Sei giorni dopo l’incidente nucleare alla centrale nucleare di Chernobyl, il 2 maggio 1986, Robert Peter Gale arrivò a Mosca per assistere i medici sovietici nell’effettuazione di trapianti di midollo osseo sulle vittime maggiormente irradiate. Egli riunì altri tre esperti in trapianti e impiegò attrezzature, rifornimenti e medicinali provenienti da ogni parte del mondo. Nelle tre settimane che seguirono l’incidente, medici americani e sovietici portarono a termine diciannove trapianti. Prima di lasciare Mosca, Gale firmò un accordo con Andrej Vorobiev, dell’Istituto Centrale Sovietico per gli studi medici avanzati, per procedere ad un controllo comune dei circa duecentomila sovietici che sono stati esposti a livelli di radiazione potenzialmente pericolosi.
Il 26 aprile 1986 all’una e 23′, un incendio scoppiò nel reattore della unità 4 della centrale nucleare di Chernobyl. Molti degli operai che si trovavano nella centrale o nelle vicinanze, così come quelli che cercarono di combattere il fuoco ed il personale sanitario, furono ustionati e subirono ustioni da radiazioni e danni al midollo osseo e agli organi interni. Da 100 a 200 mila persone sul cammino della nube radioattiva furono esposti a quantità minori, ma comunque notevoli, di radiazioni, che le espongono ad un maggior rischio di cancro e ad altri effetti sulla salute.
Un incidente ad una centrale nucleare non è solo di interesse nazionale, ma anche internazionale. Il disastro di Chernobyl ha avuto effetti su tutti noi in modi complessi. Le comunità mediche e scientifiche internazionali dovrebbero offrire le loro risorse per aiutare i sovietici a fornire cure mediche ottimali agli individui colpiti. Anche noi dobbiamo imparare tutto il possibile da Chernobyl, perché un incidente può accadere a qualsiasi reattore in qualsiasi nazione.
Il 2 maggio arrivai in Unione Sovietica per fornire mezzi delle organizzazioni internazionali mediche e scientifiche atti a fronteggiare le conseguenze biomediche dell’incidente di Chernobyl. Questo articolo descrive il nostro lavoro iniziale nel trattamento delle vittime più gravi dell’incidente; descrive anche i piani futuri, poiché il nostro lavoro in Unione Sovietica è appena cominciato. Molti degli individui che furono esposti a radiazioni, certamente più di 100 mila, avranno bisogno di essere controllati per il resto della loro vita. Infine, considero alcune delle implicazioni di Chernobyl per la medicina e la società. In un incidente ad una centrale nucleare, il numero di persone colpite non può essere precisato immediatamente e accuratamente. Parecchi fattori determinarono questo problema a Chernobyl. Uno fu la difficoltà a stabilire la dose precisa di radioattività ricevuta dalla popolazione. Un altro fu che individui potenzialmente colpiti erano stati trasferiti a diverse istituzioni mediche o luoghi fuori dall’area del reattore. Così, le cifre presentate qui sono stime basate su dati forniti da medici e scienziati sovietici e su dati da me raccolti durante il mio recente viaggio a Kiev e alla centrale nucleare di Chernobyl.
Inizialmente il personale medico sovietico esaminò fra i 1000 e i 2000 individui per determinare possibili esposizioni alle radiazioni. Fortunatamente, si ritenne che la maggior parte di questi non fosse a rischio immediato. Tuttavia circa 400 o 500 di loro furono ritenuti bisognosi di più dettagliati esami medici. Circa 300 vennero mandati a Mosca e circa 200 vennero ricoverati in ospedale a Kiev. I medici sovietici stabilirono che alcuni di questi pazienti non avevano ricevuto quantità pericolose di radiazioni e li dimisero. Altri rimasero in ospedale per continui controlli e circa 200 di essi erano ancora in ospedale due mesi più tardi.
Nella mia analisi di questi casi appare che 200 soggetti furono esposti a radiazioni superiori o uguali a 100 rad (un rad è l’unità di misura che indica la quantità di radiazioni assorbite dai tessuti). Questi sono gli individui per cui noi siamo molto preoccupati. Di questi, 100 possono aver ricevuto quantità superiori ai 300 rad, cioè assai notevoli. E almeno 50 individui quantità superiori ai 500 rad, quantità che può portare all’irreversibile distruzione del midollo osseo e, infine, alla morte.
Gli effetti della radiazione sono più pronunciati su cellule che si dividono rapidamente, come quelle del tratto gastrointestinale, della pelle e del midollo osseo, dove si formano i globuli. I globuli bianchi, prodotti dal midollo, costituiscono il sistema immunitario, il cui compito è di prevenire le infezioni. Una volta che queste cellule sono distrutte, l’individuo è soggetto a infezioni e la morte può seguire nell’arco di 2 – 3 settimane. Il midollo osseo produce anche piastrine che hanno il compito di fermare le emorragie.
La strategia iniziale dei medici sovietici e statunitensi fu di eseguire trapianti di midollo osseo su individui che avevano ricevuto radiazioni di più di 500 rad e che erano quindi di fronte ad un alto rischio di morte per mancanza di midollo osseo. (Come indicato in precedenza tuttavia la precisa dose ricevuta era difficile o impossibile da stabilire). Un numero considerevole di questi pazienti doveva probabilmente morire per altre complicazioni derivanti dalle radiazioni, come danni irreversibili alla pelle e al fegato. Molti avevano anche ustioni chimiche o termiche in aggiunta a quelle dovute alle radiazioni.
In queste circostanze, noi stimammo che sarebbe sopravvissuto al massimo il 25% dei pazienti sottoposti a trapianto.
Fortunatamente, una percentuale notevolmente più alta (5 dei 13 pazienti trapiantati) è ancora viva.
Sei altre vittime, che avevano ricevuto dosi troppo alte di radiazioni e a cui erano stati trapiantati fegati di feto, morirono per effetti derivanti dall’esposizione alle radiazioni. (Trapianti fetali furono effettuati su parecchi individui seriamente colpiti nei casi in cui non erano disponibili donatoti istocompatibili o “combinati” per il trapianto del midollo osseo. Senza una esatta combinazione genetica fra il donatore e il ricevente, i trapianti di midollo osseo sarebbero rigettati. Ma le cellule fetali del fegato, che precedono nel loro sviluppo quelle del midollo osseo, producono globuli bianchi che non sono abbastanza maturi da far scattare la malattia di rigetto).
Per individui colpiti meno gravemente (quelli che hanno ricevuto fra 100 e i 500 rad) la mancanza di midollo osseo è potenzialmente reversibile, ma essi andranno gradualmente verso una grave diminuzione dei loro globuli. Come conseguenza di ciò, alcuni di questi individui potranno morire di infezioni o emorragie prima della guarigione del midollo osseo. Altri potranno morire per ustioni o intossicazioni gastrointestinali o del fegato piuttosto che per danni al midollo osseo. Otto pazienti a Mosca e tre a Kiev sono morti per questi motivi. Attualmente ritengo che per l’incidente di Chernobyl siano morte 28 persone, inclusi i due operai del reattore uccisi subito, al momento dell’esplosione. Sebbene il numero possa aumentare leggermente, è improbabile che più di 30 – 35 persone muoiano per le immediate conseguenze dell’incidente di Chernobyl. In prospettiva, la stragrande maggioranza (90%) delle 200 persone che ricevettero 100 o più rad sopravviverà agli effetti acuti delle radiazioni.
Le conseguenze a lungo termine dell’esposizione a radiazioni ionizzanti sono più difficili da stimare. Nel valutare i potenziali effetti sulla salute di un disastro nucleare, è necessario considerare un modello complesso che segua le tracce dei radionuclidi dalla loro liberazione nel reattore agli esseri umani. Si devono considerare quattro vie principali. La prima è diretta: esposizione esterna alla nube radioattiva, o piuma, emessa dal reattore al momento dell’incidente. La seconda è l’inalazione di particelle radioattive provenienti da questa piuma nucleare o da polvere contaminata. La terza: in zone esposte al vento proveniente dal luogo dell’incidente, i radionuclidi spesso possono essere depositati al suolo dalla pioggia. (In seguito all’incidente di Chernobyl due persone subirono ustioni alla pelle andando in bicicletta o facendo del giardinaggio in un’area in cui il terreno era fortemente contaminato). E la quarta via è quella alimentare: poiché questi radionuclidi entrano nella catena alimentare, essi possono essere ingeriti con la carne, il latte, l’acqua ed altri cibi.
L’importanza relativa di questi possibili modi di esposizione dipende dalla natura specifica dell’incidente e dal tempo trascorso dal disastro. Appena dopo l’incidente, per individui che sono vicini alla zona del reattore, i rischi più gravi vengono dall’esposizione alle sorgenti di radiazione e dall’inalazione.
A distanze maggiori e dopo che è trascorso un periodo di tempo più lungo, sono le radiazioni dovute a contaminazione del suolo e all’ingestione di cibo ed acqua contaminati ad interessare maggiormente.
L’importanza relativa delle diverse strade dipende anche dalla quantità di radionuclidi liberati e dalle loro forme fisiche e chimiche. Così l’accertamento dei rischi globali per la salute dipende dalla comprensione di un numero di interelazioni complesse. Poiché mancano, per quanto riguarda Chernobyl, dati precisi su molti di questi punti, le stime delle conseguenze a lungo termine dell’incidente dovrebbero essere considerate come approssimative.
La dose ricevuta dai vari organi e le loro sensibilità individuali alla radiazione determinano gli effetti ritardati delle radiazioni stesse. Dove gli effetti acuti delle radiazioni vengono causati da centinaia o migliaia di rad, gli effetti ritardati compaiono a livelli decisamente più bassi. Il principale effetto ritardato delle radiazioni è il cancro, ma l’esposizione alle radiazioni può causare anche effetti teratogenici (malformazioni prenatali) e anormalità genetiche che essere trasmesse alle generazioni future attraverso il DNA. Molte delle attuali conoscenze di questi effetti ritardati sono estrapolate da modelli animali, poiché pochi sono i dati umani disponibili.
I cancri che compaiono in seguito all’esposizione alle radiazioni sono spesso quelli tipici nella popolazione: leucemia, tumore osseo e tumore della tiroide, del polmone e del fegato, ma con un’incidenza maggiore. A causa del lungo intervallo fra l’esposizione il radionuclide e l’inizio del tumore, stabilite una relazione diretta di causa-effetto in un caso particolare è difficile. Per questo il nostro approccio è consistito nel valutare il rischio di tumore indotto dalle radiazioni su una popolazione-base piuttosto che su un individuo-base.
La popolazione di Kiev, circa 60 miglia a sud del reattore, desta un interesse particolare. Quando mi incontrai con i rappresentanti del Ministero della Salute ucraino fui impressionato dai loro sforzi di fare una stima completa e di rispondere alla situazione di Kiev. Questi sforzi includono continui controlli della radioattività nell’acqua, nel latte e negli altri cibi. I livelli di radiazione rilevati nel latte e nell’acqua di Kiev sono di parecchie e parecchie migliaia di volte più bassi dei livelli ai quali noi, negli Stati Uniti, entreremmo in azione. Così ora la grande maggioranza della popolazione di Kiev sembra essere salva dall’esposizione a livelli pericolosi di radiazioni. Secondo stime preliminari la dose totale di radiazioni ricevute da individui a Kiev è tra gli 0,8 e i 2,2 rad per i bambini e fra gli 0,6 e gli 1,5 rad per gli adulti (questa dose tiene presente sia la quantità di radiazioni che le dimensioni dell’individuo).
Se questi dati risultano corretti, allora la dose media per i circa 2.700.000 abitanti di Kiev è da 0,1 a 0,2 rem nel primo anno (il rem è essenzialmente l’unità di misura della quantità di radiazioni a cui una persona è esposta nell’atmosfera, mentre il rad indica la quantità di radiazioni assorbite da una persona).
Per vedere questo in prospettiva, nel primo anno che seguirà l’incidente di Chernobyl, i residenti di Kiev riceveranno una quantità di radiazioni che è approssimativamente il 50% in più di quella che essi avrebbero ricevuto se non ci fosse stato l’incidente. In altre parole, essi accumuleranno un 50% in più di radiazioni-base. La gente dell’Inghilterra del sud riceverà un incremento aggiuntivo del 3-4% circa.
Cosa significa tutto questo? Noi presumiamo che non ci sia una quantità “sicura” di radiazioni. Così, qualsiasi piccola quantità causerà un aumento proporzionale delle possibilità di sviluppo del cancro. Naturalmente, qualsiasi cancro in più non capiterà immediatamente, ma piuttosto da 3 a 30 anni, o forse più, dall’incidente. A causa della natura preliminare dei dati, mi sono astenuto dal fare stime specifiche sull’incidenza dell’aumento dei tumori nella zona di Chernobyl, Kiev o dell’Ucraina. La comunità pubblica e scientifica deve accettare il fatto che i dati sono troppo limitati per fare delle previsioni attendibili. E’ ragionevolmente chiaro tuttavia, che le stime che prevedono da decine di migliaia a centinaia di migliaia di morti per cancro in più a causa di Chernobyl sono troppo alte.
Uno degli obiettivi maggiori dello studio in comune sovietico-americano iniziato da poco sulle conseguenze dell’incidente di Chernobyl è di seguire l’incidenza del cancro in Ucraina e nella regione circostante per un periodo indefinito, certamente per il rimanente arco vitale degli individui colpiti, alcuni dei quali sono bambini.
Particolare attenzione sarà posta sui circa 100.000-200.000 individui che si pensa siano ad alto rischio. Questa analisi dettagliata richiederà il talento e l’abilità di un grande numero di medici e di scienziati. Fortunatamente c’è l’accordo che lo studio può essere compiuto più efficacemente attraverso la collaborazione internazionale. Proprio prima di lasciare l’Unione Sovietica, ho firmato un atto di collaborazione scientifica con Andrej Vorobiev, Capo dell’Istituto Sovietico per gli studi medici avanzati e membro dell’Accademia Sovietica delle Scienze Mediche. Questo atto prevede una collaborazione a lungo termine fra scienziati sovietici, americani ed europei nella valutazione di questi individui.
Che lezione si può ricavare da Chernobyl? Alcune conclusioni sono già evidenti. In primo luogo l’impossibilità di separare benefici e rischi della energia nucleare. Ho il sospetto che quando fu scoperto il fuoco, l’uomo primitivo debba aver presupposto che, se questa fonte di energia fosse sfuggita al controllo, avrebbe distrutto il mondo. L’uomo conclude un accordo faustiano con l’energia, sia essa fuoco o energia nucleare. Non c’è energia senza un prezzo. Il prezzo può essere la contaminazione dell’atmosfera da parte degli idrocarburi o può essere un potenziale rischio di incidente nucleare. Chiaramente il progresso scientifico non sarà trattenuto. La maggior parte degli scienziati crede che l’energia nucleare, se ben sfruttata, sarà utile. Il lavoro intorno all’uso pacifico dell’atomo continuerà, anche se forse, ad un ritmo più lento dopo Chernobyl.
Gli eventi di Chernobyl sottolineano la necessità di comprendere pienamente i rischi potenziali dell’uso dell’energia nucleare. Dobbiamo fare ogni sforzo per prevenire incidenti e dobbiamo assicurare, ai nostri concittadini che siamo preparati a rispondere se dovessero succedere incidenti. Alcuni sofisticati piani di risposta ad incidenti sono già stati fatti. Parecchi anni prima del disastro di Chernobyl, per esempio, l’associazione internazionale per il trapianto di midollo osseo aveva formulato un piano di risposta ad un incidente nucleare.
Noi abbiamo creato consorzi di donatori per i trapianti di midollo osseo ed una banca di cellule fetali congelate. Abbiamo anche fatto piani di trasporto di equipaggiamento e medicinali. Senza questo piano non saremmo stati in grado di rispondere così celermente al disastro sovietico. Tuttavia la risposta medica esatta ad un incidente nucleare deve essere predisposta a seconda della natura del reattore e della comunità circostante. Nessuno di noi capì pienamente la complessità della cosa finché non arrivò a Chernobyl. Dobbiamo usare ciò che abbiamo imparato in questa occasione per migliorare la nostra preparazione. Anche i sovietici sono d’accordo. Il segretario Gorbaciov ha pubblicamente suggerito di sviluppare una rete internazionale per prevenire e rispondere agli incidenti dei reattori nucleari.
Ma ci sono lezioni ancora più importanti da Chernobyl. Là gli eventi hanno rivelato che qualsiasi incidente nucleare è di portata internazionale; hanno anche sottolineato la volontà della comunità internazionale di aiutare a risolvere le conseguenze di un disastro. Scienziati di più di venti nazioni hanno contribuito con i loro sforzi, superando le differenze politiche nel tentativo di salvare vite umane, migliorare le conoscenze scientifiche e prevenire incidenti futuri.
Forse la cosa più importante è la seguente: l’incidente di Chernobyl evidenzia la limitata capacità mondiale di rispondere ad incidenti nucleari e, per estensione, alla devastazione, di gran lunga più grande, di una guerra nucleare. Le risorse di più di venti nazioni sono state necessarie per affrontare le conseguenze mediche di quella che può essere considerata una modesta uscita di radionuclidi. Ciò dovrebbe mettere a tacere qualsiasi idea che ci possa essere un’adeguata risposta medica ad una guerra termonucleare. Se l’evento di Chernobyl ci può portare in qualche modo più vicini alla pace, quella può essere la sua lezione più importante.
NOTA: testo, non rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura il 24.11.1986.