Giornale di Brescia, 29 ottobre 2009
Il card. Turkson, nuovo presidente del Pontificio consiglio di Giustizia e Pace, a Brescia: «Bisogna amare l’Africa, non guardarla solo come un continente martoriato»
Léopold Sédar Senghor poeta senegalese nella raccolta di poesie «Ostie nere», dedica all’Africa crocifissa da quattrocento anni una preghiera di pace e perdono. Parole che sono riecheggiate nel recente secondo Sinodo dei Vescovi svoltosi a Roma, dedicato al continente fonte inesauribile di fedeli, vocazioni religiose e vitalità. Il tema «La Chiesa in Africa per la riconciliazione e la pace» è stato affrontato da Ccdc, Padri della Pace, Ufficio Missionario Diocesano e onlus EFrem nell’incontro svoltosi martedì nella sala Bevilacqua della Pace, che ha salutato il cardinale Peter Turkson (nella foto di Reporter/Favretto) nella nuova veste di Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. La nomina è giunta al termine dei lavori sinodali focalizzati sulla «Chiesa di Dio in Africa» anche se non si è parlato solo dello sterminato continente che racchiude ben 50 Paesi, ma è stata la Famiglia di Dio universale a pregare e riflettere sulla sua presenza in questa terra.
La giustizia dono di Dio
«L’Africa si alzi e il mondo le faccia posto». L’esortazione di Benedetto XVI ha suggellato le tre settimane del Sinodo che sono state ascolto di Dio, ascolto tra fratelli di fede e ascolto del mondo. Si scusa sua Eminenza Turkson, con voce suadente ma la sorpresa della nomina non gli ha consentito di preparare un intervento; relaziona a braccio i punti salienti dell’Assemblea e confessa che la promozione oltre che il tempo, gli ha rubato anche il sonno. La sua testimonianza chiarisce lo spirito del Sinodo che, seguendo le orme del Primo, ha proposto di guardare alla Chiesa come una famiglia; quella africana ha accettato la sfida, condizione irrinunciabile per riuscire a vincere i muri delle etnie, delle paratie tribali. «Finchè non si realizzerà una Chiesa che possa sostituire queste forti appartenenze non si potrà attuare quella riconciliazione che si sviluppa in verticale verso Dio e in orizzontale verso l’uomo. Solo questo consente l’abbattimento degli ostacoli nei rapporti interpersonali attraverso l’amore di Dio».
Ristabilire la verità
La giustizia intesa in senso cristiano è il giusto ordine delle cose mentre la pace, non soltanto in senso laico «assenza di conflitto», sarà soprattutto dono di Dio. Per questo è importante ristabilire la verità, il mondo deve imparare ad amare l’Africa, imparare ad ascoltare un continente complesso di cui si evidenziano spesso solo le ombre, le guerre, le malattie, l’analfabetismo.
«È tempo di cambiare, dobbiamo riconciliarci con la verità ed imparare a guardare all’Africa non solo come un continente martoriato. Ho lottato per questo con altri vescovi» ha sottolineato sua Eminenza. E ricorda come in Ghana le donne rappresentate spesso come «animali da soma», si siano riscattate e ricoprano ora prestigiosi posti di comando. È l’atteggiamento psicologico che va modificato. Certo sono importanti i progetti di formazione ai diritti umani e alla pace, ma bisogna agire sul territorio prima che le tensioni politiche esplodano in conflitti e il Cardinale Turkson s’impegna personalmente in queste mediazioni per facilitare il dialogo tra i partiti con il National Peace Council. Solo così il dialogo diventa presa di coscienza preventiva contro l’inutilità di scontri e violenze politiche.
Molti dunque sono gli sforzi che possono trasformare le sfide in opportunità per realizzare un’autentica conversione del cuore e per non ripetere l’errore di aver creato «cristiani di nozioni ma non realmente convinti». La Chiesa in Africa deve preservare il continente dall’odio, purificando le menti perché chi è «sale della terra e luce del mondo» conosce la salvezza di Dio e la pone al servizio di tutti. È un messaggio di riscatto che il Cardinale Turkson intende trasmettere coniugando evangelizzazione e promozione umana. Ecco perché il Vangelo deve diventare esperienza trasformatrice, riconoscere le potenzialità dell’Africa la porterà all’azione a sviluppare il meglio della sua umanità a non chiudersi nel pessimismo, a non essere più schiava ma creativa per riuscire a far fronte all’oscillazione tra innovazione dirompente e rigidi schemi tribali.
Un’economia di riconciliazione
Tutto ciò sarà possibile solo ristabilendo giustizia e pace. L’unità della Chiesa-Famiglia di Dio nel Continente potrà guarire il cuore ferito dell’uomo, perché «assai migliore dell’acciaio e dell’oro l’arte tranquilla di pensare insieme e vivere insieme», così come recita una poesia ghanese. In chiusura il presidente di EFrem, Giambenedetto Colombo ha illustrato come sia possibile realizzare l’economia di riconciliazione, impegnandosi a promuovere energie rinnovabili nel Terzo Mondo.