Spezzate il mantello dell’indifferenza, che avvolge i vostri cuori. Decidetevi, prima che sia troppo tardi con queste parole il quinto volantino della Rosa Bianca, un gruppo di resistenza creato da studenti e da un professore dell’Università di Monaco di Baviera, si ribellava alla dittatura nazista e si appellava alla coscienza dei loro concittadini.
Il secondo volantino iniziava con tono perentorio: Non si può discutere con il nazionalsocialismo sul piano spirituale, perché è privo di valori spirituali. È sbagliato parlare di una visione del mondo nazionalsocialista […] fin dall’inizio questo movimento ricorreva all’inganno del cittadino, già allora era intimamente corrotto e poteva sopravvivere soltanto con continue menzogne. Successivamente affronta, come unico documento della resistenza tedesca, la questione ebraica, con una argomentazione concreta e ancor oggi pienamente attuale, sebbene la reale dimensione della “soluzione finale” non fosse ancora chiara. Non intendiamo in questo foglio trattare della questione ebraica, né qui assumerne la difesa. No, ma vogliamo solo ricordare brevemente come esempio un fatto: il fatto cioè che dall’occupazione della Polonia sono stati trucidati in quel Paese nel modo più bestiale trecentomila ebrei. In questo noi vediamo il più orrendo delitto contro la dignità dell’uomo, un delitto di cui non se ne può trovare uno analogo in tutta la storia umana. Anche gli ebrei sono creature umane!
Nel terzo volantino intitolato Salus publica suprema lex i due giovani autori, Hans Scholl e Alexander Schmorell, dichiaravano: il cosiddetto Stato in cui viviamo oggi è la dittatura del Maligno. […] È già così vinto il dalla violenza il vostro spirito da farvi dimenticare che non è soltanto vostro diritto, ma anche vostro dovere morale rovesciare questo sistema? Ma se un uomo non ha più la forza di reclamare i propri diritti, allora sì che egli deve inevitabilmente perire Ancora una volta si appellano alla resistenza passiva, al sabotaggio nell’industria bellica e nelle fabbriche importanti per la guerra; sabotaggio di ogni adunata, manifestazione, festività, organizzazioni nate a opera del partito nazionalsocialista.
Nel quarto volantino i due giovani attaccarono Hitler frontalmente: Ogni parola che esce dalla bocca di Hitler è una menzogna. Quando egli parla di pace pensa alla guerra, quando in modo blasfemo pronuncia il nome dell’Onnipotente si riferisce invece alla potenza del Male, agli angeli caduti, a Satana. La sua bocca è come l’ingresso fetido dell’inferno e il suo potere è corrotto nel più profondo. La via per uscire da questa sudditanza al Male è per loro chiara, inizia dalle coscienze e dal loro rinnovamento: pur sapendo che il potere nazionalsocialista deve essere spezzato militarmente, noi cerchiamo un rinnovamento dall’interno dello spirito tedesco, così gravemente ferito. Ma questa rinascita deve essere preceduta da un chiaro riconoscimento di tutte le colpe di cui il popolo tedesco si è macchiato, e da una lotta incondizionata contro Hitler, i suoi collaboratori, i membri del partito ecc. Il volantino chiude con una frase che riassume il programma e la sfida di questi giovani studenti: noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà pace.
Il 23 luglio 1942 i due autori dei volantini, insieme con compagni di studi, tutti inquadrati nella seconda compagnia studentesca, dovettero partire per il fronte russo, come soldati della Sanità. Con loro c’era anche Willi Graf. Restarono in Russia fino ai primi di novembre e in quei mesi la loro amicizia crebbe. Grazie a Schmorell, figlio di madre russa e perfettamente bilingue, scelsero, anche a rischio di essere accusati di tradimento, di avvicinare la popolazione civile e scoprirono che i contadini russi non erano affatto quei mostri atei e bolscevichi che la propaganda del partito descriveva. Nella loro attività all’ospedale da campo conobbero le sofferenze dei soldati feriti e talvolta condussero perfino operazioni chirurgiche, sebbene in condizioni del tutto inadeguate.
I giovani cominciarono a diventare desiderosi di estendere i loro appelli alla rivolta a tutta la città e, in azioni notturne condotte ai primi di febbraio, si spinsero a scrivere sui muri di Monaco, la città culla del nazionalsocialismo, “abbasso Hitler” “Hitler assassino di massa” e a invocare ancora “Libertà”. Questa parola fu tracciata sui muri dell’Università a destra e a sinistra dell’ingresso principale. La mattina dopo il personale, già di buon mattino, era al lavoro per cancellarla, ma i solventi usati per rimuovere la vernice lasciavano la scritta ancora ben leggibile sulla pietra.
Il sesto volantino, tutto opera di Kurt Huber, redatto sotto l’emozione della disfatta di Stalingrado, inizia: Il nostro popolo si trova profondamente scosso di fronte all’ecatombe umana di Stalingrado. La geniale strategia del caporale della prima guerra mondiale ha spinto alla morte in modo insensato e irresponsabile trecentomila tedeschi. Führer ti ringraziamo! […] In nome della gioventù tedesca esigiamo dallo Stato di Adolf Hitler la restituzione della libertà personale, il bene più prezioso dei tedeschi che egli ci ha tolto nel modo più spregevole. […] Il nostro popolo si leva contro l’asservimento dell’Europa da parte del nazionalsocialismo, in un nuovo impeto di fede nella libertà e nell’onore. Questo, che sarà l’ultimo volantino, la mattina del 18 febbraio fu portato da Hans e Sophie Scholl all’interno dell’Università, distribuito sulle balconate e alcune copie furono lanciate nel grande atrio coperto dell’ingresso. Un bidello, già sollecitato dalla Gestapo a vigilare, riuscì a scoprire i due fratelli e a farli arrestare. Gli Scholl si fecero condurre via senza opporre resistenza, mentre i numerosi studenti presenti lasciarono fare terrorizzati. Alcuni lanciarono subito l’allarme in codice agli amici ancora liberi, purtroppo senza grande fortuna. Willi Graf fu arrestato con la sorella Anneliese ancora quella stessa notte. Christoph Probst, che prestava servizio militare a Innsbruck, fu arrestato là il giorno seguente: era l’autore della bozza del settimo volantino che, ancora in forma manoscritta, fu sequestrata a Hans Scholl dallo zelante bidello, mentre cercava di distruggerla.
Durante gli interrogatori della Gestapo, che seguirono per alcuni giorni, Sophie Scholl così rispose alla domanda perché si fosse resa colpevole di propaganda contro il regime: “Qualcuno doveva pur iniziare”.
Il 22 febbraio il Tribunale del popolo, sotto la guida di Roland Freisler, appositamente giunto da Berlino, condannò a morte i tre imputati: Hans e Sophie Scholl con Christoph Probst per “Tradimento del paese, favoreggiamento del nemico, preparazione all’alto tradimento e disfattismo”. In quella stessa sera del 22 febbraio nel carcere di Stadelheim si eseguì la condanna tramite la ghigliottina. Prima di salire al patibolo Chrisoph Probst, che era stato educato dal padre in una forma di panteismo e con l’ammirazione per le religioni orientali si fece battezzare, Hans Scholl gridò: “Viva la libertà”. Sophie Scholl invece aveva scritto in carcere la medesima parola “Libertà” sul retro del foglio che le trasmetteva i capi di accusa.