Nella libreria dell’Università Cattolica di Brescia, è stato presentato, lo scorso 30 settembre, il libro di Arnoldo Mosca Mondadori, “La seconda intelligenza”, casa editrice Morcelliana. Sono intervenuti l’autore, Ilario Bertoletti e Giacomo Canobbio. Nel corso dell’incontro, l’attrice bresciana Giuseppina Turra ha letto alcuni brani poetici del testo.
La presentazione è stata molto ricca di spunti di riflessione teoretica, perché ha posto l’accento sulla complessità dell’esperienza e del linguaggio umani. Nella nostra epoca, infatti, ci stiamo abituando ad avere a che fare solo con la realtà definibile, misurabile, visibile, perdendo di vista altre dimensione del nostro essere, più profonde, anche se non quantificabili. La stessa parola si sta impoverendo, in quanto viene usata, spesso, solo per descrivere, definire, catalogare, secondo i canoni della logica scientifica. Il linguaggio umano, invece, come sottolinea Bertoletti, è infinitamente ricco di potenzialità, che vanno ben al di là degli schemi della prosa e che possono aprire orizzonti di assolutezza, di eternità, di trascendenza.
Il testo di Mondadori affronta proprio il tema dell’esperienza mistica, del rapporto tra l’uomo e Dio, con brevi riflessioni, con poesie che aprono squarci sulla dimensione dell’indicibile, dell’indefinibile.
Canobbio, nel suo intenso intervento, cita Agostino, nella “Trinità”, per cui «Il pensiero è più vero della parola e la realtà è più vera del pensiero». Esiste, secondo lui, un abisso incolmabile tra il linguaggio umano e la trascendenza: più ci avviciniamo ad essa, più ci sentiamo inadeguati. Quando entriamo nella sfera dell’Assoluto, di Dio, dobbiamo abbandonare il linguaggio logico, che non è sufficiente per tale esperienza, e adoperare altre forme di espressione, come la metafora, l’ossimoro, l’analogia. L’incontro con Dio sfugge ad ogni definizione, poiché noi entriamo in contatto con qualcosa di “eccedente” le nostre capacità. Perciò, afferma Canobbio, ci vuole una “seconda intelligenza”, legata allo spirito, che ci faccia “comprendere” il senso profondo delle cose, al di là delle apparenze. Egli cita san Paolo, che dice che solo una sapienza interiore ci fa capire Dio, mentre i “dominatori del mondo”, cioè coloro che vivono solo per il mondo, non possono capire.
Mondadori presenta la propria esperienza, con l’entusiasmo di un innamorato, che ha scoperto Cristo, come unica guida dell’esistenza umana. Per lui, tale rapporto mistico non è, però, privo di momenti difficili: prima di vedere la luce, l’uomo deve attraversare la “notte” del dubbio, dello smarrimento. Lo stesso san Giovanni della Croce parla della notte del senso e dello spirito, che precedono la luce della fede.
Secondo Mondadori, in particolare, nel Cristianesimo, il fulcro centrale è l’eucarestia, che dà un senso a tutto ciò che facciamo: in essa, Dio entra nell’orizzonte umano, per salvarlo, per elevare il finito verso l’infinito, per dare un significato alla storia tormentata dell’uomo.
Nel nostro tempo, in cui spesso domina la mancanza del senso, il testo di Mondadori è un invito ad aprirsi al di là dell’esperienza finita del mondo, per usare l’intelligenza e “vedere” che la nostra realtà non si giustifica da sola, ma ha un’origine assoluta, Dio, fonte e fine di tutto ciò che esiste.
La Voce del Popolo, 8.10.2010.