Michel Quoist e i giovani

Qualche anno fa pregai Michel Quoist di venire a Brescia a presentare il suo libro A cuore aperto. La sala Bevilacqua che doveva ospitare l’incontro si rivelò del tutto insufficiente e i giovani accorsi a sentire il loro autore riempirono la chiesa della Pace fino all’inverosimile, pur sapendo che avrebbero affrontato la fatica della traduzione dal francese.
Perché i giovani leggono Michel Quoist? L’intesa tra Quoist e i suoi lettori numerosi e fedeli, che si rinnovano di continuo a partire dal 1954, è un caso che merita di essere analizzato. Quoist scrive di ciò che vive, sa andare al cuore di un problema, incoraggia chi è in ricerca e commuove con la sua semplicità. Ha un linguaggio che sa servirsi di immagini e metafore, ma senza le complicazioni e le tortuose raffinatezze di chi fa letteratura. Affatto. Quoist dialoga sulla vita e gli interlocutori privilegiati sono sempre loro, i giovani, perché con i giovani l’avvenire è già in mezzo a noi. E il seguito che Quoist ha avuto in patria, un po’ per volta lo ha avuto nel mondo intero.
Si capisce allora perché di questo grande amico dei giovani si sia voluto raccogliere il «meglio», ciò che conserva una fresca attualità, quasi un florilegio. L’idea l’ha avuta e l’ha realizzata una giornalista di grande finezza e di limpida vita interiore, Monica Mondo. Così è nato il volume Passo dopo passo. Dialogando sulla vita, pubblicato dalla Sei di Torino.
Il percorso tracciato da Monica Mondo attraverso le opere dello scrittore francese è, a ben vedere, quello di molti di noi, di quanti muovono alla ricerca di un senso in un mondo che, se privo di Dio, rischia di smarrirsi nel vuoto abisso dell’insignificanza. E l’insignificanza consegna l’uomo all’indifferenza etica e alla disperazione. Quoist ci invita, invece, alla lotta. Prima di tutto la lotta per il significato, e dunque la lotta contro l’isolamento individualistico e la spersonalizzazione del mondo della pubblicità, del consumismo, della chiacchiera alienante. Ma anche lotta per non subire supinamente il dolore. Il peggio, infatti, non è tanto soffrire, ma soffrire per niente, disperdendo così un tesoro inestimabile. Anche il male morale, cioè il peccato, non può bloccarci in un inutile rimpianto. «Un amore di cattiva qualità», ecco cos’è il peccato. Dunque bisogna reagire con « un amore di buona qualità».
Concludo con le parole e l’augurio di Italo Alighiero Chiusano, che ha scritto la prefazione al volume: «Posso augurare una cosa a coloro che leggeranno queste pagine: di non esserne solo fruitori passivi, ma ricreatori, collaboratori, ciascuno con le sue proprie caratteristiche. Direi quasi: meglio rifiutare questo libro con irosa passionalità che accettarlo con immobilismo inerte».

Giornale di Brescia, 5.5.1990