Corriere della Sera, 15 marzo 2023
A 10 anni dall’inizio del pontificato di Francesco quali le sfide affrontate e quali ancora da sostenere? A che punto della strada verso l’ecumenismo iniziata con il Concilio Vaticano II ci si trova? Quello di Jorge Mario Bergoglio è ad oggi un pontificato spesso dibattuto che si appresta ad affrontare nuove prove. Ne conosce limiti e punti di forza Marcelo Figueroa, presbitero della Chiesa presbiteriana in Argentina, amico personale del Santo Padre da oltre vent’anni, che dialogherà con il giornalista Claudio Baroni nell’incontro Papa Francesco visto da vicino. 10 anni al servizio del Vangelo giovedì 16 alle 20,45 nella Sala Bevilacqua di via Pace 10, un evento promosso da CCDC, ACLI, Ufficio per l’ecumenismo, Padri della Pace e LEV, che ne ha pubblicato da poco il libro Le diversità riconciliate. Un protestante nel giornale del Papa (pp. 276).
Lorenzo Fazzini, Direttore editoriale dell’editrice vaticana, sintetizza il nucleo centrale del messaggio del Papa.
«Francesco lo ha detto fin dal primo giorno in cui si è affacciato dalla sua finestra su piazza San Pietro, incontrando simbolicamente tutto il mondo: il cristiano è principalmente colui che testimonia la misericordia di Dio, cioè la predilezione di Dio per chi è fragile, povero, emarginato. Lui stesso ne ha fatto esperienza e può dirlo agli altri. Questo è una sorta di Vangelo liofilizzato, in estrema sintesi. Gesù non ha scelto chi era potente, perfetto e irreprensibile, ma è andato alla ricerca di chi era escluso dalla società oppure ostracizzato dalla religione. Ecco, Francesco continuamente ci ripropone questo.»
Cosa caratterizza l’ecumenismo di papa Francesco e il dialogo che propone alle altre religioni?
«Con le altre confessioni cristiane Francesco ha posto in agenda un’azione forte e precisa sulla carità e la testimonianza fattiva della vicinanza ai poveri. Ha chiesto più volte ai cristiani di varie confessioni di lavorare insieme per accogliere e integrare i migranti, o di impegnarsi fattivamente per la pace: lui stesso è andato in Sud Sudan, uno dei Paesi africani più poveri, dilaniato da una guerra civile combattuta da potenti che si definiscono cristiani, insieme a due leader di chiese cristiane sorelle come l’arcivescovo di Canterbury Welby e il moderatore della Chiesa scozzese Greenshields. Questa scelta è davvero qualcosa di nuovo e dimostra la sua volontà di percorrere la via dell’unità dei cristiani in maniera concreta. Con le altre religioni Francesco si è posto sulla scia di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, cercando in ogni maniera di far sì che le religioni non vengano strumentalizzate. La dichiarazione sulla Fratellanza umana firmata a Dubai il 4.02.19 con il Grand Imam Al-Tayeb dice che è possibile costruire ponti e relazioni durature per la pace e il dialogo tra le fedi.»
Quali sono le battaglie che hanno ricevuto più sostegno interno e quali invece hanno portato ad inasprire alcuni rapporti?
«La testimonianza del Vangelo suscita sempre divisioni, perché – come dice la Scrittura – la Parola di Dio è una spada a due tagli. Come Francesco continua a testimoniare la tenerezza di Dio crea scandalo, sia dentro che fuori dalla Chiesa. E questo è un bene, perché significa che il suo modo di porsi è veramente differente dall’idea che ci potremmo fare dell’essere cristiani: una religione borghese che non disturba né chi la pratica né tanto meno la società o quanti hanno potere. Invece, il fatto che le sue forti prese di posizione sul rispetto del creato, su un’economia a servizio della persona, e non improntata solo alla massimizzazione del profitto, l’annuncio e la pratica della fraternità… sono una traduzione quotidiana del Vangelo. E certamente a chi intende la fede cristiana come strumento di potere o modo per controllare le coscienze tale testimonianza crea sicuramente dei grattacapi. Ma tutto questo è benedetto!»