Lo scienziato Einstein, che non fu certo un apologista del cattolicesimo, ha dichiarato che l’antagonista più costante e terribile del totalitarismo nazista è stata la chiesa cattolica. Pur senza indossare la toga di avvocato difensore non si può non rilevare che una delle critiche più dure che quaranta anni fa è stata rivolta al nazismo venne sferrata da un papa. Era il marzo 1937, quando Pio XI, rimesso da una gravissima malattia, diede tre colpi maestri, tre encicliche: una sulla Russia atea, un’altra sul Messico persecutore e la terza contro il nazismo anticristiano. Proprio quest’ultima non si può capire se non si legge il libro di Bendiscioli che fa vedere molto bene i motivi per cui il Papa ha emanato quel documento, ci spiega perché alcuni fra i migliori cattolici siano arrivati ad uno scontro frontale con la dittatura. Si pensi a Bernard Littemberg, il prevosto di Berlino, che quando cominciò la repressione degli ebrei cominciò ad esporre nella sua cattedrale delle invocazioni accorate in cui si riesce ad intendere che l’orientamento nazista ed antiebraico era anticristiano perché contestava il fondamentale precetto di amare il prossimo come se stessi. Dietro le migliaia di cattolici che lottano per la libertà sta appunto l’enciclica papale; essa comincia con il deplorare che l’autorità civile di Germania invece di tener fede al concordato, fa di tutto per eluderlo e violarlo, poi deplora che il nazismo parli di Dio con una indeterminatezza panteistica, che non corrisponde certo al Dio personale della rivelazione biblica. Sconfessa, poi, chi divinizza un culto idolatrico, la razza, lo stato e chi vorrebbe staccare Cristo dal Vecchio Testamento e aggiunge che la rivelazione di Cristo è completa e non ammette succedanei tratti dal mito del sangue. Successivamente l’enciclica deplora le orrende campagne scandalistiche scatenate contro l’aspetto umano della chiesa, fulmina chi vuol calpestare la libertà dei figli di Dio ed impedire ai giovani, con il pretesto della cultura fisica, il giusto irrobustimento dell’anima nei giorni festivi e, finalmente, l’enciclica raggiunge il punto più alto quando sostiene che la libertà religiosa è un inalienabile diritto naturale. “Il credente ha il diritto inalienabile di professare la sua fede e di praticarla in quella forma che ad essa conviene, quelle leggi che sopprimono o rendono difficile la professione o la pratica di questa fede sono in contrasto con il diritto naturale”. L’ultimo punto dell’enciclica sembra una triste profezia del crollo nazista. “I nemici della chiesa troppo presto hanno giubilato per la sua morte e per il suo seppellimento, in realtà essi sono caduti nella tomba che avevano preparato per la chiesa”.
Lo storico si pone un problema: quali sono state le fonti? Quali i motivi?
Il contesto da cui è nato il documento pontificio, gli articoli già citati, a quarant’anni di distanza ci hanno spiegato il contesto di questo documento che è l’espressione più alta della coscienza cristiana non abbandonata a se stessa, ma guidata da quella gerarchia che forma un’unità inscindibile con il corpo. Se il padre Martini, con il senno di poi, spiega tutto questo, Bendiscioli un anno prima che l’enciclica uscisse delinea l’ambiente, spiega tutti i tentativi, talvolta rozzi, talvolta raffinati, con cui il nazismo pezzo per pezzo demolisce le scuole cattoliche, arrivando, con anticipazione profetica, a realizzare l’analisi di quello che sarà il documento del Papa. A questo ci si chiede quale sia stato il segreto magico di questo storico che riesce a far la storia senza mettere le mani nei documenti inediti. In realtà Bendiscioli utilizza la stampa, i giornali, i libri senza limitarsi a leggerli, ma avvicinando anche i protagonisti.
Concludendo si può dire che questo libro ci insegna molte cose, ci fa capire che la chiesa, anche se cerca l’incontro o il compromesso con la dittatura, per salvare il salvabile, prima o poi si scontra con la dittatura perché questa è la negazione di Dio; in secondo luogo il libro ci fa capire un’altra lezione: Bendiscioli è un laico che è riuscito con un anno di anticipo ad esprimere gli stessi contenuti dell’enciclica papale (si nota che molte volte i laici che vivono in sintonia con la chiesa esprimono istanze anticipatrici rispetto alla totalità della chiesa).
La terza lezione che si può desumere da questo libro è che la coscienza cattolica che si esprime in libertà contro l’oppressione e contro la dittatura si nutre della fede e non per nulla è stato ricordato infatti che Bendiscioli è cresciuto in un ambiente di preghiera.
NOTA: testo, non rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 28.10.1977 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.