(nato a Bitonto, Bari, il 21 febbraio 1880 – morto a Bari il 18 marzo 1957)
Scelse da giovane di essere socialista, quando il socialismo era un ideale di sacrificio, e di servire il popolo nella scuola. Pedagogista attento all’incidenza della politica, ravvisò nell’educazione morale il fulcro della promozione umana. Pervenne, infine, sul finire degli anni 1920, alla fede nel Cristo dei Vangeli, aderendo al cattolicesimo di Manzoni, Rosmini, Don Bosco e Newman. Da allora la sua opera assunse sempre più il duplice carattere di appassionata difesa della dignità umana contro i “tre pilastri del totalitarismo” (comunismo, fascismo e nazismo), la più tipica forma di neo-paganesimo del XX secolo, e di apologia pedagogica del cristianesimo. Profonda fu la sintonia con l’amico tedesco Fr. W. Förster e, negli ultimi anni, con J. Maritain.
L’ardore intellettuale, il netto rifiuto di una scuola mortificante e la partecipazione all’apostolato socialista in difesa dei contadini più poveri lo spingono a compiere per proprio conto gli studi liceali. Laureatosi a Napoli nel 1905 in scienze naturali, non può proseguire nella carriera universitaria per scarsità di mezzi. La ricerca biologica e la problematica etico-politica riaccendono invece in lui la mai sopita passione per la filosofia, in cui consegue la seconda laurea nel 1911.
L’insegnamento – iniziato con successo già quand’era studente universitario, per mantenersi almeno in parte agli studi, e proseguito poi con appassionata dedizione nelle scuole pubbliche di Corato, Barletta e Bari come insegnante di scienze, direttore del Ginnasio Magistrale e poi, per molti anni, docente di filosofia e pedagogia – dette al Modugno la consapevolezza della sua vocazione profonda e ai suoi scolari il senso della grandezza socratica del loro professore. La sua doveva essere scuola di onestà intellettuale e di risveglio delle coscienze.
Amico fraterno di Gaetano Salvemini, il Modugno si adoperò perché lo storico pugliese accettasse di rappresentare in parlamento i “cafoni” del Sud, dando così alle coraggiose denunce del suo giornale «L’Unità» una più ampia risonanza. Salvemini si candidò nel collegio di Bitonto, alle elezioni del 1913, ma contro i suoi sostenitori si scatenò la violenza, protetta dai poteri pubblici, dei cosiddetti “mazzieri” e proprio il Modugno per poco non cadde vittima di quei facinorosi. le elezione di Bitonto divennero un caso nazionale, la cui analisi mise a nudo il doppio volto del giolittismo, liberale, progressista e filosocialista al Nord, cinicamente disposto a ogni collusione con le forze più retrive nel Sud. Di lì a poco, il modo in cui l’Italia nel 1915 entrava nel conflitto sanciva la sostanziale vittoria dell’interventismo nazionalista su quello democratico; ciò indusse il Modugno a mostrare ancora nel 1916, in piena guerra, la carica di disumanità e di inciviltà dell’ideologia nazionalistica, la quale rende ciechi gli uomini di fronte ai diritti degli altri popoli, opponendo nettamente i termini “coscienza nazionale” e “nazionalismo” (la discussione era stata provocata da un articolo di V. Cento sulla rivista «La nostra scuola»).
Ancora durante il conflitto, nel 1917, vivamente sollecitato da Giuseppe Lombardo Radice, Modugno dà alle stampe “Il programma scolastico della nuova democrazia”. Le tesi di quell’opera possono essere così riassunte: la scuola a tutti; la scuola materna, primo gradino della formazione umana, in ogni comune d’Italia; una scuola che si prolunghi per tutti oltre le elementari e che privilegi con la formazione civica e professionale l’iniziazione all’umano, cioè alla vita dello spirito che è fatta di poesia e di pensiero, di tolleranza, di fraternità, di gentilezza d’animo, di devozione a una causa superiore all’utile dei singoli e dei clan.
Per Modugno la “questione sociale” è anche, e non in via secondaria, un problema di educazione della persona a documentarsi, a ragionare, a prendere possesso delle sue capacità e ad esercitarle al più alto grado. Il compito più urgente della scuola nel nostro secolo sta nell’innalzare il popolo alla consapevolezza della sua dignità morale: occorre di continuo trascendere la coscienza di classe in una visione etica superiore alle classi, perché avente valore assoluto e universale, e non cedere mai alla tentazione della violenza e al mito della dittatura liberatrice. Il socialismo deve incorporare le conquiste della rivoluzione liberale e cercare la giustizia sociale attraverso la democrazia. La democrazia, però, si svuota e lavora alla propria fine se rinuncia alla sua idea-forza, che non è “la gara degli agi”, ma la promozione di tutti i membri di una collettività, a cominciare dai più indifesi.
Su queste idee torna con forza e lungimiranza il Modugno nello scritto “La nuova coscienza di libertà e la scuola nel secolo XX”, che è del 1919, quando ormai il mito della rivoluzione russa aveva travolto la tradizione democratica del socialismo italiano, rendendo inevitabile il crollo dello Stato liberale, nel momento stesso in cui, avendo triplicato la sua rappresentanza parlamentare, il partito socialista poteva contare molto nel determinare una politica autenticamente riformatrice.
Dopo mesi della cosiddetta “normalizzazione” promessa dal fascismo, tra la marcia su Roma nel 1922 e le elezioni dell’aprile 1924, ci fu l’assassinio di Giacomo Matteotti e, sei mesi dopo, a partire dal 3 gennaio 1925 l’instaurazione della dittatura fascista. Modugno moltiplica i suoi interventi sulle riviste pedagogiche, accentua il suo ruolo di educatore dei maestri e dei professori, difende e suggerisce sul piano dell’ordinamento disciplinare il metodo dell’autogoverno, sviluppando appassionatamente un capitolo inedito nel nostro panorama pedagogico, la metodologia e la didattica dell’educazione morale. In quegli anni pubblica appunto presso la Vallecchi “Il problema morale e l’educazione morale” (1924) e, per i ragazzi, “Liberi e disciplinati” (1926).
«Parlare di libertà e di amore ai maestri, e quindi ai fanciulli d’Italia, questo sì è assai bello – confida a se stesso in una pagina di diario – in quest’epoca nietzschiana!». D’intesa con Lombardo Radice, egli si adoperò a far grandeggiare l’ispirazione “vichiana” e “manzoniana” dei programmi per la scuola elementare, fatti approvare nel 1923, contrastando così, senza rumore, i propositi del partito al potere di fascistizzazione radicale della scuola. Ad un certo punto della lunga, difficile battaglia Lombardo Radice sente di non poter più continuare e prega il Modugno di succedergli alla direzione della sua rivista, «Scuola Nazionale». L’invito, però, non è accolto per evitare ogni compromesso con il fascismo imperante. Si era nel 1930.
Frattanto, in campo filosofico il problema della fondazione della dignità dell’uomo di fronte alla minaccia e al veleno del bipolarismo totalitario (comunismo-fascismo) fa toccare con mano al Modugno i limiti negativi di ogni concezione storicistica. Il suo orizzonte mentale diventa sempre più quello del realismo spiritualistico. Il cristianesimo viene da lui concepito come il fondamento della legge morale, la soluzione delle antinomie della vita e la proposta educativa più necessaria all’anima contemporanea. Poiché la verità è inclusiva e non esclusiva, egli cerca di cogliere tenacemente i motivi di convergenza reale tra le parti in dialogo, ma senza confusione e senza ibridismi tattici: vedeva, in particolare, un terreno concreto di incontro tra educatori di diverso orientamento nella formazione del carattere morale e nel compito storico della scuola italiana di educare ai valori universalmente umani della democrazia.
La spinta decisiva viene al Modugno dalla riflessione sulla realtà educativa, vero banco di prova di ogni visione della vita. Il problema posto da Kant nella seconda “Critica” (qual è il fine della vita umana che giustifica, in ultima istanza, lo stesso valore morale) diventa ineludibile quando giunge il momento di rispondere alle grandi domande che la figliuola Pinuccia pone ai suoi genitori. Il Modugno non era spirito disposto ad accettare una “soluzione pragmatistica”, come scriveva al Casotti in una lettera del 10 aprile 1928: «Non so rinunziare a veder chiaro e preciso per accettare una soluzione solo in quanto rispondente ai bisogni spirituali più intimi». Kant rispondeva all’interrogativo con la teoria dei postulati metafisici della ragione pratica (la libertà, l’anima immortale, Dio sommo bene originario che rende possibile l’equivalenza tra virtù e felicità) e con la “fede morale” in essi; ma occorreva andare oltre. Il Modugno, accogliendo il metodo e i risultati della riflessione pedagogica e filosofica del Friedrich Wilhelm Förster e di Maurice Blondel, passò dalla “fede morale” del filosofo di Königsberg alla “fede religiosa” nel Cristo (questa, del resto, era storicamente all’origine di quella).
Nel secondo periodo della sua vita le direttrici furono: a) riscattare la luce del messaggio evangelico sul piano del giudizio storico dalle oscurità e contraddizioni di non poche idee e situazioni pseudo-cristiane; b) entrare gioiosamente in possesso della ricchezza di pensiero e di spiritualità del cattolicesimo; c) trovare e rendere ancora più vigorose le ragioni della sua lotta per la democrazia e per l’elevazione del popolo. Il Modugno in una lettera a Lombardo Radice nel 1930, poteva scrivere: «Ho potuto pienamente toccar con mano ciò che dice il Newman: chi ha nutrito sinceramente una fede sente, avvicinandosi a Cristo, che non rinuncia a nulla di tutto ciò che di buono vi era in essa, ma lo ritrova approfondito, potenziato, illuminato». I frutti più maturi del travaglio spirituale e della rimeditazione, dal nuovo e più comprensivo punto di vista a cui era pervenuto, di tutti i grandi problemi della civiltà in cui l’uomo è chiamato a vivere, dell’etica, della politica e dell’educazione non tardarono ad arrivare.
Nel 1931, infatti, il Modugno pubblica “F. W. Föster e la crisi dell’anima contemporanea”, “nella speranza – com’egli stesso scrive nella prefazione alla II ed. del 1946 – che nell’acuta e profonda diagnosi försteriana del prussianesimo anticristiano i lettori ravvisassero un’analoga diagnosi del male, che già ammorba l’Italia e che poi l’ha condotta alla più spaventosa rovina che ricordi la storia”. Nel 1935, a un anno di distanza dalla dipartita dell’unica figlia, morta ad appena ventitré anni, il Modugno pubblica con La Scuola di Brescia quel capolavoro di pedagogia cristiana che è “Religione e vita”, «un libro – scriveva argutamente P. Agostino Gemelli – che riconcilia con la pedagogia». Per questa sua opera il Modugno può a giusto titolo essere annoverato tra coloro che in Italia hanno preparato il rinnovamento del Concilio Vaticano II.
Ad essa seguì, come al solito, la traduzione della visione del mondo in termini di azione educativa e di operatività didattica: da quell’esigenza di concretezza nacquero, infatti, i volumi “Religione e morale nella scuola e nella vita del fanciullo” (1940) e il “Corso di religione” (1942) scritto in collaborazione con A. Baroni.
Dall’autunno del 1943, finalmente in clima di libertà, il Modugno si impegnò con tutte le forze a educare alla democrazia come forma di convivenza e ideale etico-politico, a mostrare agli educatori il disumanesimo dei “tre pilastri del totalitarismo”, ad insegnare l’arte del dialogo e della integrazione dei veri. Egli fu per molti una presenza stimolatrice e un testimone dell’umanesimo cristiano, contro ogni miopia conservatrice così come contro i guasti del clericalismo e le perversioni del totalitarismo. intensi in quegli anni furono gli incontri e gli scambi di idee con G. Salvemini, don P. Mazzolari, G. Miglioli, A. Olivetti, A. Moro e i pedagogisti N. Petruzzellis, V. Chizzolini, G. Calò, A. Agazzi. Contributi seri e meditati ai problemi spirituali ed educativi della nascente democrazia italiana e alla formazione dei maestri che tanto amava sono le sue ultime opere “Problemi della scuola italiana” nel 1945 e “La preparazione degli educatori” nel 1950.
Nelle opere di Giovanni Modugno troviamo gli elementi essenziali di una dottrina pedagogica, la sicura delineazione di un metodo e di una didattica dell’educazione etico-politica ed etico-religiosa. «La pedagogia di Modugno è un’etica dell’educazione» (N. Petruzzellis), in cui ogni problema educativo è trattato in connessione con le più profonde esigenze dell’anima del fanciullo e del giovane. Nello stesso tempo la pedagogia di Modugno è la più politica tra quelle elaborate in Italia nella prima metà del ‘900 ed è sempre stata coerente ai principi basilari della democrazia. Ma il Modugno fu qualcosa di più. Apostolo instancabile nell’educazione, nella sua commovente fedeltà ai giovani, egli fu uno di quei rari uomini la cui vita è, per così dire, eccedente rispetto a quanto egli affidò di sé alla carta stampata. Egli appartiene alla cerchia di quegli spiriti, dei quali il primo è Socrate.
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«Enciclopedia Pedagogica», La Scuola, Brescia 2000, vol. IV.