In Italia si avverte il bisogno di oltrepassare la stanca, vieta disputa fra i partiti per riguadagnare il terreno della riflessione critica sulla politica. I residui dell’armamentario ideologico devono cedere il posto sul terreno politico alla ricerca di un pensiero che giustifichi le conquiste più autentiche della civiltà e i valori in cui una comunità possa riconoscersi. Non si tratta, dunque, di inventare ex novo una filosofia pubblica nelle sue linee fondamentali, ma di ripensarla in modo che essa possa rispondere alle domande che emergono dall’attualità storica e vincere il pericolo sempre rinascente di spegnere le conquiste liberal-democratiche in qualcosa d’altro che ne costituisca non lo sviluppo, ma la negazione. E negazione dell’autentico liberalismo sono la riduzione della democrazia a mera tecnica per assicurarsi il consenso, la scissione fra politica e morale, il relativismo come forma mentis, il rifiuto di quel senso cristiano della vita in cui anche spiriti liberali come Benedetto Croce, Federico Chabod, Johan Huizinga riconobbero il fondamento stesso della nostra civiltà. Intorno a questi problemi ruota la recente opera di Vittorio Possenti, “Le società liberali al bivio – Lineamenti di filosofia della società” (Editrice Marietti). All’autore, che insegna all’Università di Venezia, abbiamo posto alcune domande. Le risposte del prof. Possenti possono costituire una introduzione alla lettura diretta del suo denso e chiaro saggio di filosofia politica.
Il suo libro è uscito in coincidenza con il crollo del comunismo. Quale valutazione dà di questo fenomeno epocale e quali, a suo avviso, possono essere i suoi riflessi sulle società liberali dell’Occidente?
“Ho cominciato a scrivere il mio libro alcuni anni fa, prima degli eventi del 1989, in un periodo in cui il marxismo appariva in difficoltà, ma nessuno ne prevedeva il crollo in tempi così brevi. Già da allora ero, però, convinto che il comunismo rappresentasse un cammino senza sbocco, appartenente al passato, e che occorresse perciò scrutare attentamente la situazione delle società occidentali, perché il loro comportamento e le loro convinzioni si sarebbero mostrate per il bene o per il male molto influenti in futuro. Esse sono state plasmate da varie tradizioni, tra cui in primo luogo quella illuministico-liberale e quella cristiana. Una delle idee-guida della mia riflessione si riconduceva alla maggior forza dell’idea illuministica su quella marxista. D’altra parte la catastrofe del comunismo è una conferma in più che l’errore non può mai nel lungo periodo costruire civiltà e una valida vita sociale. Ora nel marxismo l’ateismo e la concezione materialistica dell’uomo come mera particella del tutto sociale negano la verità su Dio e sull’uomo, colpendo i due cardini della filosofia sociale”.
In che cosa consiste il “bivio” di fronte al quale si trovano oggi le società liberali?
“Pur avendo raggiunto risultati migliori di altre in vari campi, specialmente nell’economia, le società liberali dell’Occidente sono ad un bivio, perché devono scegliere dove andare e, ancor più basilarmente, a quale concezione della vita ispirarsi. In esse risulta esteso l’impatto della secolarizzazione, che intende confinare il Cristianesimo ad evento privato della coscienza in attesa di una sua lenta estinzione, e di un individualismo aggressivo che eleva la libertà dell’individuo ad assoluto, separandola dalla verità. Il libro, oltre ad impegnarsi in una critica di questa prospettiva tuttora forte all’Ovest, propone come positiva via di uscita l’incontro fra la sapienza istituzionale delle liberaldemocrazie, da un lato, e la filosofia politica classica e cristiana, dall’altro. Poiché molti nostri problemi scaturiscono da false o insufficienti concezioni politico-morali, è imperativo trovare una cultura migliore per le nostre società, ossia una più vera filosofia pubblica, che sappia ripensare le realtà centrali dell’esperienza politica: il bene comune, il diritto naturale, la nozione di popolo, lo Stato, la società aperta, il rapporto tra religione e vita civile”.
Si assiste da qualche lustro ad una nuova stagione del pensiero politico liberale. Qual è il suo giudizio su questo grande ritorno?
“L’indubbia vitalità planetaria del pensiero neoliberale non è cosa recentissima, potendosene rintracciare le radici in eventi di vari decenni fa. In Italia un esplicito influsso della filosofia neoliberale nella morale, nella politica, nell’economia comincia ad avvertirsi intorno alla metà degli anni ’70 e da allora è aumentato. Questa tradizione possiede antiche origini, potendosi ricollegare ai pensatori liberali del XVII e XVIII secolo, ed è oggi rappresentata da molti grandi nomi, tra cui N. Bobbio, F.Hayek, K. Popper, J. Rawls, R. Rorty, R. Dahrendorf. Tra loro le differenze non sono irrilevanti, perché ad esempio alcuni vorrebbero mantenere fermo un criterio di giustizia sociale, mentre altri vorrebbero cancellarlo, lasciando fare all’ordine spontaneo creato dal mercato. Persiste in alcuni esponenti della liberl-democrazia un pensiero segnato da agnosticismo verso la Trascendenza, da scarsa capacità di fondazione delle norme morali e del diritto naturale, e da un’idea inadeguata di persona. Come già accennato, il grande problema irrisolto, almeno nel filone neoilluministico del liberalismo, è il nesso tra libertà e verità”.
Ritiene possibile e feconda una collaborazione tra il Cristianesimo e la versione etico-politica propria del liberalismo?
“Sì, e tale possibilità ha guidato larga parte della mia ricerca. Intanto nelle società liberali, se è vero che la cultura prevalente è quella illuministica, la presenza cristiana non è scomparsa, nonostante i problemi creati dal secolarismo e dall’indifferenza religiosa. Tra le condizioni di un incontro fra eredità cristiana e tradizioni liberali-democratiche indicherei al primo posto la riscoperta del senso del bene comune, il distacco delle culture laiche dal relativismo e dal soggettivismo morale, dalla tesi dell’etica senza verità, per cui in sostanza i più svariati giudizi morali avrebbero tutti lo stesso valore. Importante è pure salvaguardare la democrazia formale, essendo sempre necessarie chiare regole che dettino chi debba prendere le decisioni e come, ossia secondo quali procedure si articola in concreto la vita democratica di una società. In sostanza la riforma delle società liberali richiederà la riaffermazione dei valori morali e il controllo democratico su quelle forme di mercato che tendano a distruggere proprio il libero mercato. Il Cristianesimo e la fede cristiana non potranno mai essere resi vassalli da nessun sistema politico, ma la democrazia liberale ha bisogno dell’ispirazione evangelica, perché è dal suo impulso spirituale che essa trae origine.”
Giornale di Brescia, 8.5.1992.