"Frontiere aperte per le armi, blindate per chi fugge"

Giornale di Brescia, 7 marzo 2017

 

“I diritti traditi tra Europa e Medio Oriente” è il titolo dell’incontro che si terrà lunedì 13 marzo, alle 20,45, al Salone Bevilacqua, della Pace, in città, per iniziativa della Cooperativa cattolico-democratica di cultura. Il tema è affidato ad Antonio Marchesi, presidente nazionale di Amnesty international. Consulente del Consiglio d’Europa, della Commissione europea e del Parlamento europeo, Marchesi è docente di diritto internazionale all’Università di Teramo. Ha insegnato anche alla Facoltà di filosofia dell’Università di Roma La Sapienza e alla John Cabot University. È autore di una cinquantina di saggi e pubblicazioni con particolare attenzione alla protezione internazionale dei diritti umani.

“Frontiere aperte per l’esportazione delle armi, ma blindate verso chi fugge dalle guerre provocate da quelle stesse armi”. È solo una delle contraddizioni che si incontrano sull’itinerario fra Europa e Medio Oriente. Il presidente Antonio Marchesi intreccia la sua competenza sul diritto internazionale e la sua militanza ai vertici di Amnesty international quando affronta il tema dei diritti umani così spesso negati e traditi. E aggiunge: “L’intera gamma dei diritti personali e civili è travolta in molte parti del mondo. In Medio Oriente spesso non sono garantiti neppure i bisogni essenziali, le più elementari condizioni di vita. Persecuzioni e guerre costringono milioni di persone alla fuga. E perseguitati e rifugiati quasi sempre non hanno alcun diritto, costretti come sono in condizioni disumanizzate e disumanizzanti”.

Una stima prudente calcola in 21 milioni i rifugiati oggi nel mondo. E 12 milioni di questi sono raccolti in soli dieci paesi, vicini ai luoghi dei conflitti. Sembra che i Paesi più poveri siano più accoglienti degli stati ricchi…

“E viene smentita così l’idea che siamo di fronte ad un’invasione dell’Europa. La maggior parte di chi fugge dalle guerre è riuscita a superare i confini del proprio Paese, ma non ad arrivare in Europa. Possono parlare di invasione il Libano e la Giordania, che hanno milioni di profughi, non altri. I numeri che riguardano l’Europa, per non essendo insignificanti, restano tuttavia limitati rispetto alle risorse dei Paesi ricchi. È un fenomeno che potrebbe essere gestito con umanità. L’idea che siamo di fronte ad un’emergenza, all’invasione, è solo strumentale a certe mire politiche”.

Tuttavia Onu e Unione europea sembrano incapaci di gestire il flusso crescente dei migranti. Perché?

“Si tratta di due situazioni diverse. L’Onu è un’istituzione d’impostazione classica, lenta nelle sue scelte. E il suo Consiglio di sicurezza, in alcuni scenari recenti, come quello che riguarda la Siria e la Russia, è stato messo fuori gioco. Per la Ue, tutto dipende dalla volontà politica. E la volontà politica europea, che noi non possiamo condividere, è di tenere rifugiati e profughi il più lontano possibile dai nostri territori”.

Amnesty è molto critica sugli accordi bilaterali…

“Perché si stanno stipulando accordi con Paesi “piantone” cui si affida il lavoro sporco, svolto secondo standard che non sarebbero accettabili in Europa, in cambio di alcuni privilegi. L’accordo con la Turchia, ad esempio, sancito con un Paese che si avvicina sempre di più alla dittatura. O l’accordo dell’Italia con la Libia, una regione dove gli stranieri vengono torturati, imprigionati, costretti a condizioni inumane. O addirittura l’accordo di polizia con il Sud Sudan per le espulsioni…”

Amnesty ha da poco pubblicato un rapporto critico anche sugli Hotspot italiani. Perché?

“Le reazioni ostili a quel rapporto sono state provocate da alcune segnalazioni di maltrattamenti. La nostra valutazione è complessiva, non è legata a qualche caso isolato, ma al sistema in generale. Nonostante il grande impegno, le procedure sono sbrigative e la ricollocazione dei rifugiati non sta funzionando né a livello italiano né a livello europeo”.

Ma quale soluzione per un problema tanto complesso e spinoso?

“Noi chiediamo che a chi fugge da guerre e persecuzioni vengano applicate le norme internazionali sui rifugiati. Canali sicuri di uscita, esame equo e approfondito della propria domanda. Invece assistiamo a dichiarazioni ossequiose dei principi, ma vuote nella pratica. Bisogna condividere le responsabilità, non cercare di evadere il problema”.

All’appuntamento con i bresciani affronterà anche altri temi?

“Vorrei parlare anche del caso Regeni e della verità ancora negata dall’Egitto. Vorrei parlare anche del reato di tortura, che in Italia ancora non viene riconosciuto e punito. E della necessità costante di tenere alta la vigilanza in difesa dei diritti di ognuno”.