Il quinto evangelio è l’ipotetico libro continuamente cercato nel tempo dalle più diverse generazioni di cristiani, dai più diversi ” avventurieri della fede “, come qualche volta li ho chiamati, cioè santi, eretici, mistici, ribelli, credenti e non credenti, che hanno supposto l’esistenza di un quinto vangelo autentico quanto i quattro della tradizione.
Quando lo si trova, anche se qualche volta c’è un tentativo molto immodesto da parte mia di mimare qualche espressione evangelica, alla fine non si scopre altro che si tratta degli stessi quattro evangeli che vengono riletti con occhi diversi. E’ quanto esprime Pietro d’Artois nel brano conclusivo della sua “professione di fede”, che mi permetto di citare per esteso: «che io dunque sostenga che, siccome gli Evangeli non furono bastanti a redimere e mutare il mondo, il Cristo ce ne ha dato da scrivere un quinto, non significa affatto, come m’è stato rimproverato, che io abbia inteso designare materialmente un altro libro, ma solo che penetrando sempre più negli Evangeli, “cercandovi la carità”, come domanda San Paolo, l’intelligenza che ne avremo sarà così perfetta, che veramente sarà come se avessimo composto un quinto. E alcunché di simile ho voluto dire nel luogo dove ho scritto che a ogni nuovo santo che nasce è un nuovo evangelo che si scrive. Il che tuttavia può anche essere inteso altrimenti: che le opere buone che compiamo sono il nuovo evangelo che si scrive; o propriamente che il Vangelo muore e nasce tante volte, quante volte la Carità declina o rifiorisce».
Il libro si apre con la lettera di uno studioso contemporaneo, Peter Bergin, giovane ufficiale americano, che racconta di aver trovato tra le rovine della canonica di una chiesa di Colonia, distrutta dalla guerra, dei frammenti o delle testimonianze di un ipotetico evangelio inedito e di aver speso l’intera vita per scoprirlo. Ha creato intorno a sé un gruppo di discepoli che poi raccoglieranno in qualche modo la sua missione.
Anche se non è riuscito a scoprire il quinto evangelio, ne trova le tracce un po’ dappertutto e ora che si sente vicino alla fine della vita, mette insieme i materiali che ha scoperto, lettere, versi, racconti, frammenti, leggende, biografie, per sottoporle ad altri studiosi.
A questo punto si potrà domandare all’autore il perché di questa operazione mimetica e il perché di questo variare continuo della parte centrale del libro, nella quale l’epistolario, le lettere si aggiungono, stanno accanto ai versi, alle parti narrative, alle biografie, alle testimonianze di tipo vario e perfino ad un dramma che poi conclude il libro. Ebbene io ho avuto molti dubbi nel montare una struttura così fatta, perché ho inventato degli ipotetici documenti che avrebbero dovuto rassomigliare ai possibili documenti delle epoche alle quali mi riferisco.
Una semplice considerazione mi ha convinto a continuare a scrivere: se veramente un quinto evangelio fosse esistito, se i cristiani avessero creduto veramente nell’esistenza di questo ipotetico libro, esso avrebbe generato intorno a sé un’intera letteratura, la quale si sarebbe manifestata nelle forme più diverse e attraverso i generi letterari più vari.
Sarebbe stata una letteratura che avrebbe dovuto spaziare dalla narrativa alla poesia, dalla epistolografia fino al teatro e a tutte le altre possibili forme.
Ecco la giustificazione che diedi a me stesso e fu essa che mi consentì di portare avanti questo discorso letterario.
E’ chiaro che il libro può soffrire di discontinuità, c’è un balzo continuo di epoche, c’è il passaggio da questo a quel personaggio, c’è il rinnovarsi continuo delle forme che può essere disorientante per il lettore. Secondo me la continuità è data da due fatti: il primo è che, in realtà, l’ideale protagonista è proprio l’evangelio continuamente cercato o la leggenda o il mito di questo libro continuamente presente.
L’altro elemento di continuità è più profondo e sta in una particolare evidenza che è propria della sensibilità del cristiano. Il cristiano se anche vive qui e ora, in questo momento storico sul pianeta terra, si sente idealmente confuso con tutti quelli che sono esistiti dentro una storia che non è solo la propria storia personale, ma è anche una storia collettiva e, se vogliamo chiamarla così, ecclesiale. In questo senso, anche se i personaggi sono diversi, il messaggio e l’esigenza rimbalzano dall’uno all’altro e la continuità del libro è stabilita dal fatto che queste persone sono tutte quante dentro una situazione che le raccoglie e le unifica.
NOTA: testo, non rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 10.3.1978 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura. L’incontro si è svolto nella libreria “CCDC” di corso Magenta in Brescia.