La libertà come relazione e come scelta

Giornale di Brescia, 7 aprile 2015

«Il problema della libertà» è il titolo di tre lezioni di filosofia che, per iniziativa della Ccdc e dei Padri della Pace, avranno luogo da venerdì 10 aprile nella Sala Bevilacqua di via Pace 10 a Brescia, sempre con inizio alle 18. Nell’appuntamento inaugurale il prof. Claudio Ciancio, ordinario di Filosofia Teoretica all’Università del Piemonte orientale, parlerà di Blaise Pascal. Il16aprile Pier Paolo Ottonello, professore emerito di Storia della filosofia all’Università di Genova, terrà una lezione su Antonio Rosmini. Il 23 aprile il prof. Roberto Garaventa, ordinario di Storia della filosofia contemporanea all’Università di Chieti, chiuderà con Søren Kierkegaard.

 

Pensare la libertà oggi è allo stesso tempo essenziale e problematico. È essenziale perché l’uomo contemporaneo comprende sempre di più che essa costituisce la struttura più profonda del suo essere, fondandone la dignità e la responsabilità. È problematico perché si tratta di discutere se essa possa essere intesa solo (anche in rapporto con la tecnica e con la sua presunta onnipotenza) come autodeterminazione assoluta, secondo il modo odierno più diffuso di concepirla, quasi che l’uomo possa considerarsi come un individuo autocentrato e senza legami fondanti, avente in sé il criterio unico del proprio pensare e del proprio agire.

In base a una prospettiva meno astratta e parziale, è forse opportuno invece sostenere che la libertà si radica nel fatto che ognuno di noi sorge da altri e dunque è in rapporto con altri ed è libero con gli altri (e non dagli altri). L’uomo, in quanto libertà, è cioè “iniziativa iniziata”, ovvero è indipendente e autonomo ma non lo è in modo assoluto, proprio perché non inizia da sé essendo per lui strutturale la relazione con ciò che l’ha posto in essere.

A ciò si può aggiungere che la libertà, se è tale, è sempre anche scelta nella consapevolezza che una scelta è autentica solo di fronte a un’alternativa e dunque solo grazie al riconoscimento delle differenze, in un tempo che sembra essere invece indifferente a tutte le differenze e che anche per questo, considerando la libertà come arbitrio, la concepisce ancora in modo astratto, proprio perché l’uomo nella sua finitezza non istituisce la norma morale ma è chiamato eventualmente a riconoscerla.

Riflettere radicalmente e concretamente sulla libertà sembra implicare così fare riferimento alla relazione (il nesso tra finito e infinito) e alla scelta (l’alternativa tra bene e male). In questa riflessione può essere utile tornare a confrontarsi con alcuni grandi pensatori del mondo moderno che si inscrivono – anche secondo la lezione di Augusto Del Noce – nel filone teistico e della trascendenza ad esso sotteso, alternativo al filone maggioritario rappresentato dall’ateismo immanentistico sfociante nel “Dio è morto” nietzschiano. Tra questi classici è possibile richiamare Blaise Pascal, Antonio Rosmini e Søren Kierkegaard ovvero il giansenista francese (costituente un altro inizio del pensiero moderno dopo Cartesio) sostenitore della scommessa a favore dell’esistenza di Dio, il cattolico italiano che parlava della dipendenza ontologica della libertà umana rispetto a quella divina e il protestante danese (altra conclusione del moderno dopo Hegel) per il quale la libertà del singolo si trova di fronte all’alterità assoluta di Dio.

Soffermarsi su questi autori può risultare sicuramente fruttuoso per tutti coloro che sono interessati ad approfondire le ragioni del proprio esistere e soprattutto per i giovani che si aprono all’esistenza e al suo senso, ai quali  è doveroso continuare a trasmettere che solo la verità rende liberi e, insieme, che la verità si può raggiungere solo mediante la libertà.