La Chiesa, nata dal Cristo, è destinata alla salvezza di tutti gli uomini, senza distinzioni di razza, nazionalità, cultura. È cattolica e cioè universale. Le chiese locali in comunione fra di loro e con il successore di Pietro, si fondono nella chiesa cattolica in ragione dell’unica fede nell’unico Signore. Non ci sono geografie privilegiate di fronte al Cristo crocifisso.
La fede cristiana è tale da potersi incarnare nelle varie culture, accogliendole in sé, nutrendosi dei loro valori autentici, esprimendosi nei loro linguaggi. Naturalmente essa esercita nei loro confronti una critica creativa, provocandole a purificarsi e a realizzare in se stesse un’identità più intrinseca alle ragioni autentiche dell’uomo.
Il miracolo delle lingue, che contrassegna l’evento della Pentecoste, indica e realizza la cattolicità della chiesa. Uomini tra di loro stranieri, culturalmente diversi, capiscono ed accolgono il linguaggio del Vangelo come unico e destinato a tutti.
La cattolicità della chiesa rinasce continuamente dall’ordine del suo Signore: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni!» (Mt. 28, 19) e dall’esperienza della missione che sta all’origine del principio teologico della salvezza per la fede e non per le opere della legge.
In base a questo principio, la chiesa si libera dai vincoli dell’ebraismo ed esce dalla sinagoga. Abbattendo il «muro di separazione» che l’ebraismo aveva eretto contro i gentili, annullando cioè «la legge fatta di prescrizioni e di decreti», la chiesa conquista la propria cattolicità. Di due popoli fa «un solo uomo nuovo» per riconciliare tutti e due con Dio per mezzo della croce (cfr. Ef. 2, 14-16). Dopo il Cristo e dopo la sua croce, «scandalo per i giudei e follia per i pagani» (1 Cor. 1, 23), ogni inimicizia è distrutta e nessuno è più straniero né ospite nel nuovo popolo di Dio; tutti sono invece «concittadini dei santi e familiari di Dio» (cfr. Ef. 2, 19-22).
Davanti al Cristo, dunque, tutti gli uomini sono allo stesso titolo nella stessa famiglia: le differenze non dividono più. Al Concilio di Gerusalemme l’esperienza e la teologia missionaria di san Paolo vennero autorevolmente confermate da san Pietro e dall’intera assemblea riunita: «Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati noi e nello stesso modo anche loro (i “gentili”)» (Atti 15, 11).
Un ostacolo all’espressione piena della cattolicità della chiesa è lo stato di parziale divisione che esiste tutt’oggi fra i cristiani, dopo le grandi fratture storiche dello scisma d’Oriente (1054) e del protestantesimo (1517). S’impone il problema di una riunificazione che faccia della chiesa sempre più evidentemente il «sacramento o segno e strumento… dell’unità di tutto il genere umano» (Concilio Vaticano II, Lumen Gentium), che la renda, cioè, più adatta ad esprimere e a comunicare agli uomini la propria esperienza di unità articolata, di unità nelle differenze.
È il cosiddetto problema ecumenico. Nato nel nostro secolo, il movimento ecumenico ha certamente fatto avanzare il mondo cristiano sulla via dell’unità, mediante una crescente comprensione reciproca, il dialogo e una teologia non più della necessità di un ritorno dei fratelli “separati” alla santa madre chiesa, quanto piuttosto, più umilmente, della necessità di un ravvedimento comune e di una convergenza di tutte le chiese e comunità cristiane verso l’unico Cristo, da tutte riconosciuto come Figlio di Dio e Signore. Il Concilio Vaticano II ha riservato al problema ecumenico uno dei suoi sedici documenti, il decreto Unitatis redintegratio, con il quale riconosce gli elementi di verità e di salvezza in possesso di tutti i credenti nel Cristo. Ma l’intera teologia del Concilio si deve ritenere ecumenica, per l’evidente sforzo di riconoscimento e di valorizzazione del dialogo interconfessionale.
Anche in questo campo la chiesa dovrà chiedere a Dio il dono del “discernimento degli spiriti”, per poter distinguere in se stessa ciò che è rinunciabile da ciò che è irrinunciabile, ciò che è variabile da ciò che non può mutare, ciò che può e deve essere accolto da ciò che è inaccettabile: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono» (1 Tess. 5, 19). Una chiesa cattolica e missionaria è il contrario di una chiesa “stabilita”, di una chiesa che reputi intangibili e quasi divine tutte quante le sue componenti, anche quelle meramente storiche e legate a una cultura particolare.
Credo risorgerò, Morcelliana, Brescia 1984, pp.99-101.