La situazione dei cristiani in Libano

La guerra nel Golfo ha messo in secondo piano il dramma di altri popoli del Medio-Oriente e fra questi, senza dubbio, il Libano. Jocelyne Khoueiry, fondatrice del movimento “La Libanaise-Femme du 31 Mai” e portavoce dei movimenti laici apostolici del Libano è giunta a Rovato e a Brescia, invitata dalla Ccdc, per dare testimonianza di un paese crocifisso, appunto il Libano

D. Il Libano: 16 anni di guerra, com’era prima e com’è oggi?

R. Voi avete già sentito dire che il Libano era considerato la Svizzera dell’Oriente. Era un caso unico di Stato, in Oriente, che incarnasse un rispetto reciproco fra cristiani e musulmani.

In Libano c’era un clima di libertà che attirava un po’ tutti gli intellettuali sia del mondo arabo sia qualche volta, del mondo occidentale; il clima intellettuale era estremamente arricchente per chi vi partecipava.

Buona era anche la situazione economica, non v’erano gravi problemi, non era un paese che si potesse classificare ideale, ma fra quelli che potevano giudicarsi buoni.

Oggi il Libano è quasi completamente distrutto, occupato da quattro eserciti stranieri, minacciato da diversi progetti regionali; sta pagando la guerra degli altri sul suo territorio. Il clima quindi oggi é del tutto cambiato.

D. Lei afferma che per quanto riguarda il Libano la Comunità Internazionale è in ostaggio, perché?

R. Perché, in tutti questi anni di guerre, ci sono state una quindicina di risoluzioni dell’ONU che non sono state mai applicate: sia le risoluzioni che chiedevano ed esigevano il ritiro degli eserciti stranieri sia quelle

risoluzioni che prevedevano il dispiegamento di forze multinazionali sul suo territorio.

Se queste risoluzioni fossero state applicate, avrebbero risparmiato al Libano numerose piccole guerre all’interno, molti danni, molte vittime.

D. Il Libano è sia membro fondatore della Lega Araba che della Nazioni Unite: non poteva quindi trovarsi in una posizione di mediazione?

R. Sì, merita un’attenzione maggiore di quella che fino ad ora ha avuto. Bisogna rendersi conto che il Libano é benefico per il mondo: può costituire un ponte fra il mondo occidentale e il mondo arabo; trovandosi sul bacino del Mediterraneo culturalmente è legato all’Occidente attraverso valori storici comuni e al mondo arabo attraverso la lingua, certi costumi e tutta la realtà geopolitica.

D. Paradossalmente affermate che era meglio quando c’era la Guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica che non oggi, perché?

R. Non posso dare giudizi assoluti, ma penso che in una certa misura, per noi libanesi, sia stato così. E’ meglio un equilibrio fra le forze piuttosto che il raggrupparsi di tutte queste forze attorno al falso.

D. Affermate che per gli Stati Uniti non c’è un “problema Libano”, avete paura quindi di essere stati venduti alla Siria?

R. Noi siamo stati venduti alla Siria, ma speriamo ancora che questo errore possa venire corretto in una futura soluzione dei problemi del Medio-Oriente. Gli accordi di Taif che hanno legalizzato l’occupazione siriana a livello teorico, e l’operazione del 13 Ottobre 1990, che ha confermato l’occupazione militare del territorio libanese , non ci sarebbero stati senza il consenso americano alla Siria.

D. Voi speravate in Aoun?

R. Sì, perché Aoun era il capo del Governo e poteva incarnare la legalità libanese, porre fine alle milizie. Perché il nostro problema è incominciato con l’assenza forzata della legalità.

Aoun, essendo il comandante dell’esercito, poteva mobilitare l’esercito stesso affinché svolgesse il suo compito di difesa del territorio, senza che il popolo dovesse ricorrere alla formazione di milizie illegali.

L’esercito libanese era l’ultimo focolaio di coesistenza, di unione, dove non era passata la partizione, la divisione: cristiani e mussulmani vivono ancora insieme nel suo interno. Così il generale Aoun costituiva un elemento unificatore del Paese, perché tutto il popolo è desideroso, sia cristiani che musulmani, d’unità e legalità.

Aoun ha incarnato questo denominatore comune, che ha legato fra di loro i libanesi dopo l’indipendenza.

D. Nella guerra del Golfo, per la violazione del diritto internazionale, il Kuwait è stato liberato in poco tempo. Voi dite: nulla è stato fatto per il Libano, due pesi, due misure?

R. Sì, il problema è un problema di criteri e di coscienze a livello internazionale: che mondo vogliamo? Che ONU vogliamo? Vogliamo una comunità internazionale che sacrifichi i diritti dei più deboli per l’interesse dei più forti? Che sacrifichi la cultura, la tradizione le aspirazioni di un popolo per gli interessi materiali?

Io so che noi Libanesi non abbiamo le ricchezze naturali come il petrolio, il quale attira l’attenzione internazionale ma noi abbiamo un valore universale, un’esperienza umana che merita d’essere protetta, soprattutto nell’Oriente di oggi, dove si stanno alimentando e stanno crescendo dei sentimenti estremisti irreversibili.

Il Libano si rivela una testimonianza di pluralismo, di perdono e di tolleranza. Oltre a ciò noi abbiamo il nostro diritto più elementare all’indipendenza e all’unità.

D. Per combattere questi estremisti non vi sembra sbagliata la posizione di Aoun che, se non sbaglio, era filo-irakeno?

R. Aoun non era filo-irakeno, era semplicemente libanese, l’esperienza e la realtà l’hanno dimostrato. In un certo momento le strategie irakene, che erano contro la Siria e le aspirazioni del popolo libanese hanno avuto un attimo di convergenza; questo però non voleva dire che Aoun fosse filo-irakeno, Aoun è prima di tutto libanese e non è stato sostenuto che dal popolo libanese.

D. I vostri riferimenti sono: la Francia, alcune dichiarazioni di singoli esponenti italiani e soprattutto Giovanni Paolo II, perché?

R. Sono i soli che parlano del Libano nel senso di una conferenza globale di pace ed ora non penso che entri negli interessi degli Stati Uniti e di Israele parlare di una conferenza di pace. Da più di dieci anni Israele sta tentando di fare accordi di pace separati ma non può accettare accordi di pace separati prima che sia stato confermato definitivamente il suo status e questa è naturalmente anche la posizione degli Stati Uniti. Noi abbiamo notato una divergenza a questo livello e quindi noi speriamo che l’intervento sia dell’Europa che del Santo Padre dia i suoi frutti.

D. Lei afferma che l’Occidente deve riparare moltissimo dei suoi mali che ha fatto in Oriente: in che modo?

R. A causa dell’influenza occidentale, sono nati in Oriente dei movimenti nazionalisti influenzati da certe concezioni rivoluzionarie europee in una società araba profondamente religiosa, che non può vivere di valori laici in questo modo. Oggi questo ha generato quei regimi militari che anche voi vedete, dei regimi nazionalisti che sono di fatto islamizzati, come per esempio il regime totalitario siriano ed irakeno. L’intervento occidentale, dopo la I Guerra mondiale, che ha fatto del bene ai paesi arabi per quanto riguarda la ricostruzione materiale, ha anche approfittato dei beni di questo mondo, suscitando così reazioni anti-occidentali che sono arrivate fino all’estremismo religioso.

Ci sono dei movimenti fondamentalisti che sono prima di tutto anti-occidentali. Il mondo arabo si trova così sempre più diviso fra arabi che hanno fatto un compromesso con il mondo occidentale e arabi fondamentalisti che si definiscono i difensori dei valori musulmani. Il nostro paese ha pagato caro questi diversi progetti, perché in quanto comunità cristiana, legata culturalmente all’Occidente, la sola libera che si esprime in Oriente, la nazione libanese è considerata, a causa questa comunità cristiana, come un ostacolo da questi movimenti fondamentalisti. Le reazioni sono violente perché l’Oriente fin dall’inizio non è mai stato trattato con comprensione.


NOTA: intervista in occasione della conferenza tenuta il 12.3.1991 a Rovato per la Sezione di Franciacorta della CCDC. Testo non rivisto dall’Autore.