I. Novecento anni fa, un grande medico dell’Islam, Al Asuli, che viveva a Bukhara, scrisse una farmacopea medica, che divise in due parti: “malattie dei ricchi” e “malattie dei poveri”. Se Al Asuli fosse ancora vivente e scrivesse oggi sui tormenti che l’umanità infligge a se stessa, sono certo che dividerebbe la sua farmacopea nelle stesse due parti. Una parte del suo libro parlerebbe della minaccia della distruzione nucleare inflitta all’umanità dalla sua metà più ricca. La seconda parte del suo libro parlerebbe dei mali più profondi che affliggono l’umanità povera – sottosviluppo, denutrizione e carestia. Egli aggiungerebbe che entrambi i mali hanno una radice comune – l’eccesso di scienza e tecnologia nel caso dei Paesi ricchi, e la mancanza di scienza e tecnologia nel caso dei Paesi poveri. Con molta probabilità egli aggiungerebbe anche che il persistere del secondo male – il sottosviluppo – resta il più difficile da capire, se si considera l’effettiva disponibilità di risorse – scientifiche e materiali – per eliminare la povertà, le malattie e la morte precoce in tutta l’umanità, in questa era di erudizione scientifica e di miracoli scientifici.
II. I problemi della scienza e della tecnologia possono essere divisi in tre punti: i problemi 1) della scienza di base; 2) della scienza applicata e 3) della tecnologia basata sulla scienza.
Le scienze di base sono quattro: le scienze fisiche (che includono la geofisica e l’astrofisica), la chimica, la biologia e la matematica. Le scienze applicate, pur rivestendo un carattere multidisciplinate, possono essere ricondotte a una delle scienze di base. Per esempio, l’energia, le scienze materiali e le comunicazioni si fondano sulla fisica; lo studio della popolazione, l’agricoltura, il benessere e la medicina si fondano sulla biologia; mentre l’ambiente, i prodotti farmaceutici, i pesticidi e gli insetticidi utilizzati in agricoltura possono essere inclusi nella chimica. L’alta tecnologia basata sulla scienza. cioè la microelettronica e la tecnologia spaziale, i prodotti chimici puri, e la biotecnologia possono essere inclusi rispettivamente nella fisica, nella chimica e nella biologia.
Se mi si consente di tirare l’acqua al mio mulino, è bene ricordare a noi stessi che la fisica – la mia materia – è una disciplina incredibilmente ricca: non solo ci fornisce la conoscenza di base delle leggi della natura, ma costituisce altresì la base della maggior parte dell’alta tecnologia moderna. Quindi la fisica è la “scienza della creazione della ricchezza” per eccellenza. La situazione può cambiare nel ventunesimo secolo, ma, e ciò è sicuramente vero, altrettanto può essere modificata quella di oggi. Ciò è persino in contrasto con la chimica e la biologia, che insieme forniscono la “base della sopravvivenza” con la produzione di cibo e la conoscenza approfondita in campo farmaceutico. La fisica interviene nella fase successiva della sofisticazione. Se una nazione vuole diventare ricca, deve acquisire un elevato livello di conoscenza in fisica, sia pura che applicata.
III. Per quanto riguarda l’avventura delle scienze di base, secondo tutti i criteri, il nostro secolo, il ventesimo, è stato uno dei più grandi nella storia della civiltà. Quantitativamente, vi è stata una esplosione di scoperte; mentre, nella più profonda conoscenza del disegno divino, sono stati stabiliti alcuni princìpi di grande sintesi: per esempio, nel campo della genetica, il principio della doppia elica; nel campo dell’astrofisica, il modello standard del Big Bang; nel campo della geologia, il principio della tettonica a zolle; nel campo della fisica il principio della relatività, la teoria dei quanti, e per quel che riguarda la mia materia, l’unificazione delle forze fondamentali. L’umanità intera ha contribuito alla realizzazione di questa impresa scientifica internazionale e alla ricerca della verità scientifica. E’ fuori discussione che il nostro mondo attuale è la creazione della scienza moderna applicata. Si tende a dimenticare che è stata la fisica a portare la rivoluzione moderna delle telecomunicazioni e a dare un vero senso al concetto di un solo mondo e della sua interdipendenza reciproca. Si tende a dimenticare che è stata la medicina a scatenare la rivoluzione della penicillina, permettendo alla popolazione di raggiungere i livelli numerici attuali. Si tende a dimenticare che sono state la chimica e la genetica applicate a portare la rivoluzione dei fertilizzanti e la rivoluzione verde, per alimentare la popolazione mondiale. E si tende altresì a dimenticare che è a queste stesse scienze – alle scienze che producono ricchezza (fisica e geofisica) e alle scienze della sopravvivenza (medicina, biologia molecolare, coltura cellulare e chimica) – che il mondo deve ricorrere per risolvere parte dei suoi problemi attuali.
Per i Paesi progrediti, i maggiori problemi di natura universale sono: in primo luogo, i problemi riguardanti l’energia, in modo particolare l’energia nucleare e la fusione efficiente. In secondo luogo, i problemi relativi all’ambiente, legati alle mutazioni dell’equilibrio naturale del carbonio, dell’azoto e dell’ossigeno, con l’inquinamento che ne deriva, i problemi della ozonosfera e gli ingenti danni dovuti alle piogge acide. Alcuni di questi problemi sono riassunti nei programmi dell’Unesco concernenti l’uomo e la biosfera, e altresì nei programmi relativi allo squilibrio biologico causato dalla viti dell’uomo.
IV. In questo contesto, dato che attualmente la stampa si sta occupando molto dell’Unesco, gradirei elaborare le mie osservazioni sulla base dei suoi programmi.
1. L’Unesco è potenzialmente una grande organizzazione. In quanto ente specializzato delle Nazioni Unite, il suo compito è quello di promuovere la scienza, l’istruzione e la cultura in modo professionale, seguendo uno schema apolitico, non burocratico, in uno spirito di cooperazione fra tutte le nazioni, l’Est e l’Ovest, il Nord e il Sud.
2. Tuttavia, attualmente, l’Unesco è diventato oggetto di critiche piuttosto frequenti. Tali critiche derivano:
– dalla sensazione che l’Unesco si sia discostata dal suo ruolo di ente specializzato, preposto alla scienza e alla cultura;
– dal frazionamento del suo programma in un elevato numero di piccoli componenti, privi peraltro di un’appropriata forza di impatto;
– dallo scarso livello di partecipazione alla sua attività da parte di insigni personaggi della scienza, della cultura e la conseguente mancanza di severità nei suoi programmi; l’Unesco non viene percepita da tali individui creativi come la loro organizzazione.
E’ chiaro come l’Unesco necessiti di essere rivitalizzata, per poter svolgere adeguatamente le funzioni che un tempo ne determinarono la creazione. In questa relazione, vengono dati alcuni suggerimenti per il raggiungimento di tale obiettivo.
A. Nelle scienze: tre obiettivi principali.
1) In primo luogo, l’Unesco dovrebbe intensificare maggiormente gli aspetti universali della scienza, con una più completa partecipazione e impegno della comunità scientifica mondiale. A questo proposito, potrebbero svolgere un ruolo determinante il Consiglio Internazionale delle Unioni Scientifiche (ICSU) congiuntamente ad una Federazione di Accademie delle Scienze e di Consigli Nazionali di Ricerca (da costituirsi).
2) L’Unesco dovrebbe dar risalto al ruolo e al valore delle scienze di base, e prendere iniziative, come fece nel lontano passato, per intensificare la collaborazione internazionale in tutto il mondo, lungo le frontiere della biologia, della fisica, della chimica e della matematica, e altresì la creazione delle relative strutture.
3) Dovrebbe adottare effettive misure per colmare il crescente divario esistente nelle scienze “ostiche” pure ed applicate tra i Paesi industrializzati ed i Paesi in via di sviluppo. Questo, secondo me, dovrebbe essere l’unico obiettivo dell’Unesco entro il Duemila.
Un esempio delle iniziative universali multinazionali prese dai Paesi più ricchi, è dato dal programma EUREKA, di cui fanno parte, al momento attuale, cinquantotto progetti. Un programma analogo a EUREKA è necessario anche per i Paesi in via di sviluppo.
Esempi di collaborazione multinazionale, per quel che riguarda i Paesi ricchi, Sono il CERN, le installazioni per le radiazioni al sincrotrone a Grenoble e a Trieste, e le iniziative spaziali e di fusione come il progetto JET.
Esempi di installazioni per le comunità internazionali, e in particolare per i Paesi in via di sviluppo, sono il Centro Internazionale di Fisica Teorica e il Laboratorio di Biofisica a Trieste e Delhi, che è giusto citare in questa sede. L’Unesco dovrebbe cercare di creare nuovi centri, laboratori e strutture per altre discipline.
Per il raggiungimento di quest’ultimo obiettivo, è necessario incrementare effettivamente le comunità scientifiche nei Paesi in via di sviluppo, e dare risalto al ruolo degli scienziati, in quanto validi professionisti nell’ambito dello sviluppo della propria nazione. La realizzazione di questi obiettivi comporterà un aumento delle infrastrutture destinate alle scienze, che comprendano anche complete biblioteche scientifiche e altresì lo spiegamento di moderni sistemi di comunicazione, finalizzati alla diffusione della cultura.
B. Nel campo dell’istruzione: due suggerimenti.
– Per i Paesi industrializzati (come pure per il Terzo Mondo), dare risalto alla creazione di Studi Globali, nell’ambito dei corsi convenzionali dell’istruzione superiore.
– Dovunque scarseggiano le istituzioni scientifiche terziarie, creare una Federazione Unesco di Istituti di Studi superiori per la scienza e la tecnologia. Ciò potrebbe offrire la possibilità di conseguire titoli scientifici di specializzazione post-laurea, a livello del dottorato di ricerca in fisica.
Un tale tipo di federazione universitaria può consistere in una rete di centri di ricerca altamente qualificati, situati in diverse parti del mondo (ivi compreso nei Paesi in via di sviluppo), che comprenda centri sia nazionali che internazionali di primo piano già esistenti.
C. Specia1izzazione.
Nell’ambito dell’Istruzione e della scienza, una proposta che può essere presa in considerazione è quella della specializzazione. Per esempio, sotto l’egida di un Unesco vivificato, un consorzio di università degli Stati Uniti e del Regno Unito, di Francia e Spagna, potrebbe essere sostenuto dai propri governi e spronato a svolgere un ruolo di guida per aiutare la scienza universitaria in tutti quei Paesi in via di sviluppo che desiderano ricevere tale aiuto? Si potrebbe concepire un’Unione Sovietica che fornisce una simile assistenza per sradicare l’analfabetismo nell’ambito dell’istruzione primaria e secondaria? La Germania e il Giappone potrebbero in primo luogo occuparsi dell’istruzione tecnica a tutti i livelli? I Paesi Bassi e il Belgio potrebbero occuparsi della creazione di biblioteche e laboratori in tutto il mondo? I Paesi scandinavi potrebbero occuparsi degli aspetti scientifici dell’ecologia? E la Svizzera e l’Austria (con la loro rinomata competenza in campo farmaceutico) potrebbero assumersi la totale responsabilità dell’istruzione in campo medico? E l’Italia, con l’esperienza acquisita nella creazione di Centri Internazionali di fisica e biotecnologia potrebbe occuparsi della creazione di simili istituzioni in questa ed altre discipline scientifiche, di concerto con i Paesi in via di sviluppo? E il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti potrebbero occuparsi dell’istruzione mirata all’agricoltura e dell’istruzione che prepari all’esplorazione mineraria? E la Francia e la Spagna potrebbero realizzare tutti questi programmi per i Paesi in via di sviluppo di lingua francese e spagnola, qualora questi lo auspicassero?
L’obiettivo che mi pongo è qualcosa di delineato sulle orme del successo che l’India raggiunse negli anni ’60, con la creazione di quattro Istituti Indiani della Tecnologia. Quello di Kanpur fu creato da un consorzio di università statunitensi, che contribuì a farlo sorgere, fornendo inoltre i più alti quadri dello staff dei docenti, per alcuni anni. Quello di Delhi fu appoggiato da un consorzio di università britanniche; quello di Bombay fu appoggiato dall’URSS e quello di Madras, dalla Germania Federale. Ogni nazione ha contribuito alla creazione dell’Istituto sotto gli auspici dell’India, ha fornito lo staff e si è lasciata dietro una tradizione nell’insegnamento e nella ricerca, che è continuata anche dopo la scadenza dei contratti originari. Vi è stata una positiva rivalità tra le nazioni donatrici, in competizione tra loro; il che ha assicurato un notevole pregio e reali standards qualitativi. Ciò che propongo è qualcosa del genere, con la differenza che deve essere realizzato in una cornice molto più estesa. Si spererebbe che entro il 2000, sempre che i piani vengano stesi ora, molti degli obiettivi che ho menzionato vengano raggiunti.
Questo è semplicemente un modo di illustrare quella che potrebbe essere una possibile divisione dei relativi compiti. Alla fine, naturalmente, questi suggerimenti dovrebbero essere adattati e modificati, in fase di elaborazione dei progetti di dettaglio, tenendo in debita considerazione i programmi esistenti. Tuttavia, il nuovo elemento, in questa proposta, è il principio della specializzazione e il principio della responsabilità per il felice completamento dei relativi programmi, entro una data specifica (per esempio il 2000).
In questo contesto, non dobbiamo dimenticare che, anche se non ,sufficientemente ricche per fornire contributi materiali, paesi come la Cina l’India, il Brasile, l’Egitto, la Nigeria, la Jugoslavia e molti altri, potrebbero fornire un apporto intellettuale di alto valore in questo quadro di compiti diversificati. Il ruolo dell’Unesco sarebbe consultivo; garantire il requisito della qualità e il carattere apolitico dei programmi.
V. Istruzione.
Nel campo dell’istruzione, dopo un periodo di istruzione secondaria inferiore obbligatoria (che può finire più o meno all’età di 16 anni), la maggior parte delle società moderne fornisce due sistemi di istruzione paralleli. Per usare la terminologia adottata negli anni ’70 nel Regno Unito, questi due sistemi possono essere chiamati (1) il sistema dell’istruzione professionale (istruzione dei “colletti blu”), che comprende corsi tecnici, professionali, agrari e commerciali, e (2) il sistema dell’istruzione superiore (istruzione dei “colletti bianchi”), che comprende corsi che preparano all’università. nelle materie delle scienze, dell’ingegneria, della medicina e delle arti.
Il maggior difetto strutturale del sistema dell’istruzione nei Paesi del Terzo Mondo consiste nel fatto che, in genere, non è stato creato nessun sistema professionale, detto di “colletti blu”, credibile. E’ vero che negli ultimi anni, in alcuni Paesi del Terzo Mondo, è stato creato un sistema, di scarso interesse, di istituti politecnici e di scuole professionali; tuttavia scarso è stato il prestigio attribuito a tale sistema. (In linea generale, tali sistemi sono stati gestiti dai Ministeri del Lavoro e dell’Occupazione, piuttosto che dai Ministeri dell’Istruzione).
Per quantificare l’inadeguatezza di tali sistemi, si può citare il fatto che nei Paesi industrializzati il rapporto tra gli iscritti ai due diversi indirizzi di studio è dell’ordine di 50 a 50. Nel Terzo Mondo, invece, la proporzione tra le iscrizioni all’indirizzo professionale e a quello universitario (colletti blu contro colletti bianchi) è normalmente dell’ordine di 10 a 90. Questa scarsità di preparazione nel campo tecnologico è la causa principale della disoccupazione e dell’arretratezza tecnica nel Terzo Mondo.
Dal punto di vista quantitativo, uno dei principali impegni da assumere verso i Paesi del Terzo Mondo, nel campo dell’istruzione, e quello di portare l’attuale rapporto di 10 a 90, a quello di 50 a 50. Dal punto di vista qualitativo, nelle condizioni attuali, al sistema professionale dei «colletti blu», dovrebbe essere attribuita una condizione eguale a quella del noto sistema d’istruzione superiore e tale sistema dovrebbe includere corsi sulla fabbricazione dei materiali moderni (compreso il metallo), e altresì corsi di microelettronica e di informatica a livello superiore.
Si potrebbe persino andar oltre ed includere le materie sopramenzionate al livello secondario inferiore, per permettere ad ogni studente di familiarizzare con esse e di acquisire la capacità di intraprendere la fabbricazione dei materiali (e del metallo), e così pure lavori di riparazione elettrici, meccanici o di microelettronica.
VI. Commiato.
Sono sicuro che la pace, e in particolar modo la pace nucleare, verrà raggiunta presto. L’umanità ha realmente aperto gli occhi di fronte al pericolo nucleare e le grandi potenze si sono rese conto dell’inutilità di armarsi, al di là degli appelli per qualsiasi ragionevole misura di sicurezza.
La pace nucleare significherà che l’umanità sarà in grado di risparmiare almeno 100 miliardi di dollari all’anno – un decimo di un trilione di dollari, che rappresenta l’ammontare delle attuali spese militari mondiali. Io prego e spero che di questi 100 miliardi di dollari, almeno un decimo, circa dieci miliardi di dollari, venga devoluto, dai governi di tutto il mondo, a favore dei Paesi in via di sviluppo. Di questi dieci miliardi di dollari, almeno cinque miliardi dovrebbero essere spesi globalmente per la scienza e per l’istruzione scientifica dei Paesi in via di sviluppo. Queste spese scatenerebbero una rivoluzione. Io mi auguro che ciò non avvenga. Prego con fervore affinché l’umanità si impegni per la pace vera e affinché i fondi risparmiati non vengano utilizzati semplicemente per ridurre le tasse dei ricchi. A tal fine necessitiamo e meritiamo l’attivo appoggio della nostra confraternita scientifica nelle comunità scientifiche del Nord. Senza tale appoggio, infatti, poco potrà essere. fatto per la scienza applicata.
Talvolta mi chiedo se la diminuzione dell’aiuto multinazionale non sia stata determinata principalmente dall’aumento delle spese destinate alla difesa. In questo contesto, può essere significativo citare una frase di un grande utopista, il Presidente americano Eisenhower. Rivolgendosi alla American Socíety of Newspaper Editors (Associazione americana di redattori giornalistici) il 16 aprile 1953, il Presidente Eisenhower parlò contro il complesso industriale militare. Disse: “Ogni fucile fabbricato, ogni nave da guerra varata, ogni razzo lanciato, significa, in fin dei conti, un furto commesso nei confronti di chi ha fame e non è nutrito, e di chi ha freddo e non è coperto. Questo mondo armato non sta spendendo solo denaro. Sta sfruttando il sudore dei suoi lavoratori, il genio dei suoi .scienziati, le speranze dei suoi figli”.
Sfortunatamente, queste parole furono ignorate sia in Occidente. che in Oriente, e così pure dalle nazioni contendenti del Terzo Mondo.
Personalmente credo fermamente nella condizione morale dell’uomo e concluderò con le parole di un mistico e poeta che, nel, XVII secolo, espresse l’ideale internazionale della Famiglia dell’Uomo. “Nessun uomo è un’isola, di per sé completa; ogni uomo è una parte di continente, una parte di un tutto; se una zolla venisse trascinata via dalle onde del mare, l’Europa sarebbe ridotta, così come se lo fosse un promontorio e altrettanto una proprietà tua o dei tuoi amici. La morte di un uomo mi priva sempre di qualcosa,. poiché mi sento parte integrante dell’umanità; e perciò non mandare nessuno a chiedere per chi suona la campana, perché suona per te”. Queste sono parole di John Donne.
NOTA: testo, rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura il 4.11.1987.