Il ciclo di appuntamenti ha preso il via con la conferenza di Virgilio Melchiorre, docente emerito di Filosofia morale nell’Università Cattolica di Milano.
Viviamo in un’epoca, in cui dominano la tecnica, il pragmatismo, la concezione strumentale delle cose, le “quantità” della ragione matematica, del calcolo. In essa, c’è poco spazio per il discorso sul senso del reale, sulle essenze profonde di ciò che esiste, per la filosofia. L’uomo in sé ha bisogno tanto della prima dimensione quanto della seconda. Per questo motivo, sta emergendo un ritorno delle domande filosofiche fondamentali, che non possono essere sradicate dall’esistenza umana.
La Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, cogliendo tale istanza radicale della nostra cultura, organizza anche quest’anno un ciclo di incontri dedicato alla filosofia. In particolare, gli argomenti proposti riguardano il Novecento e il pensiero di tre grandi filosofi del secolo scorso: Husserl, Gadamer e Popper. Presso la sala Bevilacqua dei padri della Pace, lo scorso 1 aprile, si è svolta la prima conferenza, tenuta da Virgilio Melchiorre, docente emerito di Filosofia morale, presso l’università Cattolica di Milano, su Husserl.
Come ha sottolineato Luca Ghisleri, coordinatore dell’incontro, è necessario studiare il pensiero del Novecento, per meglio capire la nostra cultura e il nostro presente.
Melchiorre afferma che la filosofia di Husserl si colloca nel cuore della contemporaneità, poiché essa si richiama al percorso teoretico che inizia con Cartesio e affronta questioni cruciali del pensiero moderno. La sua “fenomenologia” vuole approfondire le origini della conoscenza umana, cercando di cogliere le cose e i nostri modi di conoscerle. Secondo lui, a tale riguardo, è fondamentale la “coscienza”: noi, infatti, percepiamo le cose sempre in essa. Per esempio, c’è un albero, noi lo percepiamo non in modo assoluto, ma nella nostra coscienza, come nostro modo di vedere l’albero.
Nell’analisi di Husserl, il pensiero deve sforzarsi di capire il rapporto tra coscienza e realtà, mettendo tra parentesi tutto ciò che non rientra in tale processo: egli parla di sospensione del giudizio, per cogliere le radici delle cose. A questo proposito, è centrale il concetto di “intenzionalità”: io colgo l’oggetto presente nella mia coscienza. Tutte le nostre conoscenze vivono nella nostra interiorità, per cui il mondo esterno è filtrato dai nostri modi di vedere le cose. Anche il tempo si mostra sia nella dimensione esterna, del divenire, delle ore e dei minuti, sia nella sfera interiore, come coscienza del tempo che passa: per noi è più importante la seconda accezione, perché abbiamo una vita coscienziale, che elabora tutte le nostre esperienze.
Il discorso di Husserl, dice Melchiorre, arriva alla “scienza delle essenze”: noi possiamo intuire le strutture profonde del reale, non nell’ambito delle scienze, ma in quello del pensiero filosofico. In questo modo, ci accorgiamo che la realtà è costituita di tanti gradi: dalle cose più piccole ai significati più profondi, fino ad un orizzonte infinito, che rimanda ad una realtà assoluta. Il filosofo, però, qui si ferma, perché esaurisce la sua indagine fenomenologica e non può andare oltre. Secondo lui, l’uomo non ha la capacità di definire Dio. Questa è la parte meno nota della sua filosofia. Melchiorre rivela che una sua assistente, una suora, ha parlato con lui prima della sua morte sul tema di Dio, che egli non ha quasi mai affrontato nei suoi testi. Husserl avrebbe definito la sua filosofia come una “via atea verso Dio”, cioè un percorso puramente di ricerca, che ha messo tra parentesi l’assoluto, per non compromettere l’indagine. Tuttavia l’esito finale del suo itinerario porta al limite estremo della conoscenza, dove si aprono orizzonti metafisici, che rimandano all’assoluto.
Come possiamo vedere, la lezione di Husserl stimola il nostro pensiero, dicendoci che non dobbiamo fermarci alla superficie delle cose, al torpore dell’immediato, come propone il “pensiero debole”, ma possiamo “leggere” dentro la realtà, cogliendo dei significati, che vanno al di là dei limiti della nostra esperienza sensoriale.
Voce del Popolo, 22 aprile 2011