Giornale di Brescia, 25 ottobre 2007
Su iniziativa della Ccdc e dei Padri della Pace, domani, giovedì, alle 20.45, nella Sala Bevilacqua di via Pace 10, si parlerà di «Una speranza per l’Africa dall’inferno del Burundi», in un incontro con Maggy Barankitse, Premio dei Diritti dell’Uomo 1998, Premio Nobel dei bambini 2003, Premio internazionale Onu per i rifugiati 2005.
Milioni di alunni delle scuole di tutto il mondo e anche bambini sopravvissuti a dure esperienze di guerra e di schiavitù nei luoghi più infelici della Terra nel 2003 hanno deciso che il premio noto come il “Nobel dei bambini” dovesse andare a Maggy Barankitse per i suoi dieci anni di lotta, nella guerra in Burundi, al fianco dei più piccoli: hutu, tutsi, twa, senza distinzioni. E probabilmente anche per la sua gioia incantevole: Maggy non ride, Maggy scoppia a ridere. Per lei ogni giorno è una festa. Con un’esuberanza coinvolgente, braccia aperte immense, occhi innamorati e luminosi sempre in movimento, Maggy riesce ad abbracciarli tutti i suoi bambini – ora sono più di 10000 – trasformando il loro dolore in una straordinaria carica di vita. Laggiù, nel profondo del suo sguardo, non sono scomparse le indicibili immagini dei corpi fatti a pezzi con il machete, trapassati con i bambù, davanti a lei legata su una sedia; c’è – indelebile – il corpicino di Juliette che le è rimasto tra le braccia decapitato; c’è quello che Maggy chiama – ora capiamo, dopo aver letto quanto racconta Christel Martin nel libro da poco uscito per la Piemme – il “male assoluto”. “Allegria di naufragi” ha intitolato Ungaretti la sua raccolta di poesie scritte al fronte nella prima guerra mondiale, vicino ai compagni massacrati, con la loro bocca digrignata. Solo per una forza di allegria irresistibile da “lupi di mare”, uno slancio vitale quasi sfrontato e selvaggio– ma è il folle amore di Dio che ci contagia – è infatti possibile rialzarsi dopo che si è stati rotti a pezzi, fuori e dentro, e scrivere, con le mani di chi ci è stato dilaniato davanti agli occhi, “lettere piene di amore”. Così questa insegnante burundese, che – come si ascolta increduli dalle sue parole – spaccata dentro fino a sentire disgusto del proprio stesso corpo, presa da un senso di soffoco, “poi lentamente si è affidata ai suoi bambini – quelli che erano rimasti, quelli che le madri disperate le avevano buttato tra le braccia perché li portasse via da quell’inferno – e si è lasciata guidare da loro”. Si è messa a fare, a costruire. Sono cresciute case, scuole, villaggi; ha curato i bimbi traumatizzati dalla violenza, riunito famiglie o fondato case-famiglia (più di cinquecento), quando la ricerca dei genitori si è rivelata infruttuosa; promosso pace – “la sola battaglia che valga la pena di essere combattuta”, dice citando Albert Camus – e riconciliazione: “Volevo far nascere in Burundi una nuova generazione, che avrebbe portato la luce del perdono su tutte le colline”. Perché – ci dice – “nonostante le atrocità, io testimonio soprattutto la speranza. Non sono qui per accusare o riparare, ma per accompagnare. Accompagnare tutti questi giovani per aiutarli a trovare in sé la forza di vivere malgrado i terribili momenti che hanno vissuto”. L’“angelo del Burundi”, così è chiamata, veste coloratissimo; voce potente, portamento elegante, è una donna libera, indipendente, disobbediente ai comandi ingiusti come quando, con rabbia, agli assalitori che con le armi addosso le hanno ordinato di piegarsi ha risposto che si sarebbe inginocchiata solo davanti a Dio. Il suo coraggio – “Neanche per idea”, l’hanno una volta soprannominata! – si disseta ogni giorno a un’ora di silenzio e di preghiera che Maggy ricerca fedelmente per interrogarsi sul senso del proprio agire: “Vivere il Vangelo – afferma – rende liberi”. Una profonda interiorità, quella di questa donna dolcissima, pronta a dare la vita per la schiera infinita dei suoi bambini, generosa e determinata come quell’anguilla di Montale, “torcia, frusta, freccia d’Amore” impegnata indomabilmente a risalire rivoli disseccati di fiume, che è immagine stupenda della forza che guida verso la meta ogni sentimento inesauribile di madre. Maggy per la sua azione di riconciliazione e di giustizia ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali, ma la sua gioia più grande – va ripetendo – arriverà quando potrà chiudere tutte le sue case, perchè il Burundi sarà diventato un luogo di pace. “Non siamo stati creati che per renderci felici a vicenda”. “Cerchiamo di vivere come fratelli e sorelle per non morire tutti come imbecilli”. “Un uomo che non ama ha mancato la propria vocazione di uomo”: sono alcune delle affermazioni che Maggy ci regala, sue o dei suoi amici interiori: Nelson Mandela, Gandhi, Martin Luther King, madre Teresa di Calcutta…; disarmanti per la loro semplicità, arrivano dritte al cuore di chi l’ascolta e sollevano le montagne. “Ci fanno sentire che il paradiso comincia qui e ora: è sulla terra che dobbiamo vivere il cielo”.