Croce e Gentile si occuparono ben presto e con notevole acume di Marx e forse la conoscenza diretta dei loro studi sul materialismo storico contribuirebbe ancor oggi a rendere corretto, e persino demitizzare, il discorso su quella ideologia che sembra, per molteplici ragioni, candidata a divenire “l’illusione dell’epoca”, secondo l’icastica definizione di Harry B. Acton.
Nel dibattito tra i due filosofi sul significato del marxismo sono, infatti, anticipate le linee di fondo delle due sole coerenti interpretazioni: il marxismo come sistema, esprimente l’intero della verità, e il marxismo come metodo, avente una sua “anima” di verità che va liberata da ogni pretesa totalizzante, da ogni indebita, assorbente assolutizzazione. Il dilemma emerge prepotente dalla nutrice appendice che accompagna la nuova edizione degli scritti gentili ani sul materialismo storico (“La filosofia di Marx”, V edizione, Sansoni, Firenze), in cui sono riprodotte per quasi centocinquanta pagine dal carteggio Gentile-Croce numerosi, interessantissimi brani che attengono alla discussione dei due studiosi sul materialismo storico, insieme alle poche lettere finora reperite scambiate tra il Gentile e Antonio Labriola.
Labriola, definendo il materialismo storico come un “filo conduttore” o “metodo di ricerca e di concezione”, aveva indotto l’amico e discepolo Benedetto Croce a interpretare il marxismo “come canone di ricerca empirica, tale che non importi nessuna anticipazione di risultati” e a rivalutarlo sotto questo aspetto. Gentile rimane invece colpito da altri giudizi del Labriola, che troppo enfaticamente proclamava il marxismo “ultima e definitiva filosofia della storia”, avendo di essa rivelato il corso necessario, giungendo a scrivere che “il comunismo critico… non dice e predice, come per discutere di un’astratta possibilità, o come chi di capo suo voglia mettere in essere uno stato di cose che speri e vagheggi, ma dice e predice come chi enuncia ciò che è inevitabile accada”. Gentile concentrò le ragioni del suo rifiuto della concezione crociana in un dilemma: “o il canone è speciale e relativo, e il materialismo storico viene negato; o il canone è generale e assoluto, e il materialismo storico è per l’appunto una filosofia della storia”.
A nostro parere, Croce all’incalzante interlocutore risponde con osservazioni che sembrano andare al cuore della questione marxista. In una lettera del febbraio 1897 Croce scrive testualmente: “Io non sono un cattivo interprete dei libri del Labriola, perché oltre i libri ho letto anche… l’autore; e quindi nel libro veggo spesso più e meno di quel che dicono le parole”. Labriola procedeva per “concetti imprecisi” e “impressioni d’insieme”, usando ora espressioni sfumate, “ondeggianti”, che indicavano una tendenza più che un principio morfologico, ora espressioni recise e dommatiche; l’oscillazione si spiega se si tien conto che la dottrina marxista non regge nella misura in cui vuol essere conseguente e fanaticamente onnicomprensiva.
“Per me – scriveva il Croce il 28 ottobre 1897 – il materialismo storico, per essere vero, deve restare una semplice veduta metodologica; nella espressione socialismo scientifico la parola scientifico è una metafora”. È assurdo confondere la scientificità, la validità scientifica di una dottrina con la pretesa di presegnare lo sviluppo storico nelle sue tappe necessarie, con la necessità di un determinato corso storico. “Ora che si abusa tanto della parola scienza, perché impedire ai socialisti di chiamare scientifica la loro concezione, che scientifica non è, ma pure si fonda su tanta osservazione della realtà?”. L’autentica considerazione filosofica della storia non comporta nessuna anticipazione dei risultati. Alle obiezioni del Gentile secondo il quale “non è vero, se il materialismo ha un significato e quel significato che il Labriola, fedele agli autori di esso, gli dà, non è vero dico, che la società presente non si debba, ma soltanto si possa, dissolvere per consociare successivamente i mezzi di produzione”. Croce replica citando Birmarck: “La politica non è una scienza esatta, come i signori professori pensano”.
È insostenibile, scrive il Croce, “il monismo storico che pretende di dedurre la storia da un fatto fondamentale, laddove nella storia ci sono fenomeni di concorrenza ed intreccio di cause” (lettera del 4 febbraio 1898). Croce insiste sulla formula “imprecisa e contraddittoria” in cui Marx – Engels – Labriola lasciano assai spesso il loro pensiero, ma finisce con concedere che la formulazione verbale del marxismo sia meglio rispecchiata dalla interpretazione del Gentile; la sua interpretazione “restrittiva ed empirica” è, però, la sola a permettere di evidenziare l’anima di verità del marxismo, mettendo il silenziatore sulla assolutezza dommatica dei suoi enunciati. “Appercepire Marx come critico della società presente – scrive Croce nella lettera del 21 agosto 1899 – e come storico di essa e come politico del movimento proletario, è prendere Marx in ciò che forma la parte veramente notevole della sua attività. La filosofia è un condimento, e non è un buon condimento, del suo pensiero”.
Giornale di Brescia, 26.9.1975