PAGINE INEDITE DI GIOVANNI MODUGNO[1]
Nel primo anniversario dalla morte di Giovanni Modugno, Pedagogia e Vita con reverente affetto ricorda l’esempio altissimo di quel nobile Maestro, pubblicando tre brevi inediti che lumeggiano, in modo assai significativo, aspetti distinti ma convergenti della sua ricca personalità e del suo appassionato apostolato educativo. Il bacio del contadino è un foglio di diario, commovente per la semplicità dello stile e per la schietta umanità dell’episodio narrato. È il Modugno socialista che scrive, il Modugno non ancora convertito: ma quanto è già naturalmente cristiana l’anima di questo Educatore di contadini e braccianti del popoloso centro pugliese in cui vive! L’amore della povera gente è vissuto già in coerenza alla sua vocazione educativa: lotta coraggiosamente contro ogni ingiustizia, mai disgiunta però da una effettiva promozione umana e morale delle classi lavoratrici. I brani riportati dalle Lettere a Gaetano Salvemini ci danno subito la misura della serietà e della competenza di un Modugno acuto interprete della recente storia dell’Italia, polemista signorile e magnanimo, pedagogista politico che ha sempre avvertito la strettissima connessione esistente tra i problemi sociali e politici. Per ultimo riportiamo alcune sue aspirazioni profondamente cristiane, affidate ad un foglietto, in un libro di meditazione che gli era particolarmente caro. «Non fingere mai d’ignorare tutto ciò che la carità di Cristo esige. Ti chiedo, Signore, la grazia di operare sempre per amore, con prontezza e trasporto». Un proposito ed una preghiera che esprimono come meglio non si potrebbe, il segreto di una vita.
IL BACIO DEL CONTADINO
…Ieri sera, nella Lega dei contadini, avvertii in un dato momento tutto il mio disagio, sia perché vedevo che non riuscivano a fare lo sforzo di pensare serenamente, sia perché sentivo tutta la differenza che c’è tra la mia anima e la loro, ancora primitiva e alquanto sorda al sentimento della giustizia e della bontà. E pensavo che ambiente per me più adatto era la scuola, la mia scuola. Ma mentre uscivo, un contadino mi si avvicinò, mi baciò e voleva – ma, naturalmente non glielo permisi – baciarmi la mano, dicendo: Non ci abbandonate! – No – volevo rispondergli –, io sento il bisogno di non abbandonarvi, perché i miei alunni non mi bastano. Ma io, così come son fatto, posso essere non il vostro condottiero ma il vostro educatore.
DALLE LETTERE A SALVEMINI
Bari, 12 gennaio 1947
Carissimo Professore, ho letto con profonda commozione la Sua cara lettera, di cui La ringrazio con tutto il cuore. È parso anche a me di essere ritornato a più di trent’anni or sono. E con tanta gioia, ma senza sorpresa ho letto queste parole: «Accetto incondizionatamente gl’insegnamenti morali di Gesù Cristo, e cerco di praticarli per quanto la debolezza della natura umana me lo consente». Dopo tanti anni di forzato silenzio, Lei mi ha detto esplicitamente ciò che aveva intuito fin da quando feci la Sua personale conoscenza! Siamo dunque sempre d’accordo nell’accettare incondizionatamente gl’insegnamenti morali di Gesù Cristo; ma mentre Lei si ferma alla morale, io seguo anche la religione cristiana e precisamente il Cristianesimo cattolico. Ciò che per Lei è ingombrante sovrastruttura, per me è, tra l’altro, un mezzo prezioso per vivere coerentemente gl’insegnamenti del Vangelo… Lei mi domanda: «Il fatto che tu condividi l’opinione religiosa di quei cattolici che da un punto di vista politico-sociale possono essere reazionari, t’indurrebbe forse a cooperare con essi anche sul territorio politico se questo ti apparisse necessario per far prevalere coll’aiuto del braccio secolare le dottrine religiose…comuni a te e a loro?». La risposta a questa domanda è implicita nella mia precedente lettera. Ma poiché si riesce più chiari quando si danno risposte esplicite, Le dico senz’altro che non mi è possibile cooperare sul terreno politico con quei cattolici che dovessero essere reazionari e filofascisti; e ciò, sia perché le mie idee politiche sono agli antipodi con le loro, sia perché la reazione e il fascismo sono in contrasto con i miei ideali di libertà, di giustizia, e di pace, i quali, secondo me, hanno la loro scaturigine nella concezione cristiana della vita. Io sento il diritto e il dovere di diffondere la mia morale e la mia religione, ma, essendo fermamente convinto che il Cristianesimo non si subisce, ma si accoglie nel più profondo dell’anima, so che non ho il diritto d’imporlo con la forza e con la violenza; e so inoltre, per lunga esperienza, che per creare serie, sincere e salde convinzioni occorre il metodo evangelico; cioè, il metodo della comprensione, della pazienza, della carità. Ritengo inoltre che, per giudicare il prossimo, bisogna cominciare, per quanto è possibile, coll’intrepretare benevolmente i suoi atti, e che, come insegnava Gesù, si deve odiare e combattere il male e l’errore, ma amare – per illuminarlo e salvarlo – il colpevole e l’errante. Io voglio la libertà per tutti e mi sforzo di seguire coerentemente la massima evangelica: Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Seguire quella massima è per me un dovere religioso oltre che morale.
A ragione il Maritan osserva: «Il popolo cristiano s’è trovato esposto ad ogni sorta d’illusioni; messo di fronte a forme opposte d’una rivoluzione anticristiana che vuole impadronirsi dell’impero del mondo, forme egualmente funeste e devastatrici, ha creduto di dover scegliere o l’una o l’altra, invece di opporsi contemporaneamente a tutte e due. Un processo oscuro di benevola accettazione delle forme totalitarie, rappresentata da una propaganda bugiarda come la protettrice dell’ordine, si è impadronito in molti paesi delle masse fedeli. La lezione degli avvenimenti, delle persecuzioni, dei patti cinici, dei delitti contro l’umanità, non li illumina che a poco a poco, e li lascia in uno stato di confusione mentale e di paralisi…». Dato questo stato di confusione mentale, occorrono – io dicevo e ripeto – molta comprensione e finissimo tatto per «defascistizzare» le anime e fare del cristianesimo cattolico una potente forza di rinnovamento non solo etico, ma anche politico. Mettendomi quindi dal punto di vista di un osservatore politico, che, senza entrare nel merito della questione, tien conto della realtà effettuale, osservavo nella mia precedente lettera che la campagna laicista per l’abolizione del Concordato farebbe il gioco non solo dei cattolici osservatori, ma anche dei fantastici nostalgici e di tutti i reazionari variamente camuffati. In questo momento così grave della vita italiana, bisognerebbe fare il possibile per evitare una lotta religiosa, che sarebbe per tutti quanto mai esiziale. Su questo punto Lei e io siamo d’accordo. Occorre dunque che tutti gli uomini di buona volontà cooperino con tutti i mezzi che sono necessari per raggiungere lo scopo. Ritengo che una pregiudiziale per evitare il grave pericolo di una lotta religiosa sia uno sforzo di reciproca comprensione. E facendo tale affermazione, credo di non essere un padre Zappata. Chi mi conosce sa con quanta insistenza io raccomandi ai cattolici di mettersi nei panni degli avversari per comprenderli e per scoprire quante volte nelle loro idee e nei loro atteggiamenti si cela un’esigenza profondamente cristiana; e sa pure quante volte, parlando ai cattolici, io batta sino alla noia su questo chiodo: non basta accettare e insegnare i principi morali e religiosi del Cristianesimo cattolico: occorre anche, e soprattutto, attuarli e insegnare ad attuarli coerentemente in tutte le manifestazioni della vita. Ma non solo nel campo cattolico è necessaria questa operazione di chiarificazione, che può avviare le anime alla giusta e serena comprensione delle idee e dei sentimenti altrui!…
Santo Spirito, 20 ottobre 1947. …L’esperienza delle due guerre orrende e tanti anni di avvelenamento fascista hanno lasciato, purtroppo, tracce profonde – dove più dove meno – in tutte le classi sociali e nei vari partiti. La diffusa volontà di violenza, la tendenza alla sopraffazione, la fanatica fiducia nei pseudo geni infallibili (Mussolini o Stalin), i quali hanno con diverso linguaggio abituato la gente a «credere, obbedire, e combattere», e hanno insegnato il dogma della necessità della dittatura, dell’impossibilità del regime democratico e del metodo della libertà; non possono non preoccupare coloro, che, come Lei e noi, sono stati, sono e saranno sempre contro la barbarie di ogni nome e di ogni colore. Pongo a Lei e a me un problema: come si spiega il fatto che uomini colti e in buona fede abbiano aderito al comunismo? Per brevità, un caso tipico: Guido Miglioli, cattolico, già deputato, rappresentante dell’ala sinistra del partito popolare, severo critico dell’attuale democrazia cristiana, è in certo modo ora aderente al comunismo! Avendo avuto con lui un colloquio a Bari, ritengo che egli s’illuda di contribuire così a cristianizzare il comunismo. Il suo, a me pare, è un errore in buona fede. Forse gli altri aderenti, non cattolici, anzi anticattolici, aderiscono nell’illusione di democratizzare un partito intimamente antidemocratico. Non posso fermarmi su quest’argomento interessantissimo. Dico solo che in una polemica tra Miglioli e Don Mazzolari (una bella figura di sacerdote coraggioso e chiaroveggente) ho visto che Don Mazzolari, avendo ricevuta la mia stessa impressione, fa un paragone, che mi sembra calzante: un paragone, che spiega perché altri cattolici, in buona fede, abbiano aderito al fascismo o ne abbiano parlato con simpatia. «Padre Semeria – scrive Don Mazzolari –, col suo gran cuore, mi gridava un giorno, che bisognava cristianizzare il fascismo. Molti prelati, molti preti, molti cattolici ci si son provati, e non mancò poco che venissero tutti fascistizzati!». Don Mazzolari riconosce la buona fede di quei cattolici, ma ne mette in luce l’errore: «Furono quei che resistettero dal di fuori al generoso proposito, pagando la resistenza giorno per giorno, che salvarono la cristianità». E anche su questo punto io son d’accordo con Don Mazzolari. E perciò ho tanto sofferto nel vedere che alcuni miei amici cattolici, rispettabilissimi sotto tanti riguardi, sono caduti (in buona fede però) nello stesso errore. Tali esperienze possono servire – mi sembra – per l’interpretazione di fatti storico, che ci han fatto tanto soffrire. Ripeto che io sono con quelli «che resistettero dal di fuori al generoso proposito»; ma ritengo che per l’interpretazione degli avvenimenti sia utile tener conto anche delle dette osservazioni.
PROPOSITI ED ELEVAZIONI
Continua fedeltà alla maestà divina…
Senza tralasciare di combattere le grandi tentazioni, pure c’è forse maggiore vantaggio a vincere le piccole, tutto rapportando al Padre con cuore innamorato della perfezione a cui Egli ci chiama.
In qualunque stato d’animo tendere sempre all’amore di Dio: unica consolazione!
Bisogna di frequente levarsi in alto a forza di risolutezza.
Non fingere mai d’ignorare tutto ciò che la carità di Cristo esige. Ti chiedo, Signore, la grazia di operare sempre per amore con prontezza e trasporto.
Giovanni Modugno
[1] «Pedagogia e Vita», serie XIX, n.3, febbraio-marzo 1958, p.258-261..