L’incontro di presentazione del libro “La Cecenia dei bambini. I giovani raccontano la tragedia del Caucaso” si è tenuto nella libreria dell’Università Cattolica di Brescia l’8 ottobre 2007. Hanno partecipato la curatrice del volume Francesca Gori, Presidente di Memorial Italia, e l’esule cecena Taissa Izmailova.
L’iniziativa è stata proposta dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura e da Memorial Italia.
“LA CECENIA DEI BAMBINI”: L’INCESSANTE PEREGRINAZIONE ALLA RICERCA DELLA PACE.
Su iniziativa della Ccdc nei giorni scorsi è stato presentato il libro “La Cecenia dei bambini. I giovani raccontano la tragedia del Caucaso” edito da Einaudi, curato da Francesca Gori, presidente di Memorial Italia. “L’intera storia di un popolo è composta dalle biografie delle singole persone. Come essa sarà – felice, tragica, grigia – dipende da ogni uomo”. La Cecenia dei bambini è un volumetto che raccoglie ventun testimonianze di giovani studenti ceceni. Queste sono stata raccolte dal concorso “L’uomo e la storia. La Russia nel XX secolo”, indetto annualmente dal 1999 nelle ultime classi della scuola dell’obbligo. Promotrice dell’iniziativa è Memorial, la più importante associazione russa – fondata negli anni ottanta da alcuni intellettuali dissidenti – che si preoccupa della difesa dei diritti umani e di custodire materiali sul sistema totalitario sovietico. Nel corso del solo anno 2003 – 2004 sono arrivati dalla Cecenia ben 155 lavori, numero sorprendente se si valuta che i ragazzi ceceni non possono disporre di musei, biblioteche o archivi. Essi suppliscono facilmente a quest’assenza raccontando semplicemente ciò che hanno vissuto: sanno che quella è la storia e si sentono parte della memoria collettiva. In mancanza di altro, ci si affida alla memoria orale. Questa per i giovani è un vero toccasana; conoscere le peripezie dei proprio antenati – a volte si arretra anche di tre generazioni – li aiuta a sentirsi meno soli e più responsabili: “se i nonni e le nonne sono sopravvissuti, anche noi sopravvivremo ora”. Numerose testimonianze cominciano dal 1944, anno di deportazione di 493.269 ceceni e ingusci in Asia centrale su ordine di Stalin, e seguono il fil rouge degli avvenimenti storici basilari. Nel 1957 avviene il ritorno in una patria distrutta, nel 1994 lo scoppio della prima guerra cecena, e infine la seconda nell’ottobre del ’99. “Cosa ci resta oggi?” si chiede Irman Sugaipov. “Un passato saturo di ricordi, un futuro incerto?! Una grande speranza e la fede in Allah… Viviamo solo di questo”. La speranza e la fede emergono essere valori comuni di un popolo che lotta con le unghie e coi denti per mantenere la propria identità. I ventun testi sono piuttosto simili tra loro; la guerra è assurda e inspiegabile, si viveva in pace e all’improvviso ci hanno attaccati, le nostre città erano rilucenti e vive, ora sono solo un cumulo di macerie. L’incertezza del presente e lo sradicamento subito portano i giovani a difendere la loro patria offesa e ferita con orgoglio a volte ostentato e declamato, in parte fomentato dalle vicende storiche, ma anche da un fondamento morale. La consapevolezza di essere un popolo giusto e innocente, non violento. In nessuna delle trattazione vi è il richiamo alla vendetta o alla violenza, ma solo alla fede in Dio e alla speranza incessante che le peregrinazioni e i dolori siano terminati una volta per tutte. Solamente un anno fa (il 7 ottobre del 2006), la giornalista russa Anna Politkovskaja, che si occupava della guerra in Cecenia e del rispetto dei diritti umani in quella regione, venne uccisa nel centro di Mosca. É questo un altro avvenimento che evidenzia quanto la situazione sia grave ancora oggi e quanto una reale pacificazione sia di là da venire.
Marta Perrini