Concilio, l’urgenza vitale del dialogo

Giornale di Brescia, 10 maggio 2013

L’apertura, il tirocinio, il travaglio, l’arroccamento. Si snoda intorno alla dimensione storica che scandisce il manifestarsi della fede, il dialogo tra il Vescovo e mons. Canobbio sul suo libro intervista di Annachiara Valle, pubblicato dall’Editrice La Scuola, «II Concilio Vaticano II tra speranza e realtà» alla Libreria Paoline, gremita di un pubblico attento ed esigente. Il 50° anniversario dell’avvio del Concilio ha innescato un moltiplicarsi di iniziative di rilettura dell’evento e suscitato il desiderio di intrecciarle. Anche per provare a capire come mai i Papi succedutisi da Giovanni XXIII ad oggi, espressione di personalità e contingenze storiche distinte, paiono non essere riusciti nell’impresa dichiarata, approfondita, coltivata, Mons. Monari accosta le pagine di mons. Canobbio rinnovando le tematiche forti che va proponendo in riferimento al Concilio: il ritorno alle fonti, cioè alla Parola di Dio, mettendo in secondo piano le proprie priorità; la spinta all’aggiornamento, inteso co me impegno a rapportarsi con il vissuto che cambia. Dove si radica l’assetto problematico di questa cambi di mentalità? Mons. Monari cita una riflessine del prof. Ardigò: dopo il Concilio quanto più la Chiesa si è aperta al mondo tanto più il mondo si è allontanato dalla Chiesa. Il Vescovo non vi legge un rapporto meccanico, però vi scorge un punto di attrito nella Chiesa tanto da invitare a riflettere senza scomunicarsi a vicenda. Nel contempo riprende dal libro l’esperienza del tirocinio come condizione permanente della vita della Chiesa: provi, sbagli, riprovi, sbagli meno, torni a riprovare. Nella vita di una persona, anche quando fosse lunga, provare e sbagliare ha spazi finiti e talvolta conseguenze devastanti. Se poi ritorniamo al recente confronto Monari – Cacciari anche la Chiesa vedrebbe consumarsi, almeno nella percezione laica, il suo tempo ed avanzare l’Apocalisse. Mons. Canobbio inquadra la nota caratterizzante del travaglio cattolico nella paura a confrontarsi con le culture, i mondi, la modernità. Il Concilio è ancora incompiuto? E’ avvenuto con tutti i Concili, recepiti in tempi diversi e con interpretazioni non univoche. Non poteva non accadere a quello che si è confrontato con l’universalità senza inginocchiarsi alla mondanità ma innalzando la carità. Il suo è un inno alla fede che non verrà cancellata: l’ottimismo nasce dalla convinzione che è Cristo la luce delle genti. Sbagliato arroccarsi in una chiusa cittadella, fondamentale aprirsi al dialogo consapevole col mondo. Fin qui il vescovo e il teologo. Poi c’è il popolo, che vive in questo tempo di galoppante scristianizzazione. In altre sedi si è ascoltato l’elogio della coscienza. Certo, quella vera, faticosamente conquistata, non dell’emozione. Qui si è riproposta la centralità dell’ascolto della Parola di Dio.