All’inizio della “Rerum Novarum” Leone XIII espose i motivi dello sconfinamento del suo magistero nel campo dell’economia prestando attenzione alle domande che il nuovo ordine sociale del diciannovesimo secolo poneva alla famiglia cristiana
Gli ulteriori cambiamenti della società contemporanea rendono oggi necessaria un’inedita riflessione sulle implicazioni e sui significati per la famiglia cristiana dell’ambigua novità del ventunesimo secolo: la globalizzazione.
Per comprendere in modo più autentico le implicazioni che essa crea, bisogna prestare attenzione a quattro distinte dimensioni: quella della “caritas”, quella della cultura, quella della politica e dell’economia.
La Caritas
Quando Gesù disse ai suoi Apostoli: “Andate e insegnate a tutte le nazioni”, furono le prime parole della globalizzazione, e ne individuarono il suo significato più profondo: il nuovo popolo di Dio non appartiene a nessun raggruppamento razziale o etnico, ma è universale, si compone di tutte le donne e gli uomini di buona volontà che aprono il loro intelletto, e la sua volontà è globale.
S. Agostino definendo la Città di Dio come la comunità di tutti coloro le cui menti e volontà sono fuse con la “caritas”, la quale rappresenta la dimensione intima di Dio, ha descritto una comunità globale, nello spazio e nel tempo.Venendo poi ai giorni nostri, sullo stesso tema è emblematica l’espressione di Giovanni Paolo II: “La civiltà dell’amore si rivolge alla comunità universale di tutti gli uomini e di tutte le donne della quale la Chiesa cattolica è l’araldo essendo una, globale e multiculturale”. Ed è pure importante tener presente che un sinonimo del termine “cattolico” è proprio il vocabolo “globale”.
Esistono altre forme di globalizzazione che sono giudicate a livello della “caritas” universale che Dio offre a tutti e ovunque.
L’attuale fenomeno di globalizzazione economica, politica e culturale è di gran lunga più superficiale e potrebbe risultare distruttivo per il disegno di Dio, tuttavia alcune correnti al suo interno potrebbero servirsene nel senso della “caritas” in maniera creativa preparando una forma di comunità umana più profonda, la comunità universale del diverso pluralistico popolo di Dio. In tale contesto “cattolico” non significa uniforme e omogeneo, ma “unito nella diversità”, poiché ogni famiglia cattolica è simultaneamente fondata sul suo particolare linguaggio e sulla sua cultura ed è unita a tutte le famiglie dalla solidarietà universale.
La dimensione culturale
Globalizzazione significa oggi sperimentazione di una fitta rete di contatti tra popoli e culture.
Iniziamo con alcuni esempi minori, ma più facilmente comprensibili: i programmi televisivi quasi simultaneamente possono riunire le famiglie di tutte le parti del mondo. Tutti possono vedere nello stesso tempo le stesse immagini. Tra il 1980 e il 1995 il numero degli apparecchi televisivi su mille persone e quasi raddoppiato passando da 121 a 235. Restano seduti nelle nostre case o nei nostri uffici seguiamo i bollettini meteorologici in televisione che ci informano sulle temperature e sui mutamenti del tempo in un gran numero di città in tutti i continenti del mondo. I principi dei diritti umani e della democrazia si diffondono rapidamente nel mondo al pari delle immagini di sofferenza e di ingiustizia, così come, purtroppo, le immagini di seduzione, edonismo e ribellione contro il bene. Inoltre mai tante persone come oggi si spostano da un paese all’altro: sono tante le famiglie i cui membri vivono in paesi diversi, in diverse parti del mondo.
Ma non è tutto: le molteplici ruote del commercio internazionale stanno intessendo un fittissimo circolo di scambi, con la conseguenza che sempre più persone spontaneamente ragionano a partire dai desideri di altre persone che vivono in zone lontane del pianeta. Un ottimo esempio è fornito dalle parole con cui un giornalista politico giordano racconta con soddisfazione l’inserimento da parte della CNN di Hamman nei suoi bollettini meteorologici e nelle previsioni del tempo; per lui, adesso, la Giordania esiste, ed esiste in una dimensione del tutto nuova rispetto a prima: anche agli occhi degli altri è oggetto di un certo interesse: “Siamo diventati persone diverse – spiegava l’uomo – pensiamo a noi stessi in un altri modo, in un modo planetario”.
Si considerino alcuni dati indicatori: tra l’80 e il ’96 il numero dei viaggiatori da un paese all’altro è più che raddoppiato, passando da 260 milioni a quasi 600 milioni, un decimo della popolazione mondiale. Tra il ’90 e il ’96 il tempo speso per telefonate internazionali è più che raddoppiato passando da 33 miliardi di minuti a 70 miliardi di minuti. Prendendo come riferimento l’indice dei prezzi al consumo, il costo di una chiamata telefonica di tre minuti da New York a Londra è sceso da 245 dollari nel 1930 a quasi 50 dollari nel 1950 a 3 dollari nel 1990, fino a 35 centesimi nel 1999.
Gli stessi notevoli cambiamenti stanno avvenendo nelle oceaniche profondità della cultura: in Indonesia, in Birmania, in Burundi, in tutti gli angoli del mondo, esiste un numero sempre maggiore di persone che si appella agli stessi principi universali, la dignità umana, il diritto alla personale iniziativa economica, la libera azione contro la povertà. Quasi tutte queste idee universali, come ha evidenziato la grande economista sociale Barbara Word, sono state introdotte nel mondo grazie all’influenza del cristianesimo. Con ciò l’economista non intendeva dire che il mondo sta diventando cristiano; ella suggeriva invece che certi ideali sociali e cristiani hanno una forza universale e che a tali ideali si stanno ispirando i popoli ovunque nel mondo, al punto che le nazioni, giunte così ad un’universale cultura del rispetto dei diritti umani, potranno dar vita ad un mondo molto più vicino ad alcuni fondamentali principi cristiani: la dignità della persona e la solidarietà tra i popoli.
Anche le espressioni politiche della globalizzazione sono molteplici: la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo con la sua condanna di certi mali quali i genocidi e le torture è un atto politico laico profondamente influenzato da pensatori cattolici: fuori dal palazzo delle Nazioni Unite a New York si trova una statua di Francesco di Vittoria, il grande pensatore cattolico gesuita originario della Spagna e considerato il padre del diritto internazionale.
La portata multiculturale della civiltà cristiana è alquanto profonda: il cristianesimo è la religione che vede la popolazione del mondo come un’unità tenuta insieme dalla legge di un unico Creatore e chiamata ad una nuova vocazione dal solo e universale Redentore; inoltre a tutti è stata data la vocazione di pianificare il regno di Dio sulla terra. Lo sforzo di pensare ad un sistema in cui il diritto positivo guidi, insegni e formi le persone comporta una dura lotta fatta di tentativi ed errori contro la resistenza e la ribellione umana, l’ignoranza e la cieca volontà. Il sacrificio per il governo della legge è una lunga avventura, ed è la famiglia la prima istituzione nella quale gli esseri umani apprendono la via della legge e si appropriano delle sue fonti in modo intimo.
La dimensione politica
All’inizio del ventesimo secolo Hitler, Mussolini e Stalin hanno sconvolto lo scenario mondiale urlando al pianeta che la dittatura è la forma di governo più efficiente per il perseguimento della volontà generale, e il mondo ha imparato la lezione amara e indimenticabile delle dittature.
Come Giovanni Paolo II ha sottolineato nel “Centesimus Annus”, la democrazia ha molti punti deboli, ma nessun sistema protegge in modo migliore i diritti umani delle minoranze e degli individui, tanto dai singoli tiranni, quanto dalla tirannia della maggioranza, al punto che oggi quasi tutte le dittature sono state rigettate e ovunque ci si impegna a sviluppare partiti e coalizioni che conducano alla costituzione di governi fondati sul consenso dei governanti e rispettosi di una legge uguale per tutti, senza titolari di diritti speciali.
Una seconda accezione politica della globalizzazione è quella di movimento simultaneo proveniente tanto dall’alto quanto dal basso contro l’egemonia dello stato nazionale.
In Europa, ad esempio, i singoli stati stanno attribuendo alcune loro prerogative alla Comunità Europea dando vita a nuove realtà più ampie dello stato nazionale, mentre allo stresso tempo molti stati nazionali sono posti sotto pressione per le richieste di maggiori autonomie provenienti dalle regioni situate all’interno del loro dominio: il Regno Unito sta conferendo sempre più indipendenza alla Scozia e al Galles, la Lombardia scuote lo stato centrale italiano per un riconoscimento di maggiore autonomia, così come in Francia, in Germania e in ogni altra nazione le regioni cercano spazi maggiori presso i propri governi. Tale duplice movimento si orienta da un lato verso le unioni più ampie e dall’altro verso quelle più piccole, con esigenze che sorgono da un complesso insieme di motivi, in cui sta anche qualche ragione poco nobile, ed è sostenuto dal principio cattolico di sussidiarietà, con la consapevolezza che alcuni problemi sono meglio risolti a livello locale, mentre altri necessitano entità culturali trasversali più ampie.
La dimensione economica
Al giorno d’oggi la dimensione economica della globalizzazione è oggetto di grande interesse. Prima del 1989, pochi pensatori avevano previsto l’improvviso crollo del socialismo, mentre al contrario molti erano venuti a considerarlo come il sistema economico del futuro, e in tanti sostenevano la necessità della creazione di una terza via tra il socialismo e le società capitalistiche esistenti, ma la repentina fine dei regimi nell’Est europeo ha eliminato l’alternativa socialista e gettato forti dubbi sulla fondazione della terza via.
Ad ogni modo i pensatori della terza via stanno perdendo fiducia nella capacità degli stati nazionali di pagare i propri conti: sono state fatte promesse ai futuri pensionati che non potranno essere onorate, poiché la popolazione invecchia rapidamente e il numero dei lavoratori giovani cresce lentamente. Molti paesi stanno sperimentando un preoccupante diminuzione delle nascite e un consistente calo della popolazione, sia a causa della pratica abortiva, sia perché si riduce la volontà delle giovani coppie di avere famiglie numerose.
I pensatori di tutto il mondo che un tempo condividevano le idee socialiste o almeno socio – democratiche e dello stato assistenzialista, soltanto adesso iniziano a rendersi conto di questa crisi finanziaria: una ferma condizione alla base dello stato assistenzialista, cioè che lo stato centrale non possa correre i rischi tipici del mondo dell’economia di mercato essendo in grado da solo di indirizzare il proprio consenso, non è più certa.
Un dato che riassume gli enormi cambiamenti in campo economico: nel 1965 la ricchezza lorda prodotta era pari a meno di due miliardi di dollari; nel 1996 è passata a trenta miliardi di dollari. In parte tale incredibile aumento della ricchezza mondiale è dovuto ad invenzioni e scoperte, nonché a milioni di piccole nuove imprese poste in essere da persone povere che in passato non avrebbero mai avuto la possibilità di diventare imprenditori.
Per questo vanno molto lodate le piccole imprese: perché sono le istituzioni più importanti per i poveri del mondo.
In America latina, in Africa si vedono due cose: da un lato tanti poveri che non hanno lavoro e dall’altro tanto lavoro da fare: servono cliniche, scuole, case; serve tutto. C’è molto lavoro da fare e ci sono moltissimi lavoratori senza lavoro.
Soltanto l’imprenditore con la sua inventiva può essere l’anello di congiunzione tra queste due componenti e creare qualcosa di nuovo, e l’istituzione più strategica per i poveri del mondo è proprio la piccola impresa: in America Latina c’è bisogno di dieci milioni di nuove imprese da sette – dieci lavoratori ciascuna.
Tra il ’65 e il ’96 il commercio tra i paesi è passato da 186 miliardi dollari a 6370 miliardi di dollari. A crescere con una tale enorme rapidità non sono state soltanto le dimensioni del commercio mondiale, ma è anche la natura dei prodotti esportati dai paesi meno sviluppati che è cambiata in modo completo. Negli ultimi trent’anni la produzione di ricchezza è esplosa, il commercio mondiale è esploso, ma ancor più è esploso l’investimento estero: il volume quotidiano degli scambi esteri è cresciuto dai circa 20 miliardi di dollari del 1970 ai 1500 miliardi di dollari del 1980. Questi indicatori spiegano perché stiamo vivendo in modo così diverso nel 2000, anno del grande Giubileo, rispetto al modo di appena trent’anni fa.
Il mondo oggi è di gran lunga più ricco, più interconnesso e più dinamico. Ogni nazione è in rapporto con altre più di quanto non lo sia mai stata prima. Molti sono spaventati da questa nuova interdipendenza globale e preferirebbero la sicurezza dell’isolamento, ma l’interdipendenza di un paese con gli altri ha il vantaggio di diffondere meglio la solidarietà e la conoscenza reciproca di tutti gli esseri umani.
Come alcuni padri della chiesa del medio-oriente hanno evidenziato nel III e IV secolo dell’era cristiana, un commercio internazionale esprime il bisogno concreto che ciascuna nazione ha delle altre, testimoniando la fondamentale unità della razza umana.
Questi cambiamenti relativamente repentini richiedono alti costi: le industri locali per generazioni protette dal mondo esterno, adesso devono affrontare difficoltà della competizione con altre nazioni che producono gli stessi prodotti in modo più efficiente, più economico e talvolta con qualità più elevata.
Trent’anni fa nascevano alcune piccole imprese che si sono poi sviluppate enormemente e hanno cambiato il mondo e la nostra vita: questo dimostra il fatto che la causa della ricchezza, come ha detto Papa Giovanni, sia la creatività, la capacità di inventare, la conoscenza.
Ogni bambino è la fonte della ricchezza della nazione; la risorsa più importante non è né l’oro né il petrolio. Se in Bolivia nascono migliaia di maiali, alcuni economisti sono soddisfatti perché c’è più prodotto nazionale da distribuire, mentre la nascita di migliaia di bambini è vista negativamente perché ci sono pochi beni di consumo, e tutto ciò è incredibile, perché i bambini possono creare molta più ricchezza di quanta ne consumino: la fonte della ricchezza sono i bambini, non i maiali!
È importantissimo evidenziare come le fonti della ricchezza presente e della globalizzazione attuale siano l’invenzione, la scoperta, l’energia mentale, che sono le uniche forze che possono rendere possibile il libero ingresso dei poveri e degli emarginati nel circolo virtuoso dello sviluppo.
Un CD per il computer si paga cento dollari, anche se il costo sarà al massimo di 85 centesimi per la plastica: il valore vero viene dalla mente, è qualcosa di spirituale.
Mettendo da parte le ideologie, ecco l’ambito nel quale la Chiesa può offrire e sta offrendo un contributo cruciale al progresso umano. Essa si muove con una prospettiva universale, aperta alla diversità e all’unicità di ogni popolo; la sua visione della globalizzazione non è di omologazione o di monotonia. Nel “Centesimus Annus” la Chiesa esprime una visione di economia, politica e cultura sotto forma di civiltà dell’amore; l’enciclica pone l’accento sul fatto che questi tre concetti possano essere intesi in modo positivo o negativamente: la democrazia in assenza delle leggi e senza la protezione dei diritti individuali delle minoranze diventa una tirannia della maggioranza; un’economia fondata sulla libera iniziativa economica e sulla creatività che non si basi sul governo della legge e non sia limitata da una morale rettamente intesa è disordinata, condannata all’autodistruzione; una cultura che intende erroneamente il pluralismo come una forma di relativismo o di nichilismo, non può dare vita a uomini e donne liberi e non può che preparare la strada ad un trionfo del potere assoluto e dittatoriale.
La “Centesimus Annus” individua l’obbiettivo di portare i popoli poveri all’interno del circolo dello sviluppo e identifica la causa della ricchezza delle nazioni nel capitale umano di conoscenza, abilità, attitudine, collaborazione, con un ampio ventaglio di altre virtù. Essa identifica nella famiglia l’unità sociale fondamentale nella quale tale capitale è trasmesso, sebbene attualmente in tutti questi aspetti la famiglia necessiti dell’assistenza di altre istituzioni e forze culturali. La famiglia è la cellula fondamentale della civiltà dell’amore, delle virtù democratiche, delle iniziative economiche, del rispetto per la diversità umana.
Il vero limite della società impostata sul modello dello stato assistenzialista è che la concentrazione del potere da parte dello stato centrale indebolisce gravemente le famiglie e gli altri enti intermedi. Prendendo le condizioni dei paesi poveri come esempio per comprendere il modo in cui la comunità globale sta progredendo, allora ci si può servire della “Centesimus Annus” per formulare alcuni giudizi pratici.
La meta finale di un buon ordine economico globale dovrebbe essere una crescita stabile del livello reale delle nazioni più povere, decade dopo decade, affinché tutti universalmente possano raggiungere un livello di vita decente, cosa che può realizzarsi solo se la produttività cresce e l’inflazione è tenuta sotto controllo. Queste sono due linee guida verso un progresso economico universale che può attrarre tutti i poveri nel circolo virtuoso dello sviluppo. Inoltre i leader cattolici dovrebbero stimolare l’attenzione del mondo intero su ciò che accade alla famiglia che, per ragioni teleologiche e filosofiche, deve essere vista dai cattolici come la cellula fondamentale della società umana. Dobbiamo infatti riconoscere che la base della società non è la singola persona: le persone nascono in famiglia, ed è solo all’interno di essa che le virtù e la cultura proprie dalla civiltà dell’amore possono essere comunicate, perché ogni bambino sperimenta l’amore incondizionato fra le braccia della madre e nella quotidiana esperienza di molti anni vissuti nel seno della famiglia sotto la duplice guida del padre e della madre, idealmente in una famiglia numerosa con più di un figlio.
I cattolici devono valorizzare la famiglia, che è lo specchio della presenza di Dio sulla terra, l’istituzione nella quale maggiormente si impara il significato di amore, legalità, onestà, dedizione e del sacrificio. In essa la gloria di Dio e dell’uomo è pienamente viva, e l’ardente desiderio per quella realizzazione di tutte le sue dimensioni vede la luce e riceve il suo primo nutrimento nella famiglia. È dunque fondamentale tentare di favorire le riforme sociali che potranno rinforzare le famiglie del futuro.
Un suggerimento concreto per realizzare tutto ciò è la brillante proposta di un economista cileno, Josè Piniera, il quale ha elaborato la riforma sociale più significativa dell’ultimo secolo: la personalizzazione delle pensioni di anzianità.
Questo programma è di enorme importanza per la vita della famiglia e potrebbe essere l’innovazione pratica di maggior respiro del pensiero sociale cattolico degli ultimi cento anni. L’innovazione, introdotta in Cile più di dieci anni fa, ha già mostrato un significativo successo in una dozzina d’altri paesi del mondo.
Sin dai tempi di Bismarck molte nazioni hanno sviluppato piani di finanziamento per cittadini anziani, normalmente chiamati pensioni di anzianità; quanto l’età media era di quarantacinque anni Bismarck fissò l’età pensionabile a sessantacinque anni, per garantirsi un numero continuo di giovani lavoratori che mantenessero il sistema che ogni anno doveva pagare le quote di pensionati. Oggi in molti Paesi non c’è alcun reale fondo in cui i contributi versati allo Stato vengano investiti e possano aumentare di valore; i contributi oggi vengono in pratica impiegati direttamente per pagare le pensioni.
L’idea di Piniera è totalmente differente in tre aspetti cruciali: in primo luogo il singolo lavoratore, invece di versare parte del suo stipendio ad un consorzio di fondi gestiti dallo stato, apre a suo nome un conto esentasse che possiede personalmente, attraverso uno strumento di investimento riconosciuto dallo stato, un fondo di risparmio.
Per conseguenza, e questo è il secondo aspetto fondamentale, la burocrazia statale che nel passato era necessaria per raccogliere i contributi delle pensioni e per erogare tali fondi oggi può essere notevolmente ridotta o scomparire del tutto, con il risultato di un elevato risparmio sociale.
Infine, diversamente dai piani pensionistici statali, questi fondi personali possono essere trasferiti agli eredi designati dai loro proprietari: se un lavoratore dovesse morire prima di raggiungere l’età pensionabile, gli investimenti, crescendo grazie all’interesse composto dal suo fondo, saranno trasferiti sotto forma di eredità a chiunque sia stato designato.
Lo schema descritto da Piniera consente a ciascuna generazione successiva di essere in termini di capitale accumulato in una posizione migliore rispetto alle precedenti. Ciascuno può iniziare la propria vita economica con un fondo trasmesso di generazione in generazione dalla famiglia, e ogni nuova generazione può aggiungere nuovo benessere.
Piniera ha provato con il successo di questo programma in varie nazioni che tale creazione di un fondo universale per ogni famiglia è praticabile; i fondi famigliari aumentano enormemente le possibilità per le famiglie, e in questo modo tutte quelle nazioni che già hanno le pensioni di vecchiaia per le quali i lavoratori stanno pagando avrebbero a disposizione la struttura per creare e sostenere lo sviluppo di un fondo universale per ogni famiglia.
Il grande sogno del ventesimo secolo, mai realizzato, è stato la ridistribuzione del reddito; lo schema di Piniera propone invece la distribuzione universale del capitale attraverso la trasformazione delle attuali pensioni in fondi personali tramandabili.
Anche nei paesi più poveri la proprietà del capitale, sebbene piccola, è portatrice di nuovo spirito, orgoglio, responsabilità e voglia di fare, più rapidamente di qualsiasi altro meccanismo, e questi fondi di investimento personale, generazione dopo generazione, potrebbero sollevare i poveri dall’indigenza, garantendo ad ogni nuova generazione un punto di partenza più elevato rispetto a quello delle generazioni precedenti.
La conclusione di queste osservazioni non può però essere completamente ottimistica.
Siamo appena emersi da uno dei secoli più brutali, scuri e sanguinosi della storia; è del tutto possibile che gli errori del ventesimo secolo siano commessi di nuovo nel ventunesimo, tuttavia nulla ci condanna ad un simile destino: “Vivi da persona libera” significa avere un’opportunità; nessuno garantisce il successo, ma si può almeno tentare.
Il Dio che ci ha donato la vita ci ha donato anche la libertà, e la nostra dignità è fondata sull’uso responsabile di essa.
Come Blaise Pascal ha insegnato, il primo obbligo morale è pensare in modo chiaro: dobbiamo pensare in modo più chiaro ai suggerimenti e alle possibilità che la nostra fede può offrirci nell’azione politica.
Se dobbiamo edificare le civiltà dell’amore, dobbiamo farlo in modo sano e concreto; tali modi sono spesso molto umili, tuttavia, non è mai male operare per i grandi fini servendoci di strumenti umili.
Dopotutto il fondatore della nostra fede, la fonte della Speranza, ha iniziato la sua vita come un falegname.
NOTA: testo non rivisto dall’Autore della conferenza tenuta il 4.12.2000 a Brescia su invito della CCDC.