; la sua semplicità non è che purezza; è una cosa cristallina; vi giocano tutte le emozioni, ma quasi già in una trasposizione celeste. "La moderazione consiste nell’essere commossi come gli angeli", sostiene Jubert. Bisogna pensare a Mozart per capire bene queste parole» (ibid.).
3. «Secondo te la venerazione che nutro per Mozart è del tutto contraria alla mia natura musicale. Ma forse la ragione è che – essendo figlio del mio tempo – mi sento distrutto e spiritualmente senza punti fermi. Ecco perché trovo consolazione e sollievo nella musica di mozart, in cui egli esprime quella gioia di vivere che fa parte del suo temperamento sano e integro» (Pëter Il’ic Cajkovskij, Lettera a Nadezda von Meck).
L’ironia della sorte e l’eroica sfida. Per una bizzarra ironia della sorte, l’uomo il cui orecchio interno era, per così dire, il massimo grado dell’umana perfezione, aveva un orecchio esterno difettoso e malformato. L’orecchio sinistro di Mozart mancava completamente di sinuosità, non aveva la sua «conca». Quell’anomalia ora è detta «orecchio di Mozart».
E che dire della progressiva, inesorabile perdita dell’udito che accompagnò per tanti anni la produzione di Beethoven? La musica che l’orecchio non percepiva gli risuonava sempre più solo au dedans, nell’interiorità da cui sgorgava. Io ho sempre visto in ciò una «prova eroica» della spiritualità dell’animo e non posso fare a meno di commuovermi quando penso che la Missa solemnis, la Nona sinfonia e gli ultimi sei quartetti furono composti da Beethoven proprio quando la sua devastante infermità era divenuta totale. Per questa precisa ragione le ultime opere di quel genio vanno impresse col fuoco nei nostri cuori: esse meritano di essere consegnate ai secoli che verranno a testimoniare la grandezza dell’anima umana.
Di fronte alla morte. «Dato che la morte, a ben guardare, è la vera meta della nostra vita, già da un paio d’anni sono in buoni rapporti con questa vera, ottima amica dell’uomo, così che la sua immagine non ha per me più niente di terribile, ma al contrario, è divenuta molto consolante. Ringrazio Dio di avermi concesso la fortuna e l’occasione di riconoscere nella morte la chiave della nostra vera beatitudine. Non vado mai a dormire senza pensare che, per quanto io sia giovane, il giorno dopo potrei non esserci più… Ringrazio tutti i giorni il Signore per la beatitudine che questo stato d’animo produce in me e che auguro di cuore a tutti gli uomini» (Mozart, Lettera al padre del 4 aprile 1787).
Giornale di Brescia, 5 agosto 2000