Oreste Ghidelli

Tematiche: Biografie

Brescia, via Corsica 88

QUI ABITAVA

ORESTE GHIDELLI

NATO 1913

ARRESTATO COME POLITICO

DEPORTATO

FLOSSENBÜRG

ZWICKAU

ASSASSINATO 1.4.1945

Oreste Ghidelli, nato a Brescia il 27 maggio 1913, morto nei pressi di Zwickau l’1-4-1945. Fu un deportato politico bresciano che aderì al CLN.

Brescia, anni ’43-’44. L’impegno antifascista nella città si intensifica. La resistenza bresciana deve tuttavia far fronte a una grave difficoltà di carattere geopolitico. Brescia e provincia si trovano al centro della Repubblica Sociale Italiana. In città e in particolare sul lago di Garda hanno sede i ministeri repubblicani e i comandi nazisti e fascisti delle diverse formazioni militari, che praticano assidui controlli sul territorio e impediscono al movimento partigiano di emergere. Nonostante ciò,fra il ‘43e il ‘44 i partigiani sono 5074, divisi in cinque gruppi: le Fiamme Verdi, le Brigate Garibaldi, le Formazioni “Giustizia e Libertà”, la Brigata “Matteotti” ed elementi isolati.

Dopo l’8 settembre si trovano dispersi numerosi prigionieri di guerra alleati, scappati dai campi di concentramento. Perciò l’Organizzazione Militare clandestina presente a Milano decide di mobilitarsi per metterli in salvo. L’incarico viene affidato all’ingegnere Giuseppe Bacciagaluppi, che lo svolgerà all’interno delle attività politiche e militari del CLN, da poco costituitosi. Anche sul territorio tra la Val Trompia e la Val Camonica si nascondono centinaia di prigionieri, soprattutto britannici. I membri del CLN locale iniziano l’organizzazione dell’assistenza per il loro salvataggio in collaborazione con due ufficiali britannici, che si offrono di tenere il collegamento.

Qui si inserisce la storia di Oreste Ghidelli. Collabora alle operazioni di assistenza e accompagnamento da Brescia a Milano fino alla frontiera svizzera insieme ai compagni Titti Pasolini, Mario Giuberti e agli ufficiali britannici. Una trentina di prigionieri riesce a essere trasferita in Svizzera grazie al loro lavoro.

Che tipo di attività aveva condotto fino a quel momento Oreste? Perché non fu arruolato allo scoppio della guerra? Non si hanno infatti sue notizie dopo il 1936, anno del suo congedo dalla Marina militare di Venezia, dove aveva trascorso 28 mesi di ferma, come risulta dal Documento del Distretto militare di Brescia datato 27 ottobre 1953. Secondo questo documento, inoltre, il soldato Ghidelli Oreste risultava ancora in vita e di professione artista.

Nemmeno la famiglia è ancora riuscita a ricostruire questo lungo arco di tempo.

Nel novembre del ‘43 un rastrellamento disperde l’organizzazione clandestina che si trova a Brescia. Oreste si trasferisce a Milano[1].

Qui viene arrestato come prigioniero politico e rinchiuso nel carcere di San Vittore. Il 17 gennaio 1945, durante il trasferimento al campo di concentramento e di transito Bolzano-Gries, scrive una lettera ai famigliari[2], nella quale chiede al fratello Adalberto di interessarsi della fidanzata Angela rinchiusa a sua volta nel carcere di San Vittore. In quella missiva comunica anche il suo probabile trasferimento nel campo di Bolzano, che avviene il 18 gennaio. Cinque giorni dopo però giunge nel Lager di Flossenbürg, in Baviera, dove viene immatricolato col numero 43652 I e classificato con il triangolo rosso, simbolo dei deportati politici.

Il 21 febbraio 1945 viene trasferito al sottocampo di Zwickau, dove i prigionieri sono destinati al lavoro forzato nella fabbrica di autoveicoli di proprietà dell’Auto Union. Data la sua fisicità robusta, nonostante l’età, viene sfruttato come meccanico. A fine marzo le truppe alleate avanzano e il lager viene evacuato. A un passo dalla libertà, l’1 aprile 1945, durante la “marcia della morte” verso il confine cecoslovacco viene ucciso dagli uomini della scorta con una raffica di mitra. Ritardava la marcia per prestare aiuto a un compagno debilitato. Pochi minuti dopo gli stessi assassini della scorta si danno alla fuga.

Nessuno seppe più niente della sorte del prigioniero.

La famiglia cercò senza tregua di recuperare notizie del proprio congiunto, senza mai scoprire nulla. Fino a quando, verso la fine del 1945, fu informata dal vescovado di Brescia che un compagno di prigionia di Oreste si era rivolto alla sede episcopale bresciana sostenendo di avere informazioni da trasmettere ai familiari. Tuttavia né questa né altre piste permisero di avere una conferma certa della morte.

Unico testimone era Armando Corsi, compagno di prigionia di Oreste. Fu necessario aspettare il 18 ottobre 1976 perché la Croce Rossa Italiana certificasse la morte del prigioniero.

Ricevuto il documento ufficiale, la sorella maggiore Bruna rifiutò di credere alla notizia, mentre gli altri cinque fratelli di Oreste, soprattutto Adalberto, si attivarono per trovare più notizie. Nonostante le numerose ricerche, non riuscirono mai a scoprire cosa fosse veramente accaduto a Oreste nei suoi ultimi anni di vita.

Tre generazioni dopo, è stata la pronipote Francesca Fontana a riprendere e approfondire le ricerche. Ed è lei a ricevere la medaglia d’onore consegnata dal Comune di Brescia ai familiari di quindici deportati il 27 gennaio 2018. Desiderando rendere omaggio al prozio, Francesca Fontana aderisce all’iniziativa “Pietre d’Inciampo”.

Allievi della 3C del Liceo delle Scienze Umane Veronica Gambara di Brescia, coordinati dalla professoressa Monica Rovetta


[1] Rapporto finale sull’attività svolta dal CLN Alta Italia in favore di ex prigionieri di guerra alleati.

[2] Questo il testo della lettera integrale, datato 17/01/1945: “Caro papà approfitto di una breve sosta qui a Bardolino per inviarti due righe. Ti saluto perché sto per partire per Bolzano, campo di concentramento. Purtroppo a Milano non mi hanno voluto rilasciare. Se Adalberto crede poter fare qualche cosa può far ricerche a Gries o Bolzano dove sono i campi di concentramento. Colà credo di fermarmi 15 giorni poi vedrò se mi manderanno in Germania. Pregate Adalberto di interessarsi per Angela, in carcere detenuta a Milano. Carissimi non addoloratevi se rimarrò lontano da voi e solamente per breve tempo ritorneremo ad abbracciarvi, finalmente libero. Abbracciatemi la Bruna ed i bambini, Alfredo, papà, Itala, Giancarlo e l’ultimo, Claudio, Valter e tutti. Vi abbraccio tutti. Oreste”. La madre Teresa Viglioli, morì di parto quando Oreste era adolescente. [n.d.r.]