Il 28 marzo 1995 nella sala Bevilacqua di via Pace 10 a Brescia, ore 20,45, si è tenuta una conferenza sul tema “La Resistenza come rivolta morale: Olivelli e Bonhoeffer” promosso dalla CCDC, dai Padri della Pace, Editrice Morcelliana e Assessorato alla Cultura del Comune di Brescia. Sono intervenuti Michele Nicoletti (Università di Padova), mons. Carlo Manziana (Vescovo di Crema) e Giovanni Moretto (Università di Genova).
Michele Nicoletti (Trento, 19 novembre 1956) è un filosofo e politico italiano. Dopo la laurea in Filosofia presso l’Università di Bologna, ha proseguito le attività di ricerca presso l’Istituto Trentino di Cultura e le Università di Innsbruck e Monaco. Ricercatore in Filosofia Teoretica presso l’Università di Padova, ha poi insegnato Filosofia Politica come Professore Associato presso la stessa Università e poi, come Professore Ordinario, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia e la Scuola di Studi Internazionali dell’Università degli Studi di Trento. Nel febbraio 2013 viene eletto Deputato nelle liste del Partito Democratico e diviene membro della Commissione Affari Esteri e della Delegazione. Il 6 agosto 2014 diviene Presidente della Delegazione Italiana presso l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e il 28 settembre 2015 viene eletto capogruppo del PSE all’interno della stessa Assemblea. Nel 2018 è stato Presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. È il secondo italiano a presiedere l’Assemblea Parlamentare, dopo Giuseppe Vedovato (1972 – 1975). Nel novembre 2019 è stato eletto Presidente della Società Italiana di Filosofia Politica (SIFP). Nel dicembre 2021 esce il primo numero della Rivista Italiana di Filosofia Politica (RIFP) di cui è attualmente Editor in Chief. Tra le sue pubblicazioni: La dialettica dell’Incarnazione: soggettività e storia in S. Kierkegaard, Bologna: EDB, 1983; Trascendenza e potere: la teologia politica di Carl Schmitt, Brescia: Morcelliana, 1990; La politica e il male, Brescia: Morcelliana, 2000; Religion and Empire: Carl Schmitt’s Kathechon between International Relations and the Philosophy of History, in International Law and Religion ed. by M. Koskenniemi, M. García-Salmones Rovira and P. Amorosa, Oxford University Press, 2017; Il governo senza orgoglio, Il Mulino, 2020. (wikipedia.org – 2022)
Giovanni Moretto nasce in una famiglia contadina nel 1939, a Ciano del Montello (Tv), ed entra undicenne nell’Ordine dei Missionari di San Carlo (Scalabriniani), compiendo gli studi tra Bassano del Gr. e Cantù, dove conosce il grande biblista E. Galbiati. Ordinato sacerdote nel ’63, inizia a svolgere il suo servizio pastorale presso comunità di migranti italiani in Svizzera, per poi trasferirsi a Roma dove frequenta l’Istituto biblico della Pontificia Università San Tommaso ed è assistente spirituale degli studenti del Pontificio Collegio Angelicum. Nel ’67 ottiene la Licenza in Teologia. Affianca al servizio pastorale l’attività di traduttore di teologi come Rahner, Ratzinger, von Balthasar, von Rad, Ebeling (cui si aggiungerà anni dopo H. Kueng). Appoggia in modo convinto e fattivo il processo di aggiornamento intrapreso nella Chiesa dal Vaticano II, ma la sua vivacissima curiosità intellettuale e il suo senso della libertà di espressione e di pensiero finiscono per porlo in conflitto con i suoi superiori Scalabriniani e, a seguito di un drammatico confronto, viene allontanato dall’Ordine. Trova allora accoglienza nella diocesi di Alessandria guidata dal vescovo G. Almici, che lo destina a una piccola parrocchia di campagna (Levata). Si iscrive quindi all’Università di Genova, laureandosi in Filosofia nel ’72 sotto la guida di A. Caracciolo, di cui poco dopo diventerà collaboratore a contratto. La sua tesi, dedicata alla Esperienza religiosa del linguaggio in Martin Heidegger, viene pubblicata già nel ’73. Accanto all’approfondimento delle radici teologiche e filosofico-religiose del pensiero di Heidegger, ma anche dello scolaro di questi, Gadamer, intraprende lo studio di autori della filosofia classica tedesca, come Hoelderlin, Fichte, Novalis e, in particolare, Schleiermacher, cui dedica nel ’79 una fondamentale monografia. Nell”81 ottiene la chiamata dell’Università di Chieti come ordinario di Filosofia Morale, mentre nel ’83 ritorna all’Università di Genova e nell”88 subentra, come ordinario di Filosofia Teoretica, a Caracciolo (a cui dedicherà una monografia ricostruttiva dopo la sua prematura scomparsa). Nell”86, intanto, era uscito il terzo libro di Moretto, Ispirazione e libertà, in una collana diretta da P. Piovani, che egli considerava il suo secondo Maestro. Segue, l’anno successivo, l’impegnativo Sulla traccia del religioso, in cui viene compiumente delineata la categoria concettuale di “pensiero religioso liberale”. Le analisi storiche e teoriche continuano in altri importanti volumi, fino al Il principio uguaglianza nella filosofia (’99), che egli considerava l’espressione più matura della propria teoresi filosofico-religiosa. Con la svolta del millennio, comincia a soffrire dei primi disturbi di una malattia che si manifesterà come una grave forma di parkisonismo. È costretto a ridurre i propri notevolissimi carichi di lavoro, pur pubblicando ancora diversi volumi e contributi, fino all’ultimo libro, Filosofia e martirio, omaggio insieme a Caracciolo e a T. Olivelli, martire della resistenza al nazi-fascismo. Resterà fino all’ultimo mentalmente lucido, ma, sempre più paralizzato nel fisico, deve ricoverarsi in case di cura a Piacenza, Genova e, infine, riconciliatosi con il suo antico Ordine, all’Istituto Scalabrini di Bassano del Gr., dove muore il 15 luglio (San Bonaventura) del 2006. (fonte: www.filosofiadellareligione.it – 2019)
Carlo Manziana nacque a Urago Mella, quartiere occidentale di Brescia, il 26 luglio 1902. Ancora giovane entrò nella congregazione degli Oratoriani. Fu ordinato sacerdote nel 1927. Si dedicò soprattutto alla formazione dei giovani e delle coscienze nell’Oratorio della Pace, lavorando insieme a Teresio Olivelli nel campo della formazione e della diffusione della stampa clandestina. Considerato da fascisti e nazisti uno dei principali ispiratori di quel «covo di ribelli» che era l’Oratorio della Pace, padre Manziana venne rinchiuso in carcere a Brescia il 4 gennaio 1944, insieme a don Vender, Andrea Trebeschi e Mario Bendiscioli. Trasferito al forte San Leonardo di Verona, fu poi deportato il 29 febbraio 1944 nel campo di concentramento di Dachau; è il secondo dei 28 preti italiani che vi saranno rinchiusi, preceduto solo da don Giovanni Fortin, parroco di Terranegra (Padova). Don Manziana, matricola 64762, riuscì a sopravvivere all’inferno dei lager nazisti: venne liberato il 29 aprile 1945 dalle truppe americane e rientrò in Italia il 13 luglio. Il 19 dicembre 1963 fu nominato vescovo di Crema da papa Paolo VI: qui ha guidato il cammino di rinnovamento della diocesi alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Si ritirò nel 1981 e morì, ultranovantenne, a Brescia il 2 giugno 1997. (http://www.fiammeverdibrescia.it – 2019)
Quanti, sin da piccoli, sono cresciuti in un sistema totalitario, hanno subìto un costante e pesante condizionamento ideologico: nella scuola, nel tempo libero, sul lavoro. Questo è accaduto anche in Italia nel ventennio fascista. Tra i tanti giovani cresciuti negli anni del fascismo, si pone certamente anche Teresio Olivelli, nonostante l’attiva partecipazione alla vita della Fuci e dell’Azione Cattolica. Dopo la disastrosa esperienza sul fronte russo, al quale aveva partecipato come volontario, Teresio Olivelli prende le distanze dal fascismo e aderisce alla Resistenza, diventando animatore instancabile di gruppi di partigiani e promuovendo la stampa clandestina de Il Ribelle. Proprio nel numero del 26 marzo 1944 viene pubblicata “la preghiera del ribelle” che termine con parole giustamente famose: “…sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, / dal fondo delle prigioni, / noi Ti preghiamo: / sia in noi la pace che Tu solo sai dare. / Dio della pace e degli eserciti, / Signore che porti la spada e la gioia, / ascolta la preghiera di noi, / ribelli per amore”. Arrestato, deportato nel campo di sterminio di Flossenbürg, e poi nel lager di Hersbruck, mentre tenta di difendere un giovane picchiato ferocemente da un kapò riceve un calcio bestiale allo stomaco che gli procura la morte nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 1945.
Bonhoeffer, Dietrich. – Teologo luterano (Breslavia 1906 – lager di Flossenbürg 1945). Laureatosi in teologia nel 1930, si dedicò all’attività pastorale: i suoi anni giovanili sono caratterizzati dall’impegno ecumenico, focalizzato sulla questione della pace vista in prospettiva strettamente teologica. Dopo l’ascesa di Hitler al potere divenne una delle guide della “chiesa confessante” e si batté con coraggio contro la chiesa filonazista dei “cristiani tedeschi”. Scoppiata la guerra (1939), partecipò alla lotta, teorica e militare, contro il regime, approvando la teoria dell’uccisione del tiranno. Imprigionato nel 1943, riuscì a far uscire dal carcere testi, lettere e frammenti (raccolti successivamente in Widerstand und Ergebung, 1951, trad. it. Resistenza e resa, 1969). Fu impiccato il 9 aprile 1945, dopo un processo sommario. La sua dottrina ha costituito una netta inversione della rotta teologica: all’abitudine di contestare il mondoin nome di Dio B. ha sostituito la contestazione di Dio in nome del mondo “divenuto adulto”, ponendo i presupposti per le teologie della secolarizzazione, della rivoluzione e, in qualche modo, anche della teologia della “morte di Dio”. La morale per B. non si basa sul concetto astratto del bene, ma su quello che realisticamente aderisce alla storia, soprattutto facendosi carico del destino di tutti: è il concetto di “sostituzione”, che caratterizza sia la dottrina sia la personale testimonianza di Bonhoeffer. Tra le sue altre opere si ricordano Akt und Sein (1931; trad. it. Atto ed essere, 1985), Nachfolge (1937; trad. it. Sequela, 1971) ed Ethik (post., 1949; trad. it. Etica, 1969); in Gesammelte Schriften (6 voll., 1958-61) sono raccolti i saggi sparsi di B., ripresi e integrati nei voll. 9-17 dell’edizione critica integrale Dietrich Bonhoeffer Werke (1986-99). L’opera di B. è stata tradotta in italiano nei dieci tomi delle Opere di Dietrich Bonhoeffer (1994-2010). (www.treccani.it – 2021)