Cristiano è colui che inserisce più profondamente, contro ogni fuga dal mondo, la forza del Vangelo nella realtà del mondo. Egli realizza così un atteggiamento a cui lo richiamano la parabola del lievito e le parole relative al «sale della terra» e alla «luce del mondo».
Cristianesimo significa presenza redentrice nel mondo, libertà spirituale che promuove e corona ogni altra liberazione dell’uomo, sforzo di animazione di tutto ciò che riguarda l’uomo e la sua dignità.
La rinnovata consapevolezza di questa verità nel nostro tempo è una conquista, il cui valore è assai spesso offuscato e pervertito da una tentazione, dall’assurda e diffusa eresia che riduce il Cristianesimo a una dimensione puramente politco-sociale, a una specie di stimolante del progresso umano, distorcendo il Vangelo in programma di conservazione o di rivoluzione.
La Chiesa, che tutti i fedeli raccoglie da ogni popolo e che non ha mai cessato di aver coscienza dell’umanità intera, è vessillo levato fra le nazioni, per tutti segnale di raccolta, per tutti insegnamento e testimonianza di paternità, appello incessante al senso della responsabilità verso Dio e verso gli uomini. Ma, nella misura in cui la Chiesa parla all’uomo in quanto tale e alla sua coscienza morale e religiosa, essa non è una forza politica, non ha il compito di proporre programmi economici e politici, elaborare e far valere soluzioni tecniche ai problemi sociali.
La Chiesa vuole aiutare gli uomini a riconoscersi fratelli nella comune paternità di Dio. Essa vuol aiutare gli uomini anche nell’attuazione dei loro fini temporali, ma lo può fare in un solo modo: rimanendo Chiesa di Cristo, operando nel campo suo proprio, adempiendo la sua missione spirituale con accresciuta purezza e con sovrannaturale dedizione, nel rispetto dell’autonomia della sfera politica ed economico-sociale, senza mai assumere su di sé compiti strettamente politici, sociali, sindacali. Chi non comprende che il regno di Dio non è di questo mondo, che scarica sulla Chiesa la somma dei compiti terreni non ha compreso che il temporalismo è finito e che la Chiesa del Concilio non ha nulla a che fare con un neo-clericalismo che presume di controllare la storia e di risolverne tutti i problemi.
In ogni caso non è lecito confondere la parte della Chiesa e quella dei credenti. La Chiesa ha la responsabilità di far conoscere all’uomo la sua dignità, la giustizia che gli è dovuta, l’amore nel quale deve scoprire e vivere la verità: questo non è poco e porta molto lontano. Ai cristiani in quanto cittadini competono le scelte che riguardano la città terrena, l’organizzazione sociale e politica in coerenza con l’onestà del volere e con i valori di giustizia e di libertà.
«La mia speranza – dirò col filosofo francese Paul Ricoeur – è che i miei amici cristiani, che non fanno le mie stesse scelte, si ritrovino con me, nel medesimo modo cristiano di scegliere».
Perché ovunque ci sono relazioni umane, il Vangelo, se lo si vive, porta la sua testimonianza, proprio attraverso il modo con cui si agisce. Ognuno lavori a rendere chiare le sue idee e responsabili le sue scelte e si metta al servizio degli altri con lealtà e coraggio. Però, come lasciamo un margine su un foglio di carta per le correzioni, per quanto non abbiamo ancora trovato, per la verità che si cerca, così lasciamo nelle nostre idee il margine della fraternità.
Edifichiamo insieme, maggio 1971.