Venerdì 13 febbraio 2009, nella Sala Bevilacqua, via Pace 10 a Brescia, ore 20,45, Harri Wu, dissidente cinese internato per 19 anni nei “laogai”, ha parlato sul tema: “I miei anni nei gulag cinesi”.
L’incontro è stato promosso dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura in collaborazione con i Padri della Pace e Amnesty International.
Pechino,1960: Harry Wu, figlio di una famiglia agiata di Shangai, era allora uno studente ventitreenne di geologia che cercava di sottrarsi alle riunioni di carattere politico perché gli venivano rinfacciate la sua fede cristiana e le origini borghesi; nell’aprile di quell’anno fu arrestato dalle autorità del Partito Comunista Cinese e mandato in un
campo di lavori forzati. Qui, benché mai formalmente incriminato e sottoposto a processo, trascorse diciannove anni in un infernale mondo sotterraneo di lavori umilianti, denutrizione, torture. Uscito dai campi di prigionia, nel 1985 si trasferì illegalmente negli Stati Uniti, dove testimoniò davanti al Congresso sugli abusi dei diritti umani in Cina.
In seguito ai fatti di Piazza Tienammen del 1989, messa da parte la decisione, presa inizialmente, di ‘dimenticare’ il suo passato e di godersi la libertà, scelse di fare dei ricordi della prigionia la missione umana, civile e politica della sua vita: un compito che si assunse con totale dedizione e che dura tuttora, per il quale ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, come il “Premio Libertà” dalla “Federazione Ungherese Attivisti per la Libertà”(1991), il primo “Premio Martin Ennals per i Diritti Umani” dalla “Fondazione Svizzera Martin Ennals” (1994), la laurea ad honorem dall’Università di St. Louis e dall’ Università Americana di Parigi (1996). Nel 1996 è stato insignito della “Medaglia alla Libertà” dalla “Fondazione Tedesca per la Resistenza della Seconda Guerra Mondiale”. Harry Wu ha scritto libri (tradotti e pubblicati in Italia purtroppo solo in questi ultimi anni: Laogai, i gulag di Mao Zedong, ed. L’ancora del Mediterraneo, Napoli-Roma, 2006; Contro rivoluzionario. I miei anni nei Gulag Cinesi, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2008; Cina traffici di morte. Il commercio degli organi dei condannati a morte, Guerini e Associati, Milano, 2008; Laogai. L’orrore cinese, Spirali, Milano, 2008); ha fondato, e presiede, la “Laogai Research Foundation” di Washington, con la quale ha fatto conoscere l’esistenza dei gulag cinesi, i ‘laogai’ (il termine significa “riforma attraverso il lavoro”), dove sono passati probabilmente cinquanta milioni di cinesi dal 1950, data della loro creazione ad opera di Mao Zedong; nel 1991 è tornato segretamente in Cina per filmare i campi di lavoro e raccogliere informazioni; arrestato e condannato a 15 anni di prigione per spionaggio nel 1995, in occasione di un’altra spedizione in Cina, è stato poi liberato grazie a pressioni internazionali. La sua vita è segnata dall’orrore dei campi di lavoro, dal ricordo dei compagni di prigionia piegati dalla fame e dagli stenti, ma egli continua la sua battaglia per la democratizzazione della Cina e per il rispetto dei diritti umani negati dal regime comunista
anche perché, a trent’anni dalla morte di Mao, la tragedia dei laogai non sembra avere fine: ne esistono ancora più di mille e si calcola che siano circa quattro milioni i detenuti, adulti e persino bambini, ‘colpevoli’ di essere contrari all’attuale regime totalitario, di professare una fede religiosa (cristiani, musulmani, buddisti) o di esprimere opinioni
in contrasto con il governo centrale. E sulle sofferenze di queste persone cresce e si sviluppa la potenza economica cinese. A Mr Wu va anche il merito di aver svelato al mondo che cosa nasconda, in realtà, il primato dei trapianti d’organi di Pechino. La Cina, infatti, pur non avendo alcuna associazione di donatori volontari di organi, in meno di 10 anni è diventata il secondo paese al mondo per il numero di trapianti: il 95 per cento degli organi proviene da prigionieri giustiziati, il cui numero cresce ogni anno. In Cina non esistono libertà di religione e di organizzazione, i mezzi di comunicazione sono interamente controllati dai comunisti e sostenuti dalle società come Yahoo, Cisco, Microsoft e Google, ma “la cosa più aberrante – dice Harry Wu – è forse la legge sul controllo delle nascite che toglie a donne e famiglie il diritto naturale alla procreazione. Per mettere al mondo un figlio bisogna ottenere il permesso dello Stato”.